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martedì 31 dicembre 2019

Ringraziamento


Nell'ultima ora di quest'anno che finisce, cantiamo nuovamente il Te Deum di ringraziamento al Verbo che si è fatto carne, al Padre che lo ha inviato, allo Spirito Santo che ci ricorda ogni sua parola per aiutarci a leggere i segni dei tempi, nella nostra vita e nei percorsi del mondo.
È il dono inestimabile dell'essere cristiani questa possibilità di fare un bilancio dell'anno trascorso guardando avanti e non soltanto indietro, di vivere nella speranza anche se il nostro temporaneo bilancio è in rosso, di scorgere luce anche se siamo nel dolore, di godere la felicità con lo sguardo colmo di gratitudine per Chi è la fonte della felicità.
Nel Te Deum ringraziamo per i doni ricevuti, ma ancor più per quello decisivo che ci attende: «Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli». E chiediamo sostegno per andare avanti fino al giorno che non sappiamo, ma non dobbiamo stancarci di attendere: «Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli».
Qualunque sia il totale provvisorio del bilancio di un anno, possiamo esclamare: «Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno».


lunedì 30 dicembre 2019

Vergine e Madre


Maria Santissima Madre di Dio
Numeri 6,22-27 • Salmo 66 • Galati 4,4-7 • Luca 2,16-21
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Tutti i testi dell'odierna solennità ripetono, senza posa, che Maria Santissima non è soltanto madre. È vergine e madre. Queste due parole a noi paiono inaccostabili. Una donna o è vergine o è madre. Un termine esclude l'altro. Invece, proprio nella compresenza di entrambi comprendiamo come Dio Padre visiti l'uomo e agisca in esso. Il Natale del Verbo è il paradigma di come la Trinità entri in comunione con ogni persona. Maria, allora, non è semplice oggetto della nostra devozione. Racchiude tutto ciò che la persona umana può essere davanti al Padre, nello Spirito.
La verginità è spazio vuoto. È possibilità di vita, ma in quanto attesa e accoglienza. Se non viene visitata e fecondata rimane sterilità e buio. La verginità è apertura all'altro. L'uomo davanti a Dio è questo: ascolto, attesa, silenzio, attesa di quel seme divino che possa generare in lui Cristo. La verginità di Maria è allora la rinuncia a essere protagonisti nel dare la vita. La vita che fiorirà nella Vergine sarà la vita stessa di Dio, perché da Dio Maria si lascia fecondare. Ella è passività, anzitutto. Non immobilismo. È come terra fertile che attende il seme e la pioggia. Tutta la vita dei santi, in fondo, è questo: la fede assoluta nel fatto che Dio è vita. Lui solo è fonte della vita e senza di lui le nostre capacità e possibilità rimangono sterili.
La verginità di Maria è la coscienza che se Dio non agisce in noi, se non entra e feconda il nostro silenzio con la sua parola, non ci saranno frutti. Il primo passo non può che essere il suo. Il Padre agisce così. Non vuole agire accanto all'uomo. Non vuole agire senza l'uomo. Ma vuole agire nell'uomo come il seme agisce nella donna. In questo senso ogni persona che non diventi spiritualmente donna non può entrare nel regno di Dio. Ogni uomo è vergine davanti a Dio se nella fede accetta di aprirsi in silenzio per accogliere la Parola e il pane che lo feconda, non perché lui agisca in unità di intenti con Cristo, in semplice armonia, ma perché Cristo agisca in lui.
Se in questo consiste fisicamente e spiritualmente la verginità di Maria, allora la sua maternità è la straordinaria facoltà di generare Dio stesso. Perché lui e lui solo ha agiti in lei. La maternità che oggi celebriamo è realmente segno e simbolo dell'incontro tra il divino e l'umano, in modo che tutto venga dal Padre e, allo stesso tempo, tutto venga dall'uomo. Senza un utero, infatti, senza un grembo, il Verbo non si sarebbe mai fatto carne. Ma cos'è il grembo di Maria senza l'azione dello Spirito?
La verginità feconda della Madre di Dio è la composizione dell'umano e del divino. L'uno non schiaccia l'altro. Il divino non soffoca l'umano, ma lo valorizza al di là delle sue apparenti possibilità.

L'odierno vangelo ribadisce l'intimo e continuativo rapporto tra la Vergine e la Parola che si manifesta nelle voci del mondo, quando afferma che essa «serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Non si tratta di una memoria a breve termine ma, piuttosto, di una reale gestazione. Quanto è avvenuto nella gravidanza continua ad avvenire nel cuore, dove anche le espressioni più forti e sconcertanti vengono assimilate e riportare a Dio nel segreto dell'anima.
Il questo giorno in cui contempliamo il mistero del Natale dal basso, dal grembo di Maria, piuttosto che dall'alto, come il 25 dicembre, dal cielo che invia l'eterna Parola, comprendiamo l'essenza della vita spirituale formulata in modo magistrale da Paolo in Gal 2,20: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». È nato dentro di me. Ho generato Cristo. Non perché io ne abbia le capacità. Ma perché lo Spirito feconda il cuore del credente.

(da Claudio Arletti, Il Tesoro e la Perla, Commento ai Vangeli festivi dell'anno A)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Maria… custodiva tutte queste cose (Lc 2,19)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 I pastori riferirono ciò che era stato detto loro (Lc 2,17) – (01/01/2019)
(vai al testo)
 I pastori riferirono ciò che era stato detto loro (Lc 2,17) – (01/01/2018)
(vai al testo)
 Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose (Lc 2,19) – (01/01/2017)
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 Vinci l'indifferenza e conquista la pace (01/01/2016 - Giornata mondiale della pace)
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 Non più schiavi, ma fratelli (01/01/2015 - Giornata mondiale della pace)
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 Fraternità, fondamento e via per la pace (01/01/2014 - Giornata mondiale della pace)
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 Beati gli operatoti di pace (01/01/2013 - Giornata mondiale della pace)
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 Educare i giovani alla giustizia e alla pace (01/01/2012 - Giornata mondiale della pace)
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 Libertà religiosa, via per la pace (01/01/2011 - Giornata mondiale della pace)
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Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'incarnazione del Verbo riscatta il tempo che svanisce, colorandolo di eterno (30/12/2018)
  Il grande campo della libertà di Dio: la maternità verginale di Maria, la Theotokos (30/12/2017)
  Il Nome per eccellenza: Dio salva (30/12/2016)
  Alimentati dalla benedizione di Dio (30/12/2015)
  La Vergine Madre (30/12/2013)
  Madre dell'unica persona del Verbo di Dio, dono per il mondo (31/12/2012)
  Madre di Dio (30/12/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Luigi Vari (VP 11.2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 11.2013)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Marinella Perroni (VP 11.2011)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)
  di Claudio Arletti (VP 11.2008)
  di Enzo Bianchi (A)
  di Enzo Bianchi (B)
  di Enzo Bianchi (C)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 27 dicembre 2019

La Famiglia di Nazaret: profuga tra i profughi


Domenica fra l'Ottava del Natale - Santa Famiglia (A)
Siracide 3,2-6.12-14 • Salmo 127 • Colossesi 3, 12-21 • Marreo 2,13-15.19-23
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

In questa prima domenica dopo Natale, la Liturgia ci invita a celebrare la festa della Santa Famiglia di Nazareth. In effetti, ogni presepio ci mostra Gesù insieme con la Madonna e san Giuseppe, nella grotta di Betlemme. Dio ha voluto nascere in una famiglia umana, ha voluto avere una madre e un padre, come noi.
E oggi il Vangelo ci presenta la santa Famiglia sulla via dolorosa dell'esilio, in cerca di rifugio in Egitto. Giuseppe, Maria e Gesù sperimentano la condizione drammatica dei profughi, segnata da paura, incertezza, disagi (cfr Mt 2,13-15.19-23). Purtroppo, ai nostri giorni, milioni di famiglie possono riconoscersi in questa triste realtà. Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie.
In terre lontane, anche quando trovano lavoro, non sempre i profughi e gli immigrati incontrano accoglienza vera, rispetto, apprezzamento dei valori di cui sono portatori. Le loro legittime aspettative si scontrano con situazioni complesse e difficoltà che sembrano a volte insuperabili. Perciò, mentre fissiamo lo sguardo sulla santa Famiglia di Nazareth nel momento in cui è costretta a farsi profuga, pensiamo al dramma di quei migranti e rifugiati che sono vittime del rifiuto e dello sfruttamento, che sono vittime della tratta delle persone e del lavoro schiavo. Ma pensiamo anche agli altri "esiliati": io li chiamerei "esiliati nascosti", quegli esiliati che possono esserci all'interno delle famiglie stesse: gli anziani, per esempio, che a volte vengono trattati come presenze ingombranti. Molte volte penso che un segno per sapere come va una famiglia è vedere come si trattano in essa i bambini e gli anziani.
Gesù ha voluto appartenere ad una famiglia che ha sperimentato queste difficoltà, perché nessuno si senta escluso dalla vicinanza amorosa di Dio. La fuga in Egitto a causa delle minacce di Erode ci mostra che Dio è là dove l'uomo è in pericolo, là dove l'uomo soffre, là dove scappa, dove sperimenta il rifiuto e l'abbandono; ma Dio è anche là dove l'uomo sogna, spera di tornare in patria nella libertà, progetta e sceglie per la vita e la dignità sua e dei suoi familiari.

Quest'oggi il nostro sguardo sulla santa Famiglia si lascia attirare anche dalla semplicità della vita che essa conduce a Nazareth. È un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l'aiuto vicendevole, il perdono reciproco. Ricordiamo le tre parole-chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusa. Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede "permesso", quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire "grazie", e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere "scusa", in quella famiglia c'è pace e c'è gioia.

(Papa Francesco, dall'Angelus del 29 dicembre 2013)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto (Mt 2,13)
(vai al testo…)

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Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 La Parola di Dio abiti tra voi nella sua ricchezza (Col 3,16) - (29/12/2013)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La Famiglia che Dio si è scelto (27/12/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di Gianni Cavagnoli (VP 11.2013)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

martedì 24 dicembre 2019

Dio, che ha condiviso tutto di noi


Natale del Signore

Visualizza i brani delle Letture
Messa della Vigilia: Isaia 62,1-5 • Salmo 88 • Atti 13,16-17.22-25 • Matteo 1,1-25
Messa della Notte: Isaia 9,1-6 • Salmo 95 • Tito 2,11-14 • Luca 2,1-14
Messa dell'Aurora: Isaia 62,11-12 • Salmo 96 • Tito 3,4-7 • Luca 2,15-20
Messa del Giorno: Isaia 52,7-10 • Salmo 97 • Ebrei 1,1-6 • Giovanni 1,1-18


Appunti per l'omelia

Il progetto che Dio ha per noi è che viviamo come figli. Tutta la storia della salvezza trova eco in questo: Colui che non era soggetto alla legge decise, per amore, di perdere ogni tipo di privilegio (privus legis) ed entrare attraverso il luogo meno atteso per liberare noi che, sì, eravamo sotto la legge. E la novità è che decise di farlo nella piccolezza e nella fragilità di un neonato; decise di avvicinarsi personalmente e nella sua carne abbracciare la nostra carne, nella sua debolezza abbracciare la nostra debolezza, nella sua piccolezza coprire la nostra. In Cristo Dio non si è mascherato da uomo, si è fatto uomo e ha condiviso in tutto la nostra condizione. Lungi dall'essere chiuso in uno stato di idea o di essenza astratta, ha voluto essere vicino a tutti quelli che si sentono perduti, mortificati, feriti, scoraggiati, sconsolati e intimiditi. Vicino a tutti quelli che nella loro carne portano il peso della lontananza e della solitudine, affinché il peccato, la vergogna, le ferite, lo sconforto, l'esclusione non abbiano l'ultima parola nella vita dei suoi figli.
Il presepe ci invita a fare nostra questa logica divina. Una logica non centrata sul privilegio, sulle concessioni, sui favoritismi; si tratta della logica dell'incontro, della vicinanza e della prossimità. Il presepe ci invita ad abbandonare la logica delle eccezioni per gli uni ed esclusioni per gli altri. Dio viene Egli stesso a rompere la catena del privilegio che genera sempre esclusione, per inaugurare la carezza della compassione che genera inclusione, che fa splendere in ogni persona la dignità per la quale è stata creata. Un bambino in fasce ci mostra la potenza di Dio che interpella come dono, come offerta, come fermento e opportunità per creare una cultura dell'incontro.
Non possiamo permetterci di essere ingenui. Sappiamo che da varie parti siamo tentati di vivere in questa logica del privilegio che ci separa-separando, che ci esclude-escludendo, che ci rinchiude-rinchiudendo i sogni e la vita di tanti nostri fratelli.
Oggi, davanti al bambino Gesù, vogliamo ammettere di avere bisogno che il Signore ci illumini, perché non sono poche le volte in cui sembriamo miopi o rimaniamo prigionieri di un atteggiamento marcatamente integrazionista di chi vuole per forza far entrare gli altri nei propri schemi. Abbiamo bisogno di questa luce, che ci faccia imparare dai nostri stessi errori e tentativi al fine di migliorarci e superarci; di questa luce che nasce dall'umile e coraggiosa consapevolezza di chi trova la forza, ogni volta, di rialzarsi e ricominciare.
Guardare il presepe significa trovare la forza di prendere il nostro posto nella storia senza lamentarci e amareggiarci, senza chiuderci o evadere, senza cercare scorciatoie che ci privilegino. Guardare il presepe implica sapere che il tempo che ci attende richiede iniziative piene di audacia e di speranza, come pure di rinunciare a vani protagonismi o a lotte interminabili per apparire.
Guardare il presepe è scoprire come Dio si coinvolge coinvolgendoci, rendendoci parte della sua opera, invitandoci ad accogliere con coraggio e decisione il futuro che ci sta davanti.
(Papa Francesco, dall'Omelia del 31 dicembre 2016)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Oggi è nato per voi un Salvatore (Lc 2,11)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino (Lc 2,16) – (25/12/2018)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per voi un salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2017)
(vai al testo…)
 Andiamo… vediamo questo avvenimento (Lc 2,15) - (25/12/2016)
(vai al testo…)
 Andiamo dunque fino a Betlemme (Lc 2,18) - (25/12/2015)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2014)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - (25/12/2013)
(vai al testo…)
 Non temete: vi annuncio una grande gioia (Lc 2,10) – (25/12/2012)
(vai al testo…)
 Oggi è nato per noi il Salvatore (Lc 2,11) - 25/12/2011)
(vai al testo…)
 Un bambino è nato per noi (Is 9,5) - (25/12/2010)
(vai al testo…)
 La Parola è diventata carne e ha abitato fra noi (Gv 1,14) - (23/12/2009)
(vai al post "Dio, nostro fratello")
 Gloria a Dio nel più alto dei cieli, pace in terra agli uomini che egli ama (Lc 2,14) (Lc 2,14) - (24/12/2008)
(vai al post "Il prodigio dell'amore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il vero Natale per noi! (23/12/2018)
  Gli "ultimi" si sono messi in cammino e hanno incontrato Dio (24/12/2017)
  La speranza di un Bambino (23/12/2016)
  Dio entra nel mondo dal punto più basso (23/12/2015)
  Gloria a Dio in cielo; pace agli uomini in terra (23/12/2014)
  Dio si è fatto bambino! (24/12/2013)
 Il mistero dell'umiltà di Dio (24/12/2012)
 Dar vita a Gesù, oggi (23/12/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Cettina Militello (VP 2016)
  di Luigi Vari (VP 2015)
  di Luigi Vari (VP 2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 2013)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Marinella Perroni (notte, VP 2011)
  di Marinella Perroni (giorno, VP 2011)
  di Marinella Perroni (notte, VP 2010)
  di Marinella Perroni (giorno, VP 2010)
  di Claudio Arletti (notte, VP 2009)
  di Claudio Arletti (giorno, VP 2009)
  di Claudio Arletti (notte, VP 2008)
  di Claudio Arletti (giorno, VP 2008)
  di Enzo Bianchi (vol. anno C, giorno)
  di Enzo Bianchi (vol. anno B, notte)
  di Enzo Bianchi (vol. anno A, aurora)

(Immagine: Natività, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, dicembre 2014)

venerdì 20 dicembre 2019

Non temere


4a domenica di Avvento (A)
Isaia 7,10-14 • Salmo 23 • Romani 1,1-7 • Matteo 1,18-24
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Appunti per l'omelia

Così fu generato Gesù Cristo
Non è un reportage giornalistico. Luca e Matteo fanno teologia, non scrivono fatti di cronaca. Presentano il Gesù delle comunità cristiane della fine del primo secolo e come sono arrivate a conoscerlo.
Al tempo di Gesù il matrimonio avveniva in due tappe:
1. I genitori stipulavano un contratto; i due erano marito e moglie anche se non vivevano insieme. Questo periodo durava circa un anno. Era il tempo per conoscersi.
2. Passato l'anno, si organizzava una festa; la sposa era condotta alla casa dello sposo e i due vivevano insieme. È in questo intervallo di tempo che avviene l'annuncio a Maria e la sua gravidanza.
La verginità di Maria è introdotta per dire al credente che Gesù non è unicamente uomo, ma viene dall'alto. È lo stesso Signore che ha assunto una forma umana.
La vergine, nella bibbia, significa "povera", "disprezzata", "priva di vita". Maria parla di sé dicendo: "Ha guardato la povertà della sua serva" e riconosce che tutto quanto è avvenuto in lei è opera del "Potente, che ha fatto in me grandi cose". Maria vergine diventa la prova della grandezza e dell'amore di Dio.
Il termine vergine indica anche la persona che ama con cuore indiviso. In questo senso la verginità di Maria è il simbolo dell'amore totale per il Signore.
Il dubbio di Giuseppe non sembra riguardare tanto la fedeltà o infedeltà della sposa, ma il suo ruolo in questo avvenimento straordinario. Dare il nome a un figlio non suo, non sarebbe stata un'intromissione indebita in un progetto più alto di lui? Nel dubbio, pensa di tirarsi da parte.
A Matteo non interessa rispondere alle nostre curiosità, ma comunicarci che il figlio di Maria è l'erede al trono di Davide promesso dai profeti.

Non temere di prendere con te Maria, tua sposa
Accogliere Gesù vuol dire fargli posto nella nostra esistenza. Ma questo non è sempre facile, né lo è stato per la sua famiglia. La situazione di disagio descritta nel brano non riguarda solo Maria, la diretta interessata, ma anche Giuseppe. Matteo ci presenta la soluzione umana, in cui emerge tutta la discrezione e la delicatezza di Giuseppe.
La soluzione proposta da Dio però è un'altra: Non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Il progetto di Dio passa attraverso Giuseppe. Ed egli non esita a fare come gli annuncia l'angelo del Signore.
Giuseppe ascolta quella Parola, che può arrivare in mille modi; ed è una Parola che annuncia il nuovo, il progetto di Dio. L'ascolto poi diventa scelta, decisione concreta.
Il Vangelo di questa domenica, ormai prossima al Natale, ci invita a fare posto a Dio, a credere che la sua parola va a compimento, a rispondere alle sue chiamate espresse dalle circostanze con disponibilità, spirito di servizio, vivendo l'obbedienza della fede, frutto di una relazione costante con Dio e con i fratelli.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo (Mt 1,24)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Così fu generato Gesù Cristo (Mt 1,18) - (18/12/2016)
(vai al testo)
 Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo (Mt 1,24) - (22/12/2013)
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 La Vergine concepirà e partorirà un Figlio (Is 7,14) - (19/12/2010)
( vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Gesù, colui che dilata ilnostro cuore (16/12/2016)
  Attesa e disponibilità del cuore (20/12/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 10.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 13 dicembre 2019

Piccoli, ma protagonisti nel Regno


3a domenica di Avvento (A)
Isaia 35,1-6a.8a.10 • Salmo 145 • Giacomo 5,7-10 • Matteo 11,2-11
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Appunti per l'omelia

Beato colui che non si scandalizza di me
Attraverso ciò che opera, Gesù rivela che è Lui il "prefigurato" dai profeti: è Lui l'atteso, anche se non è, forse, come Giovanni Battista se l'aspettava.
Gesù chiede di accoglierlo così come si presenta e non trovare in Lui un ostacolo a credere. C'è sempre il rischio di farsi una idea errata di Dio: che deve vincere sempre e dare subito il bene ai buoni e il castigo ai cattivi.
Invece, Lui è uomo tra gli uomini, misericordioso con i sofferenti e i peccatori, apparentemente debole di fronte ai violenti, apparentemente fallimentare nei risultati immediati.
Il confronto costante con la sua Parola ci allena ad accogliere Gesù nella sua perenne novità, che è fonte di "beatitudine" e di libertà interiore.
E noi, dal Vangelo, dall'incontro con Gesù ci aspettiamo veramente la "novità"che ci comunica sulla storia, sul mondo, sulla Chiesa o pensiamo di sapere già tutto?

Il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui
La novità di Gesù è così grande che, in certo senso, trova Giovanni ormai "vecchio".
Chi vive il Vangelo si trova più avanti e opera ancora più di lui per portare la presenza di Dio nel mondo: conosce il "segreto" della vita di Dio, svelato con la morte e la risurrezione di Gesù.
Dio è Amore, è Trinità, comunione di persone, dove ognuna si dona all'altra sempre e completamente. È questa la "novità" della "buona novella", che non si può confondere con tradizioni religiose e metodi precedenti il Vangelo.
Di qui discende un modo nuovo di rapportarsi tra le persone: amare per primi, amare tutti, amare i nemici, riconoscere il volto di Gesù nell'altro, farsi prossimo con chi è nel bisogno, ascoltare e vivere il Vangelo insieme.
Di qui possono nascere frutti ed effetti anche più grandi di quelli portati da persone cosiddette "esperte".
Siamo invitati, allora, a un esame del nostro essere cristiani ed a chiederci se siamo "entrati" nel cuore del Vangelo o siamo piuttosto fermi alle nostre pratiche religiose... e soprattutto a riconoscere che dove c'è critica, divisione, egoismo non può "nascere" Gesù.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Sei tu colui che deve venire? (Mt 11,3)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Sei tu colui che deve venire? (Mt 11,3) - (11/12/2016)
(vai al testo)
 Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo! (Mt 11,6) - (15/12/2013)
( vai al testo…)
 Siate costanti fino alla venuta del Signore (Gc 5,7) - (12/12/2010)
( vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Lo scandalo della misericordia (9/12/2016)
  Il tempo della misericordia (13/12/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

venerdì 6 dicembre 2019

Entriamo nella scia di Maria


Immacolata Concezione della B. V. Maria
Genesi 3,9-15.20 • Salmo 97 • Efesini 1,3-6.11-12 • Luca 1,26-38
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

È "Maria nell’Annunciazione" il fulcro di questo periodo di Avvento. La Beata Vergine, infatti, ha vissuto l'Avvento "nella sua carne". Sa cosa significa essere "in attesa" e può aiutare "anche noi ad attendere, in senso forte ed esistenziale, la venuta del nostro Redentore".

L'importanza della fede
Maria è la prima di coloro che hanno creduto senza aver ancora visto. Dice il suo a Dio. Il suo atto di fede è suscitato dalla grazia dello Spirito Santo. L'immensa scia dei credenti che formano la Chiesa comincia con la fede di Maria. Essere nella sua scia significa comprendere che la fede è la base di tutto, la prima e la più "buona" delle opere da compiere. La grazia infatti non può operare, se non trova la fede ad accoglierla.
La fede è così importante perché è l'unica che mantiene alla grazia la sua gratuità. Grazia e fede: sono i due pilastri della salvezza; sono i due piedi per camminare o le due ali per volare. Non si tratta però di due cose parallele, quasi che da Dio venisse la grazia e da noi la fede, e la salvezza dipendesse così, in parti eguali, da Dio e da noi.
«Per grazia siete salvi mediante la fede - scrive san Paolo - e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio perché nessuno possa vantarsene».

La fede di Maria
Gli aspetti della fede di Maria possono aiutare la Chiesa di oggi a credere più pienamente. Il suo atto di fede è personale, unico, irrepetibile. È un fidarsi di Dio e un affidarsi completamente a Dio. E un rapporto da persona a persona. Questo si chiama fede soggettiva: l'accento è sul fatto di credere, più che sulle cose credute. Ma la fede di Maria è anche quanto mai oggettiva, comunitaria. Maria non crede in un Dio soggettivo, personale che si rivela solo a lei nel segreto. Crede invece al Dio dei Padri, al Dio del suo popolo.
Non basta avere una fede solo soggettiva, una fede che sia un abbandonarsi a Dio nell'intimo della propria coscienza. È tanto facile, per questa strada, rimpicciolire Dio alla propria misura. Questo avviene quando ci si fa una propria idea di Dio, basata su una propria interpretazione personale della Bibbia, o su l'interpretazione del proprio ristretto gruppo, e poi si aderisce ad essa con tutte le forze, magari anche con fanatismo, senza accorgersi che ormai si sta credendo in sé stessi più che in Dio e che tutta quella incrollabile fiducia in Dio, altro non è che una incrollabile fiducia in se stessi. Non basta però neppure una fede solo oggettiva e dommatica, se questa non realizza l'intimo, personale contatto, da io a tu, con Dio. Essa diventa facilmente una fede morta, un credere per interposta persona o per interposta istituzione, che crolla non appena entra in crisi la fiducia in quella istituzione, nella Chiesa.

Credere
Non basta dunque una fede solo soggettiva o soltanto oggettiva. Bisogna credere personalmente, ma nella Chiesa; credere nella Chiesa, ma personalmente. La fede dommatica della Chiesa non mortifica l'atto personale e la spontaneità del credere, ma anzi lo preserva e permette di conoscere e abbracciare un Dio immensamente più grande di quello della mia povera esperienza. Nessuna creatura infatti è capace di abbracciare, con il suo atto di fede, tutto quello che, di Dio, si può conoscere. La fede della Chiesa è come il grande angolare che permette di cogliere e fotografare, di un panorama, una porzione molto più vasta del semplice obiettivo.
Il mondo è solcato, come il mare, dalla scia di un bel vascello, che è la scia di fede aperta da Maria. Entriamo in questa scia. Crediamo anche noi perché quel che si avverò in Lei si avveri anche in noi. Invochiamo la Madonna con il dolce titolo di Virgo fidelis: Vergine credente, prega per noi!

( da VaticanNews: Padre Cantalamessa, prima predica di Avvento 6 dicembre 2019, Cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Papa Francesco)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (breve commento e una testimonianza):
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te (Lc 1,28)
(vai al testo…) - 8/12/2018)
Avvenga per me secondo la tua parola (Lc 1,35)
(vai al testo - 8/12/2016)
Lo Spirito Santo scenderà su di te (Lc 1,35)
(vai al testo - 8/12/2015)
Rallegrati, piena di grazia (Lc 1,29)
(vai al testo - 8/12/2014)
Rallegrati, piena di grazia (Lc 1,29)
(vai al testo - 8/12/2013)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
L'Immacolata Concezione: la festa del cuore nuovo (7/12/2018)
Maria Immacolata: trasparenza vera nel dialogo con Dio (7/12/2017)
In Maria si congiunge il Cielo e la Terra (7/12/2016)
Dio ci chiama ad aprirci alla gioia (6/12/2015)
Resi immacolati dalla carità (6/12/2014)
Maria, il nostro "dover essere" (6/12/2013)
Il sogno di Dio (6/12/2012)

Riamando ad altri post sulla Solennità odierna, a suo tempo pubblicati:
Madre di Dio (7/12/2010)
Maria, Fiore dell'umanità (8/12/2009)
Immacolati nella carità (7/12/2008)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Luigi Vari (VP 10.2014)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 10.2012)
  di Marinella Perroni (VP 10.2011)
  di Marinella Perroni (VP 10.2010)
  di Claudio Arletti (VP 10.2009)
  di Claudio Arletti (VP 10.2008)
  di Enzo Bianchi (vol. anno C)
  di Enzo Bianchi (vol. anno B)
  di Enzo Bianchi (vol. anno A)

domenica 1 dicembre 2019

L'attesa, tempo di salvezza


Parola di Vita - Dicembre 2019
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (Mt 24,42).

In questo passo del vangelo di Matteo, Gesù prepara i discepoli al suo ritorno definitivo e inatteso, che li sorprenderà. Anche in quell'epoca storica esistevano molte difficoltà, guerre, sofferenze di ogni genere. Per il popolo di Israele la speranza si posava sull'intervento del Signore che avrebbe posto fine alle lacrime. L'attesa perciò non era motivo di spavento, ma piuttosto di sollievo, come tempo della salvezza.
Qui Gesù ci indica un grande segreto: vivere bene l'attimo presente perché Egli stesso tornerà quando saremo al lavoro, occupati nelle cose normali del nostro quotidiano, quelle nelle quali spesso ci dimentichiamo di Dio, perché troppo presi dalle preoccupazioni per il domani.

«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».

Vegliare: è un invito a tenere gli occhi aperti, a riconoscere i segni della presenza di Dio nella storia, nel quotidiano, ed aiutare altri che vivono nel buio a trovare la strada della vita.
L'incertezza sul giorno preciso dell'arrivo di Gesù mette il cristiano in atteggiamento di continua attesa; lo incoraggia a vivere l'attimo presente con intensità, amando oggi, non domani; perdonando ora, non dopo; trasformando la realtà in questo momento, non quando troverà tempo nella sua agenda piena di impegni.
Meditando questa Parola, Chiara Lubich scriveva: «Hai osservato come in genere non vivi la vita, ma la trascini in attesa di un "dopo", in cui dovrebbe arrivare il "bello"? Il fatto è che un "dopo-bello" deve arrivare, ma non è quello che tu ti aspetti. Un istinto divino ti porta ad attendere qualcuno o qualcosa che possa soddisfarti. E pensi magari al giorno di festa, o al tempo libero, o a un incontro particolare, terminati i quali poi non resti soddisfatto, almeno pienamente. E riprendi il tran tran d'una esistenza non vissuta con convinzione, sempre in attesa. La verità è che, tra gli elementi che compongono anche la tua vita, ve n'è uno da cui nessuno può scappare: è l'incontro a tu a tu col Signore che viene. Questo è il "bello" al quale inconsciamente tendi, perché sei fatto per la felicità. E la piena felicità può dartela solo lui» (1).

«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».

Il Signore Gesù verrà certamente alla fine della vita di ognuno, ma già possiamo riconoscerlo realmente presente nell'Eucarestia da celebrare e condividere, nella sua Parola da ascoltare e vivere, in ogni fratello e sorella da accogliere, nella sua voce che parla nella coscienza. Ancora oggi la vita ci presenta tante sfide e ci chiediamo: «Quando finirà tutta questa sofferenza?».
Non possiamo attendere passivamente un intervento del Signore: ogni momento va sfruttato per affrettare il Regno di Dio, il suo disegno di fraternità. Ogni piccolo gesto d'amore, ogni gentilezza, ogni sorriso donato trasforma la nostra esistenza in una continua e feconda attesa.
Paco è cappellano in un ospedale in Spagna; sono tanti i degenti anziani, che a volte soffrono di gravi malattie degenerative. Racconta: «Bussando alla porta della stanza di un paziente anziano, che spesso urla contro la fede, ho un momento di esitazione, ma vorrei testimoniargli l'amore di Dio. Entro con il sorriso più bello che ho. Gli parlo con dolcezza, gli spiego la bellezza dei sacramenti. Gli chiedo se vuole riceverli; mi risponde: "Certo!". Si confessa e riceve l'Eucarestia e l'Unzione degli infermi. Sto con lui ancora un po'. Quando lo lascio è sereno e la figlia, presente, è stupita».

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Parola di Vita dicembre 1978, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma, 2017) p. 123.


Fonte: Città Nuova n. 11/Novembre 2019
(Immagine: Mantenetevi pronti, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, novembre 2019)


venerdì 29 novembre 2019

Verso l'incontro personale con Gesù


1a domenica di Avvento (A)
Isaia 2,1-5 • Salmo 121 • Romani 13,11-14a • Matteo 24,37-44
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Mangiavano e bevevano
Si può correre il rischio di avere una condotta anche buona, ma di vivere il lavoro, il matrimonio, l'uso dei beni come fossero il tutto della vita; e di dimenticare che la vita ha uno sbocco finale. Più che di malvagità, si tratta della ricerca dello "star bene" e dell'incoscienza di fronte all'affare più serio, decisivo e, al tempo stesso, affascinante della vita: l'incontro con Gesù e, in lui, col Padre.
«Uno sarà preso e l'altro lasciato»: la sorte diversa, che riguarda certo l'aldilà, ma segna il cammino della storia personale e sociale, non dipende solo da "cosa" facciamo, ma da "come" lo viviamo. Ha una luce diversa il fatto di pensare la vita tutta racchiusa nell'oggi e il desiderio di un incontro costruito giorno per giorno con Lui. Allora occorre chiederci seriamente se il nostro modo di preparare e vivere il Natale è cercare veramente un incontro più vivo con Gesù. E chiediamoci: il pensiero del cosiddetto "aldilà" ci fa vivere con più radicalità, stupore e libertà gli impegni del cosiddetto "aldiquà"?

State pronti
Chi sospetta la venuta del "ladro" nella notte resta sveglio per difendere i beni. La certezza della "Sua venuta" ci fa scoprire la bellezza di un incontro che si rinnova ogni giorno: Lui non viene come il ladro che ruba gioia e libertà, ma come lo "sposo" che porta la gioia.
Gesù dice: «Chi mi ama, osserva la mia Parola». L'ascolto attento della Parola della domenica, la ripresa quotidiana di ciò che ci ha colpiti, lo sforzo per tradurla in vita ci fanno sperimentare questo "gioco d'amore". Fino all'esito finale: ciò che per anni abbiamo cercato e amato ci farà scoprire il "come in cielo" già vissuto "in terra".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Anche voi tenetevi pronti (Mt 24,44)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Vegliate dunque! (cf Mt 24,42) - (27/11/2016)
(vai al testo)
 Anche voi tenetevi pronti (Mt 24,44) - (01/12/2013)
( vai al testo…)
 La nostra salvezza è più vicina (Rm 13,11) - (28/11/2010)
( vai al testo…)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Avvento: pronti, senza paura (25/11/2016)
  Il nostro vegliare operoso (29/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di Cettina Militello (VP 10.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 10.2013)
  di Marinella Perroni (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

venerdì 22 novembre 2019

Regnare con la "potenza" dell'amore


34a domenica del Tempo ordinario (C)
Solennità di Cristo Re dell'Universo

2 Samuele 5,1-3 • Salmo 121 • Colossesi 1,12-20 • Luca 23,35-43
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Salvi se stesso... salva te stesso... salva te stesso
I capi, i soldati, il malfattore sfidano Gesù a dimostrare che è Dio e Salvatore; scenda dalla croce e costringa chi lo rifiuta a riconoscere il suo torto. Ma è da questo che si riconosce Dio? C'è il pericolo di avere un'idea falsa di Dio: «Se Dio c'è, deve vincere sempre, imporsi, liberare dalla sofferenza, dare il bene ai buoni e il male ai cattivi; se non è così, non ci interessa".
Invece Gesù è "re" e manifesta la sua "potenza" proprio perché non scende dalla croce, non salva se stesso e ama anche se deriso. Fa vedere chi è Dio: è Uno che serve e muore per l'uomo, sua creatura e peccatore. La sua "potenza" si dimostra non nell'eliminare il malvagio, ma nel rinnovarlo dal di dentro, nel trasformare il male in bene, nel rispondere all'odio con l'amore, nel soffrire per e con i peccatori.
E noi accettiamo un Dio che non si difende, non castiga chi fa il male e non assicura protezione a chi lo serve? E di conseguenza, la fatica e le difficoltà hanno per me solo un senso negativo o piuttosto anche un valore positivo?

Gesù ricordati di me nel tuo regno
Il secondo malfattore riconosce Gesù come "re" a cui raccomandarsi. Vede che crede all'amore di Dio, che pur non interviene a salvarlo e lo ascolta dire: «Padre, perdonali perché non sanno ciò che fanno».
Capisce che in quell'uomo crocifisso si manifesta la potenza di Dio: solo Dio può amare così, solo chi è Figlio unico del Padre può avere una fiducia così.
E non chiede di essere liberato dalla croce, ma di "regnare" con Gesù e vivere come Lui. La salvezza non è non soffrire e avere benessere, ma amare sempre e sentirsi amati dal Padre. Essere compagni di croce con Gesù, vivere la Parola di Dio, soffrire per servire gli altri, sembra la via meno adatta a essere felici e invece porta "nel paradiso". Quando uno vive il Vangelo è con Gesù ed è questo stare con Gesù il "paradiso".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù, ricordati di me... (Lc 23,42)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Gesù, ricordati di me... (cf Lc 23,42) - (20/11/2016)
(vai al testo)
 Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43) - (24/11/2013)
( vai al testo…)
 Benedetto colui che viene nel nome del Signore (Mt 11,9) - (19/11/2010)
(vai al post "Il nostro Re, lo riconosce chi ama")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Un Re che muore amando, che dona tutto se stesso (11/11/2016)
  Il Re che offre la sua vita (22/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione: Tiziano Vecellio, Gesù Cristo e il buon ladrone, (1565), Pinacoteca Nazionale di Bologna)

venerdì 15 novembre 2019

La storia nelle mani del Padre


33a domenica del Tempo ordinario (C)
Malachia 3,19-20a • Salmo 97 • 2 Tessalonicesi 3,7-12 • Luca 21,5-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Badate di non lasciarvi ingannare
Luca scrive il suo vangelo verso l'anno 85 d.C. Dopo la morte di Gesù sono successi fatti tremendi: guerre, pestilenze, catastrofi. Come leggere questi segni? Alcuni dicevano: sono segni che dicono che la fine del mondo è vicina. Il Vangelo di oggi risponde a queste false attese e corregge l'interpretazione errata che veniva data alle parole di Gesù. Luca invita i cristiani a smettere di inseguire favole e a seguire, invece, l'unica cosa che deve interessare: Che cosa fare per collaborare alla venuta del nuovo mondo? È facile, di fronte alle situazioni di disagio, fare previsioni e stabilire date sugli ultimi tempi. Ma questa lettura non è da Dio.
Non seguiteli: è l'invito di Gesù a non seguire i falsi profeti (Testimoni di Geova, New Age, Avventisti…). Per descrivere il tempo che intercorre tra la sua venuta e la fine del mondo, Gesù usa un linguaggio apocalittico: terremoti, pestilenze, carestie, guerre… per dire ai discepoli che è imminente il passaggio fra due epoche della storia. Il suo è un annuncio di speranza… sta per spuntare l'aurora di un mondo nuovo. Ecco perché esorta i discepoli a non spaventarsi: "Non vi terrorizzate", "Quando incominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina". Apocalisse non significa "catastrofe", ma "rivelazione", svelamento (letteralmente "togliere il coperchio"). La Parola di Dio ci illumina e ci permette di leggere la storia, gli avvenimenti con gli occhi di Dio.

Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto
Quale sarà il segno che il Regno di Dio sta nascendo? Non i trionfi, non gli applausi, ma le persecuzioni. In queste situazioni difficili i discepoli potranno essere tentati di scoraggiarsi, penseranno di aver sbagliato tutto.
Mettetevi bene in testa di non preparare prima la vostra difesa: Gesù mette in guardia i discepoli dal pericolo di fidarsi dei ragionamenti e dei calcoli solo umani. La loro forza sta in ciò che gli uomini considerano fragilità e debolezza. Gesù, il buon pastore, darà loro una forza alla quale nessuno potrà resistere: la forza della verità, dell'amore, del perdono.
Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto: nonostante le apparenze contrarie, il Regno di Dio continuerà ad avanzare.
Quanto ascoltiamo oggi non si riferisce tanto a la fine del mondo, ma ci porta a scoprire "il fine" della storia umana. In questo tempo della Chiesa, siamo chiamati a vivere tre atteggiamenti:
- la testimonianza serena e coraggiosa;
- la perseveranza, l'amore vissuto di fronte agli ostacoli, alle difficoltà e alle prove della vita;
- l'impegno di ogni giorno, l'amore concreto nella quotidianità.
Tre stelle che illuminano il nostro cammino, per realizzare e raggiungere il fine della vita.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Avrete allora occasione di dare testimonianza (Lc 21,13)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (cf Lc 21,19) - (13/11/2016)
(vai al testo)
 Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita (Lc 21,19) - (17/11/2013)
( vai al testo…)
 Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto (Lc 21,18) - (12/11/2010)
(vai al post "Oltre ogni paura")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il male si vince con la perseveranza (11/11/2016)
  Nell'attesa di quel giorno (15/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

domenica 10 novembre 2019

Aldilà, il caso dell'«anima» fra immortalità e/o risurrezione


Nella domenica in cui la liturgia ci parla della morte e dell'aldilà, riporto un articolo di Gianfranco Ravasi del 23 settembre 2013 (tratto da Avvenire.it).
È interessante sottolineare che nel «Credo» noi professiamo la risurrezione della carne, non l'immortalità dell'anima.


Aldilà, il caso dell'«anima» fra immortalità e/o risurrezione

«Tra voi e il cielo non vedete altro che la pala del becchino». Così polemizzava il filosofo russo Piotr J. Caadaev (1794-1856) nei confronti del materialismo ottocentesco. Il guardare oltre la tomba è, invece, insito nel messaggio pasquale cristiano fin da quella significativa interpellanza rivolta dal messaggero divino alle donne nell'alba di Pasqua: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Luca 24,5). Da secoli la teologia cristiana cerca di andare oltre quella pala che seppellisce un cadavere e ha adottato sia la categoria biblica della «risurrezione» sia quella apparentemente alternativa della «immortalità» classica greca. Proprio per la sterminata complessità e articolazione di questa riflessione, ora ci accontentiamo solo di una sorta di nota interpretativa generale. Infatti, affacciarsi sull'aldilà è possibile, in sede teologica cristiana, solo a patto di «un energico sforzo intellettuale per non mummificare il pensiero in sepolcri concettuali e per cogliere della verità non le morte spoglie, ma la scintilla perennemente vivente», come suggeriva in modo un po' sontuoso ma efficace Andrea Vaccaro, uno studioso di filosofia e teologia nel suo bel volumetto Perché rinunziare all'anima? (Edb). Sicuramente è necessario e corretto operare una certa "deplatonizzazione" della visione cristiana tradizionale, operazione di pulizia condotta con vigore soprattutto da vari teologi protestanti tra i quali spiccano Karl Barth e Oscar Cullmann. Di quest'ultimo è significativo il breve saggio, pubblicato nel 1956 e accolto con successo, Immortalità dell'anima o risurrezione dei morti? (Paideia). Un interrogativo a dilemma, di cui è facile intuire la scelta compiuta dal teologo di Basilea. Tuttavia, non si può dimenticare neppure quello che osservava l'allora teologo Joseph Ratzinger nella sua Escatologia. Morte e vita eterna (Cittadella): «Il concetto di anima, quale è stato usato nella liturgia e nella teologia fino al Vaticano II, ha in comune con l'antichità altrettanto poco quanto il concetto di risurrezione. Esso è un concetto specificamente cristiano» e, proprio per questo, non può facilmente essere abbandonato o espunto dalla riflessione teologica. Tirando, allora, le fila del lungo itinerario teologico sull'oltrevita cristiano, riconoscendo le difficoltà di una sintesi che riesca a far combaciare prospettive differenti, potremmo tentare un bilancio molto essenziale. L'anima, nella tradizione cristiana, è stata sempre concepita come una realtà personale distinta, ma intimamente vincolata alla corporeità con la quale dà origine alla creatura umana. Neanche nella morte si assiste a una totale cancellazione di questo rapporto con la materia corporale, ma a una sua trasformazione, di difficile determinazione e descrizione. Il nesso è, infatti, trasferito su un nuovo piano ove cadono spazio e tempo e ci si inoltra nell'oltrevita, nell'eternità e nell'infinito, ove non c'è più né "prima" né "poi". Certo, noi che siamo ancora nell'aldiquà misuriamo tutto secondo queste scansioni successive. Abbiamo, perciò, bisogno di parlare di un giudizio particolare personale e individuale – ove si vagliano le scelte di ogni persona, dotata da Dio della qualità della libertà e, quindi, della responsabilità – al quale segue in molti casi un "tempo" di purificazione ed espiazione (purgatorio) per "poi" accedere al giudizio finale quando tutta l'umanità entrerà nel nuovo ordine delle cose. In realtà, questa trama successiva è frutto del nostro computo temporale, ed è per questo che il Catechismo della Chiesa Cattolica preferisce parlare di "stati" più che di luoghi o tempi, quando affronta l'escatologia. Oltre la vita terrena, infatti, c'è l'istante eterno e infinito in cui tutta la creazione è accolta e trasfigurata, giudicata e salvata, purificata e liberata. È ciò che con linguaggio poetico e simbolico descrive l'Apocalisse nella sua struttura generale o la Seconda Lettera di Pietro in questo paragrafo di taglio apocalittico: «Attendiamo e affrettiamo la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno. Poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una nuova terra, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pietro 3,12-13). Come si diceva, questo grembo che è l'eternità pervade e supera il tempo e il spazio, in attesa che la storia sviluppi il suo corso temporale e lo porti a compimento. L'anima si apre già all'eternità, il corpo ha già in sé il seme dell'eternità; entrambi, quindi, in forma diversa partecipano di quell'orizzonte luminoso, di quell'istante perfetto, di quel centro che tutto in sé assume e trasfigura. In questa luce potremmo dire che immortalità e risurrezione si compongono e non si contraddicono, corpo e anima si placano secondo il loro ordine e i loro gradi nell'armonia trascendente della nuova creazione, libera dal limite del tempo e dello spazio e, quindi, anche dalla morte. In quell'armonia, l'immersione nella storia e l'appartenenza alla materia, da un lato, e la vicinanza e la partecipazione a Dio e all'eterno, dall'altro, non si oppongono né si respingono, ma si coordinano e si placano. Ciò che è fondamentale nella visione cristiana è, dunque, la trascendenza a cui è destinata la persona, anima e corpo. Una trascendenza che è un eterno presente in cui noi, legati al tempo, abbiamo l'impressione di entrare quasi per gradi e stadi successivi. Andare oltre nella precisazione di questa realtà è rischioso ed è necessario conservare la cautela e l'umiltà della mente. Come scriveva il famoso teologo Karl Rahner nel suo saggio Sulla teologia della morte (Morcelliana): «Espressioni come "l'anima continua a vivere dopo la morte", "dopo la sua separazione dal corpo" e quelle che parlano della "risurrezione del corpo" non indicano necessariamente realtà diverse, ma sono soltanto modelli di rappresentazione diversi per indicare la medesima cosa, e cioè la definitività della storia dell'uomo portata a termine». A questa concordanza ci conduce non solo la visione del rapporto tra tempo ed eternità che abbiamo prima abbozzato, ma lo stesso linguaggio biblico, fondamentale per la fede cristiana. Anche se esso può essere illuminato e interpretato attraverso il contributo della cultura greca, la sua realtà rimane autonoma e specifica, come ad esempio ha sottolineato un importante esegeta dell'École Biblique di Gerusalemme, Marie-Émile Boismard nel suo studio La nostra vittoria sulla morte: «risurrezione»? (Cittadella): la vittoria sulla morte avviene in Cristo con un corpo di natura trasfigurata, come suggerisce san Paolo. Interessante a questo punto sarebbe proporre proprio la riflessione paolina la quale supera l'antitesi psyché-sarx, «anima-carne», variante di quella greca psyché e sôma, ossia tra anima e corpo, introducendo la categoria pneuma, «spirito», che è però da intendere in maniera nuova: si tratta, infatti, dello Spirito di Dio effuso nella creatura umana e, quindi, destinato a trasfigurare la realtà umana. Ma su questo tema è necessaria un'analisi specifica.

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

venerdì 8 novembre 2019

Figli di un Dio vivente


32a domenica del Tempo ordinario (C)
2 Maccabei 7,1-2.9-14 • Salmo 16 • 2 Tessalonicesi 2,6-3,5 • Luca 20,27-38
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

… sono figli della risurrezione …
C'erano risposte diverse, al tempo di Gesù, riguardo la risurrezione dei morti:
i farisei credevano ed erano convinti che le gioie di questa vita venissero accresciute a dismisura nell'altra vita; in cielo non ci sono la fame, le malattie, le disgrazie…;
i sadducei sostenevano che nella Torah (gli unici libri che riconoscevano sacri) non ci fosse alcun accenno a questo argomento. Per questo si dichiaravano scettici (avevano talmente tanti soldi che il "paradiso" potevano già goderselo su questa terra!).
Che cosa risponde Gesù? «I figli di questo mondo prendono moglie … ma quelli giudicati degni della vita sono uguali agli angeli». Gesù non predica un risveglio dal sepolcro per riprendere la vita di prima: non avrebbe alcun senso morire, per poi riprendere lo stesso corpo. La persona umana mantiene la propria identità, in una condizione totalmente nuova. Non esistono due vite, la presente e la futura, ma un'unica vita che continua in forma completamente diversa.
La morte, intesa come annientamento della persona, non esiste; è stata distrutta dalla morte-risurrezione di Cristo.
Come sarà la vita con il Padre, il Verbo, lo Spirito?
Va evitato il rischio di proiettare nell'aldilà ciò che di positivo sperimentiamo nel cammino storico, moltiplicato all'infinito. Anche dietro a certe affermazioni, a certe preghiere di molti cristiani, si nasconde un'immagine di risurrezione simile a quella dei farisei.
Qualche mistico moderno si azzarda a descrivere l'aldilà dicendo che «noi in Cielo saremo Parola di Dio e nell'unità fra le nostre anime sarà l'armonia del Cantico nuovo che è il Vangelo formato dal Corpo Mistico di Cristo».

Dio non è Dio dei morti ma dei vivi
Come si può immaginare un Dio che crea gli uomini, stabilisce un'alleanza con loro, fa tante promesse, li difende dai loro avversari, si considera loro amico e poi un giorno li abbandona, lascia che scompaiano nella polvere, che ritornino nel nulla? Se Egli si comportasse in questo modo sarebbe autore di progetti di morte. Egli invece – dice Gesù – "non è il Dio dei morti ma dei vivi" perché da Lui tutti ricevono la vita. Egli è "l'amante della vita" (Sap 11,26), "non ha creato la morte e non gode la rovina dei viventi" (Sap 1,13).
Quante cose succedono nel corso dell'esistenza: nasciamo, cresciamo, ci innamoriamo, formiamo una famiglia, educhiamo dei figli; proviamo gioie e dolori, coltiviamo sogni e speranze… Poi un giorno tutto sembra concludersi nel nulla della morte, s'interrompono i dialoghi d'amore, gli affetti, i rapporti con le persone care. Davvero Dio ha creato l'uomo per un destino così crudele? Che cosa c'è rimasto di Abramo, Isacco e Giacobbe, soltanto il loro nome?
«La speranza cristiana - affermava Tertulliano - è la risurrezione dei morti; tutto ciò che noi siamo, lo siamo in quanto crediamo nella risurrezione».
E questo dà un volto nuovo ai rapporti tra noi: in Paradiso ci guarderemo tutti come "figli" e "figlie" dello stesso Padre, perché tutti creati ad immagine del Figlio, "per mezzo del quale tutto è stato creato". Per questo possiamo dire "come in cielo così in terra".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Tutti vivono per lui (cf Lc 20,38) - (06/11/2016)
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 Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38) - (10/11/2013)
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 Dio non è dei morti, ma dei viventi (Lc 20,38) - (05/11/2010)
(vai al post "Dio dei vivi")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  È l'amore che vince la morte (04/11/2016)
  Figli della risurrezione (08/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

sabato 2 novembre 2019

Gesù e il senso di noi stessi


31a domenica del Tempo ordinario (C)
Sapienza 11,22-12,2 • Salmo 144 • 2 Tessalonicesi 1,11-2,2 • Luca 19,1-10
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Cercava di vedere chi era Gesù
Nel Vangelo di Luca il "chi" non è soltanto indicativo, ma rappresenta la "qualità" della persona. Si potrebbe tradurre meglio "quale", come a dire: "Che cos'ha Gesù in più degli altri? Ha una risposta alla mia inquietudine?".
Le insoddisfazioni che ci portiamo dentro possono essere una base di partenza per incontrare Gesù. Cercare una felicità più grande, in definitiva, è cercare Dio: le creature, le cose non bastano!
Zaccheo traduce in concreto il suo desiderio: fa un gesto che gli costa fatica, supera il giudizio della gente,rischiando il ridicolo.
Ogni gesto, anche piccolo, che va controcorrente, che ci apre all'ascolto della Parola, al dialogo e al servizio, approfondisce l'incontro con Gesù e, in lui, con la verità: «Chi ascolta le mie parole, conoscerà la verità, e la verità vi farà liberi!» (cf Gv 8,31).

Io do la metà di ciò che possiedo ai poveri
È l'incontro con Gesù che cambia Zaccheo: scopre di essere amato, di essere "unico" agli occhi di Dio. Per questo si apre a un nuovo modo di usare i beni e alla gioia di condividerli. Il pentimento è conseguenza dell'incontro con Gesù. Gesù si propone come "senso" del nostro essere persone.
È un incontro personale e comunitario allo stesso tempo: ogni incontro con Lui trova pienezza nel «Dove due o più sono uniti nel mio nome» (cf Mt 18,20).
Qui è la bellezza della Chiesa: come un"grembo materno" dove nasce la vita e si capovolge il modo di vivere e di pensare, dove si ascolta e si vive insieme il Vangelo e ci si tratta come fratelli e sorelle.
La prova più sicura che abbiamo incontrato Gesù è l'instaurarsi di rapporti nuovi, la condivisione di ciò che siamo, spiritualmente e materialmente.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Zaccheo,… oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua (cf Lc 19,5) - (30/10/2016)
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 Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19,5) - (03/11/2013)
( vai al testo…)
 Il Figlio è venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10) - (29/10/2010)
(vai al post "Vita che Dio non spegne")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Quello sguardo di Gesù che ci dona libertà (28/10/2016)
  L'incontro sorprendente con Gesù (02/11/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica