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venerdì 31 gennaio 2020

Luce che irradia


Presentazione del Signore
[4a domenica del Tempo ordinario (A)]

Malachia 3,1-4 • Salmo 23 • Ebrei 2,14-18 • Luca 2,22-40
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

A quaranta giorni dal Natale la Chiesa celebra la festa della Presentazione al Tempio di Gesù. Con questo rito il Signore si assoggettava alle prescrizioni della legge antica, ma in realtà veniva incontro al suo popolo che lo attendeva nella fede. Con questa festa si chiudono le celebrazioni legate alla nascita di Cristo e si apre il cammino verso il mistero della morte e risurrezione del Signore, preannunciata da Simeone alla Vergine Maria.

Riporto il pensiero di papa Francesco all'Angelus del 28 dicembre 2014:
«Quaranta giorni dopo la nascita di Gesù, Maria e Giuseppe si recano al tempio di Gerusalemme. Lo fanno in religiosa obbedienza alla Legge di Mosè, che prescrive di offrire al Signore il primogenito. Possiamo immaginare questa piccola famigliola, in mezzo a tanta gente, nei grandi cortili del tempio. Non risalta all'occhio, non si distingue… Eppure non passa inosservata! Due anziani, Simeone e Anna, mossi dallo Spirito Santo, si avvicinano e si mettono a lodare Dio per quel Bambino, nel quale riconoscono il Messia, luce delle genti e salvezza d'Israele. È un momento semplice ma ricco di profezia: l'incontro tra due giovani sposi pieni di gioia e di fede per le grazie del Signore; e due anziani anch'essi pieni di gioia e di fede per l'azione dello Spirito. Chi li fa incontrare? Gesù. Gesù li fa incontrare: i giovani e gli anziani. Gesù è Colui che avvicina le generazioni. È la fonte di quell'amore che unisce le famiglie e le persone, vincendo ogni diffidenza, ogni isolamento, ogni lontananza. Questo ci fa pensare anche ai nonni: quanto è importante la loro presenza, la presenza dei nonni! Quanto è prezioso il loro ruolo nelle famiglie e nella società! Il buon rapporto tra i giovani e gli anziani è decisivo per il cammino della comunità civile ed ecclesiale.
Il messaggio che proviene dalla Santa Famiglia è anzitutto un messaggio di fede. Nella vita familiare di Maria e Giuseppe Dio è veramente al centro, e lo è nella Persona di Gesù. Per questo la Famiglia di Nazaret è santa. Perché? Perché è centrata su Gesù.
Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, possiedono un'energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l'esperienza della Santa Famiglia, ad esempio nell'evento drammatico della fuga in Egitto: una dura prova.
Il Bambino Gesù con sua Madre Maria e con san Giuseppe sono un'icona familiare semplice ma tanto luminosa. La luce che essa irradia è luce di misericordia e di salvezza per il mondo intero, luce di verità per ogni uomo, per la famiglia umana e per le singole famiglie. Questa luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l'armonia, manca il perdono. La nostra concreta solidarietà non venga meno specialmente nei confronti delle famiglie che stanno vivendo situazioni più difficili per le malattie, la mancanza di lavoro, le discriminazioni, la necessità di emigrare».

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
I miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2,30)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 I miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2,30) - (02/02/2014)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (Sacra Famiglia - Anno B):
 Il bambino cresceva pieno di sapienza (Lc 2,40) - (28/12/2014)
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 I miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2,20) - (27/12/2008)
(vai al post "Tutto vince l'amore!")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
L'offerta della sua e, con Lui, della nostra vita a Dio (31/01/2014)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia (Sacra Famiglia - Anno B):
La Famiglia di Nazaret: specchio della Famiglia divina eterna (29/12/2017)
Sulla terra, il divino modello dell'amore trinitario (26/12/2014)

Vedi anche i post:
L'incontro di Dio (02/02/2015)
L'amore fa vedere (02/02/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 2.2020)
  di Gianni Cavagnoli (VP 1.2014)
  di Enzo Bianchi

Commenti alla Parola nella domenica della Santa Famiglia - Anno B:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2017)
  di Luigi Vari (VP 11.2014)
  di Claudio Arletti (VP 11.2008)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 24 gennaio 2020

Un annuncio che rinnova la vita


3a domenica del Tempo ordinario (A)
Isaia 8,23b • Salmo 26 • 1 Corinzi 1,10-13.17 • Matteo 4,12-23
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Appunti per l'omelia

Gesù inizia il suo ministero non in Giudea o nella capitale Gerusalemme, che sono il centro della vita religiosa di Israele, ma in Galilea, una regione periferica circondata da territori pagani ("Galilea delle genti"). Gesù è il Messia anche dei pagani: è come l'esplodere della luce nelle tenebre, della vita in un luogo di morte. Dove arriva Gesù, arriva la luce e la vita per tutti, anche per i pagani.

Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino
È la sintesi del messaggio di Gesù. C'è un appello ("convertitevi"), che viene prima, ma dipende completamente dall'annuncio ("perché").
E l'annuncio è la buona notizia che riempie di gioia chi la riceve: il Regno dei Cieli, cioè di Dio, è vicino. Non è qualcosa di diverso o di separato da Dio, ma è Dio stesso che interviene e si manifesta come Signore, impegnandosi in favore degli uomini.
Se potessimo capire chi è Dio, capiremmo qualcosa del "Regno di Dio": Dio si fa incredibilmente vicino per eliminare ogni situazione di ingiustizia e di dolore. Il Regno non è ancora presente nella sua pienezza. Gesù, infatti, invita a chiederlo: "Venga il tuo Regno", ma è già una realtà che attende di diventare perfetta.
Il muoversi di Dio verso gli uomini esige, come risposta, il muoversi degli uomini verso di Lui. Di qui nasce l'appello: "convertitevi", volgetevi a Dio, volgetegli la faccia e il cuore, ascoltatelo con fiducia. Non voltategli le spalle, cercando la salvezza e la felicità lontano da Lui.

Seguitemi!
Il "convertitevi" è subito ripreso e precisato da un altro invito: "seguitemi". La conversione è legarsi a Gesù, diventare discepoli suoi. Abbiamo qui un racconto di vocazione: l'autore narra un fatto, ma ne sottolinea il significato a tal punto che il racconto è estremamente concentrato, quasi stilizzato. Come altri racconti simili, presenta uno schema fisso, dove ogni elemento è importante: Gesù passa; vede qualcuno, di cui si dice il mestiere e l'attività; chiama alla sua sequela; il chiamato lascia tutto; segue Gesù, cioè aderisce a Lui.
Da una parte, c'è l'iniziativa di Gesù: passa, vede, sceglie. Non è uno sguardo distratto o a caso, ma uno sguardo di intenso amore. Gesù chiama: è dono la chiamata, la decisione dell'uomo è risposta, non auto-candidatura. I maestri dell'epoca non andavano in cerca di discepoli, erano questi che sceglievano il maestro: è Gesù invece che sceglie i suoi discepoli. La sequela non è una conquista, ma un essere conquistati.
Dall'altra parte, l'iniziativa di Gesù provoca la risposta dei chiamati: risposta che è rottura con la situazione anteriore (come la professione o la famiglia); risposta che è dono totale a chi chiama per condurre un'esistenza nuova caratterizzata dalla comunione con Lui e da una missione: "Vi farò pescatori di uomini".
Tale risposta è soprattutto sequela: ciò che qualifica il discepolo di Gesù non è prima di tutto l' "imparare", ma il "seguire", il condividere il progetto di vita del Maestro.

La chiamata-risposta dei primi discepoli è emblematica per tutti i cristiani: vi si può rileggere e verificare la storia di ogni vocazione, battesimale e specifica. Anche oggi Gesù passa, vede, chiama a fare quel passo concreto di fedeltà a Lui.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono (Mt 4,20)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Convertitevi, il regno dei cieli è vicino (Mt 4,17) - (22/01/2017)
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 Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino (Mt 4,17) - (26/01/2014)
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 Non vi siano divisioni tra voi (1Cor 1,10) - (23/01/2011)
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Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
L'Amore di Dio, fonte della nostra felicità (20/01/2017)
La gioia di seguire Gesù (24/01/2014)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 1.2014)
  di Marinella Perroni (VP 1.2011)
  di Enzo Bianchi


(Immagine: La chiamata dei primi discepoli, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, aprile 2015)

venerdì 17 gennaio 2020

È vinto il male, è donato lo Spirito


2a domenica del Tempo ordinario (A)
Isaia 49,3.5-6 • Salmo 39 • 1 Corinzi 1,1-3 • Giovanni 1,29-34
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Appunti per l'omelia

Ecco l'agnello di Dio … che si carica il peccato del mondo
È un titolo notissimo, quasi logorato dall'uso. Il termine "agnello" rimanda all' "agnello pasquale" che, sacrificato nel tempio, veniva poi consumato nella cena pasquale celebrata in famiglia. Evoca, quindi, la liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto e la redenzione messianica, di cui quella dell'Esodo era una figura.
È evidente il messaggio dell'evangelista: Gesù è l'Agnello pasquale, che col suo sacrificio opera la liberazione definitiva dell'umanità.
L'opera di questo "agnello"è poderosa: "toglie il peccato del mondo". La forza del male, che è rifiuto egoistico di Dio e del prossimo, appare a volte come un fiume in piena che si ingrossa sempre più e che nulla sembra poter arginare. L' "agnello di Dio", che Dio stesso dona all'umanità, fa scomparire questo "peccato del mondo". In che modo? Con la sua parola rivelatrice, con la forza del suo Vangelo e, soprattutto, col sacrificio della sua vita. Il verbo "togliere" significa pure "caricarsi, prendere su di sé".
Non esiste nessuna situazione di così tragica lontananza da Dio che Gesù non possa far sua e trasformare: è la rivelazione della misericordia del Padre, più forte di ogni peccato, che rigenera l'uomo col perdono.

Ho visto lo Spirito scendere e rimanere su di Lui
L'altro aspetto dell'opera di Gesù è più positivo ancora: "battezza in Spirito Santo", propriamente "immerge" nello Spirito Santo, nella pienezza della vita, dell'amore e della gioia di Dio. Questo avviene nel Battesimo, ma più in generale è il dono permanente dello Spirito, che il Risorto fa alla Chiesa come frutto della sua morte redentrice. C'è un legame strettissimo fra lo Spirito Santo e il perdono. Si pensi ad esempio alla formula di assoluzione: "Dio Padre di misericordia... che ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati...". Non c'è esperienza del perdono senza l'esperienza dello Spirito.
Giovanni Battista fonda queste affermazioni sconvolgenti sull'esperienza da lui fatta nel battesimo di Gesù: ha "visto lo Spirito scendere e rimanere su di Lui". Ma chi può dare lo Spirito, se non Dio solo? Ecco, appunto, l'ultima scoperta di Giovanni e la sua testimonianza più alta: "Gesù è il Figlio di Dio".
Si avverte nelle parole di Giovanni una confessione di fede in Gesù straordinariamente ricca e profonda. Nelle azioni e titoli vertiginosi che il Battista applica a Gesù si coglie la sorpresa e la gioia intima del "testimone", felice di poter donare la rivelazione che ha ricevuto.
In ogni Eucaristia tutto ciò continua ad accadere: la presenza del Messia, la vittoria totale sul peccato e il dono dello Spirito, che sono frutto della sua Pasqua. E noi vi siamo coinvolti.
Giovanni riconosce che la sua scoperta dell'identità di Gesù è dono di rivelazione: "Io non lo conoscevo". Nella nostra vita di cristiani ogni passo avanti nella comprensione di Gesù è grazia, è dono. Grazia e dono che si accompagnano sempre ad una ricerca appassionata di Lui.
È essenziale alla vita di fede una relazione personale con Gesù, riconosciuto come l' "Agnello di Dio", l'unico donatore dello Spirito... Soltanto chi aderisce incondizionatamente a Gesù può dire come Giovanni Battista: "Ho visto e ho reso testimonianza...".
Gesù è l'unico tesoro al quale tutti i cristiani, pur ancora divisi tra loro, possono attaccare il proprio cuore. Nella misura in cui tutti - cattolici, anglicani, protestanti, ortodossi - crescono nel rapporto con Lui, progrediscono anche nella loro appartenenza reciproca. Ce lo richiama il tema della Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani (18-25 gennaio): "Ci trattarono con gentilezza" (Atti degli Apostoli 28,2).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ecco l'agnello di Dio (Gv 1,29)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Ecco l'agnello di Dio (Gv 1,29) - (15/01/2017)
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 Ecco colui che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29) - (19/01/2014)
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 Ecco colui che toglie il peccato del mondo ( Gv 1,29) - (16/01/2011)
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Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
L'Agnello che offre la sua vita, che mostra il volto di Dio (13/01/2017)
Colui che toglie il peccato del mondo (17/01/2014)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 1.2014)
  di Marinella Perroni (VP 1.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica


(Immagine: Ecco l'agnello di Dio, acquarello di Maria Cavazzini Fortini, gennaio 2018)

venerdì 10 gennaio 2020

Si è fatto uno di noi per farci come Lui


Battesimo del Signore (A)
Isaia 40,1-5.9-11 • Salmo 103 • Tito 2,11-14;3,4-7 • Luca 3,15-16.21-22
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Appunti per l'omelia

Tutto il tempo di Natale riempie i nostri occhi dell'immagine del Bambino che è nato per noi. Questa solennità ancora ci riporta ai tanti volti di bambini che hanno ricevuto e riceveranno, magari proprio in coincidenza con essa, il sacramento del battesimo. Il Cristo è nato bambino, figlio del Padre, perché ogni uomo, ogni bambino possa rinascere come figlio suo. Abbiamo celebrato una nascita. Quando un bambino viene battezzato, quando noi fummo battezzati, abbiamo celebrato una rinascita. Ciò che è Gesù siamo diventati noi, riconoscendo una paternità e una maternità più grande: quella del Dio che è Padre e Madre.
Dare la vita è qualcosa di talmente grande da avvicinate l'uomo al Creatore. Ogni nascita, in questo senso, è celebrazione di Dio. Il vangelo odierno parla dell'apertura dei cieli: si vede Dio, appunto, nel battesimo di Gesù.
I cieli squarciati sono consolazione e vittoria sulla solitudine. È un evento che parla al cuore e raggiunge il centro della persona, la sua profondità. Se l'uomo potesse accogliere per fede come verità basilare della vita le parole che il Padre pronuncia per Cristo: «Questi è il mio figlio, l'amato», quale futuro potrebbe fare paura? L'amore speciale e indiviso conferisce al cuore pace e armonia. Dona all'esistenza una base solida su cui è possibile costruire. Tutto l'amore che il Padre esprime al Figlio è quanto silenziosamente il Figlio esprime per tutta l'umanità.
Lo specifico matteano, nel racconto odierno, è il dialogo serrato che si svolge tra Gesù e il Battista. Il Battista vuole impedire a Gesù di essere battezzato. Il motivo è lampante: il lavacro amministrato dal Battista è un gesto penitenziale. Gesù non ha peccati da farsi perdonare. Piuttosto, Giovanni avrebbe necessità di essere battezzato dall'Unto del Signore. Eppure, proprio mettersi in fila con i peccatori, stare dalla loro parte, è la garanzia del fatto che nessuno è escluso o abbandonato da Gesù. Il peccato è lontananza dell'uomo da Dio, non di Dio dall'uomo. Gesù è solidale con i peccatori, pur essendo senza peccato. La sua silenziosa marcia verso il Giordano, assieme ad altri uomini carichi delle loro colpe, ha precisamente questo significato. Il suo battesimo è una vera immersione, non soltanto nell'acqua del Giordano, ma nell'umanità bisognosa di salvezza. Neppure un capello del Figlio di Dio è rimasto indenne da questa immersione. Non è inutile osservare che Gesù compare sulla scena perdendo qualunque reputazione di uomo speciale. Quando noi facciamo del bene cresce la nostra onorabilità. Cristo ha rinunciato subito per noi alla propria: è stato confuso con un peccatore qualunque.
La risposta data a Giovanni è allora tanto spiazzate quanto coerente. Sono le prime parole di Gesù nel Vangelo di Matteo. Egli si rifà precisamente all'unica categoria che qui parrebbe esclusa in partenza, quella della giustizia. È ingiusto che colui che è senza peccato compia un gesto penitenziale. Eppure, proprio il gesto del Cristo spinge a rivisitare completamente il senso di questo termine, per noi così centrale. Il battesimo di Gesù compie ogni giustizia. Nella Bibbia, la giustizia è la fedeltà di un essere alla propria identità: non è dare a ciascuno il suo, ma permettere a tutti di essere ciò che sono. È una categoria relazionale: Dio è giusto quando si si comporta divinamente e quando permette alla creatura di essere tale. Allo stesso modo, la creatura è giusta verso Dio quando non si erge a Creatore ma mantiene il proprio ruolo. Una relazione giusta tra coniugi in famiglia, dunque, sarà, per fare un esempio, quella che permette a entrambi di esprimere la propria identità e il proprio ruolo nella coppia.
Ora Dio vuole manifestarsi a noi per ciò che è, e consentire a noi di divenire ciò che siamo nel suo eterno progetto: figli amati. Allora il Figlio di Dio, innocente, il Santo di Dio viene a confondersi con i peccatori. Il giudice non è più di fronte agli imputati. Si mischia fra loro. Rinuncia alla sua posizione per assumere quella del colpevole. In fondo, la crocifissione non sarà altro che questo: mentre l'Agnello innocente muore come uno schiavo ribelle, il peccatore vede dischiuse le porte del Paradiso. Se il Figlio di Dio viene a coincidere con il peccatore è perché il peccatore è amato da Dio come se fosse suo Figlio.
In questo senso il perdono è la massima espressione della giustizia di Dio e il battesimo di Gesù ne è l'annuncio.
La giustizia di Dio trova il suo compimento quando crea la giustizia dell'altro, attraverso il perdono, con un atto assolutamente sovrano e immotivato. Giovanni si arrende alla semplice frase di Gesù che spalanca l'intero orizzonte storico-salvifico in tutta la sua forza. La Trinità tutta si manifesta come agente ultimo di questa stessa salvezza. Lo Spirito congiunge Cristo al Padre indicando il beneplacito del Padre e l'identità del Figlio. I cieli si aprono ed è possibile vedere Dio. Gesù sale dalle acque, lo Spirito scende dal cielo. Cielo, terra, acqua, Dio e uomo sono finalmente uniti.
Il compiacimento del Padre racconta quanto il Figlio abbia assunto il peso del peccato del mondo. Gesù è l'eletto, il Figlio amato, proprio in questa prospettiva di obbedienza. Egli diverrà il servo, come lascia intuire Isaia nella prima lettura, di una giustizia che domanda di riplasmare tutte le relazioni umane secondo un nuovo principio, per cui l'amore e la giustizia non possono essere disgiunti, come se il primo fosse appannaggio delle persone caritatevoli, mentre la seconda impegnasse lo Stato e la società civile senza che sia doveroso per questi spingersi oltre.
Assumere la vita dell'altro è un compito che va oltre la giustizia. Se il Battista non lo comprende, sarà Gesù a mostrarlo attraverso la sua pasqua, luogo a cui l'uomo accede non perché è giusto, ma perché è reso giusto; ossia è di nuovo reso capace di muoversi verso il Padre con autentico spirito filiale.

(da Claudio Arletti, Il Tesoro e la Perla, Commento ai Vangeli festivi dell'anno A)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù... vide lo Spirito di Dio venire sopra di lui (Mt 3,16)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anno A:
 Gesù venne da Giovanni per farsi battezzare (Mt 3,13) - (8/01/2017)
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 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (12/01/2014)
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 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (9/01/2011)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anni B e C:
 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11) - (7/01/2018 - Anno B)
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 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11) - (11/01/2015 – Anno B)
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 Vide lo Spirito discendere verso di lui (Mc 1,10) - (8/01/2012 – Anno B)
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 Lui vi battezzerà con lo Spirito Santo (Mc 1,8) - (9/01/2009 – Anno B)
(vai al post "Battezzati nello Spirito santo")
 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Lc 1,11) - (13/01/2019 – Anno C)
(vai al testo…)
 In te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22) - (10/01/2016 – Anno C)
(vai al testo…)
 Tu sei il Figlio mio: l'amato (Lc 3,22) - (13/01/2013 – Anno C)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anno A):
Per il Padre io come Gesù: Figlio amato (07/01/2017)
Siamo diventati Cristo (10/01/2014)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anni B e C):
Dal Giordano al Calvario: manifestazione dell'amore del Padre (06/01/2018 - Anno B)
Lo "sprofondare" del Figlio di Dio… per farci figli (09/01/2015 - Anno B)
Il Compiacimento del Padre (07/01/2012 - Anno B)
Figli amati, come Gesù (11/01/2019 - Anno C)
L'aprirsi del Cielo (08/01/2016 – Anno C)
Essere scelti dall'amore eterno di Dio (11/1/2013 – Anno C)

Commenti alla Parola (Anno A):
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Gianni Cavagnoli (VP 11.2013)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010)

Vedi anche Commenti alla Parola (Anni B e C):
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018 - Anno B)
  di Luigi Vari (VP 1.2015 – Anno B)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012 – Anno B)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009 – Anno B)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019 – Anno C)
  di Luigi Vari (VP 11.2015 – Anno C)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012 – Anno C)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009 – Anno C)

  di Enzo Bianchi (Anno A)
  di Enzo Bianchi (Anno B)
  di Enzo Bianchi (Anno C)

  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano (Anno A)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano (Anno B)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano (Anno C)
  di Letture Patristiche della Domenica (Anno B)
  di Letture Patristiche della Domenica (Anno C)

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

sabato 4 gennaio 2020

La gioia è il senso della grandezza di Dio tutta a disposizione dell'uomo


Epifania del Signore
Isaia 60,1-6 • Salmo 71 • Efesini 3,2-3a.5-6 • Matteo 2,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

I pellegrini che giunsero da oriente per adorare il Bambino erano astrologi, sapienti capaci di leggere i segni del cielo e dunque i grandi eventi della storia. In questo senso, l'astrologo, nell'antichità, era ritenuto uomo dotato di prerogative quasi soprannaturali. Il cielo, infatti, è la dimora di Dio. Chi ne afferrava i segreti aveva raggiunto il vertice del sapere umano.
Secondo il racconto di Matteo, i Maghi (così denominati nella versione dei LXX) venuti da oriente avevano colto con esattezza il tempo in cui il Re dei giudei sarebbe nato. Ma non conoscevano il luogo in cui il sovrano aveva visto la luce. Tutta la sapienza umana si risolve, dunque, in un calcolo esatto, ma incompleto. Ma ora servono le profezie di Israele. Serve la Scrittura, sconosciuta a quei nobili saggi, ma indispensabile. Mai la ragione umana è così degna quando sfocia nella constatazione del proprio limite. Il viaggio dei Maghi è immagine della ragione umana che avanza, cammina, ma giunge a fare domande a cui non può rispondere. La vera sapienza, nella Scrittura, non è la soluzione dell'enigma fondamentale della storia, ma il riconoscimento di un mistero davanti a cui inchinarsi. Solo i profeti di Israele possono, dunque, condurre alla piena adorazione questi sapienti venuti da lontano.
Il prosieguo del brano mostra Erode che raccoglie freneticamente notizie e convoca i sapienti di Gerusalemme per avere quei dati che mancano ai Maghi venuti da oriente. Ma la sua ricerca è finalizzata alla difesa del proprio potere. Erode non ha una mente libera di cercare la verità. Così anche il sapere rapido ed esatto degli scribi. Si tratta di nozioni tanto precise quanto sterili. Essi non sanno seguire le orme di quella verità che hanno facilmente rintracciato nelle Scritture. Non vivono di quanto sanno, ma separano la via dalla verità.
I Maghi venuti da oriente, invece, sanno domandare, camminare e soprattutto adorate. Il termine della loro strada e della loro scienza è proprio la prostrazione (letteralmente la propria "caduta" a terra). È, in fondo, una sorta di resa. Era probabilmente disdicevole che sapienti di quella levatura cadessero in ginocchio davanti a un bambino. Ma precisamente questa è l'essenza dell'adorazione: prostrarsi davanti al Dio che vedo e incontro senza pretendere che corrisponda alle mie istanze o ai miei desideri. Dio è Dio. Non è un prodotto del mio ragionamento.
Una tale ragione conosce la gioia («Gioirono enormemente di grande gioia»). È l'unica annotazione relativa a questo sentimento, in due capitoli segnati da odio, morte, violenza e persecuzione. La ragione che adora conosce la gioia. Il potere produce ricchezza e dà piacere, che può essere confuso con felicità. Ma se il primo è un prodotto dell'uomo, come pure anche la seconda, la gioia invece è altro. Viene da fuori, non è frutto del nostro sforzo più di quanto lo sia un'alba o un tramonto. La gioia ci sorprende per poi lasciarci un'indefinita nostalgia che ci permetterà un giorno di riconoscerla ancora. È il senso di un appagamento ancora a venire che tuttavia è più che mai desiderabile. È il segno della visita dell'Altro. La gioia è la stella che si ferma. La gioia è il Bambino che accoglie i doni dei Maghi. La gioia è il senso della grandezza di Dio tutta a disposizione dell'uomo. Si tratta di un sentimento così vasto che il cuore sembra piccolo. Non è sufficiente. È molto più di quanto ancora ci aspetta e abbiamo già sperimentato. I Maghi, conoscitori delle vie terrestri come di quelle celesti, divennero anche esperti, presso la casa del Bambino, delle vie del cuore che solo Dio può saziare. Libero dal potere, libero da quella sterile conservazione che è sclerosi, libero di viaggiare, il cuore di quei sapienti fu libero di conoscere il Dio della gioia.

(da Claudio Arletti, Il Tesoro e la Perla, Commento ai Vangeli festivi dell'anno A)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Siamo venuti per adorare il Signore (Mt 2,2) – (06/01/2019)
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 Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? (Mt 2,2) - (6/01/2018)
(vai al testo…)
 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 3,13) - (6/01/2017)
(vai al testo…)
 Videro il bambino… si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11) - (6/01/2016)
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 Siamo venuti ad adorarlo (Mt 2,2) - (6/01/2015)
(vai al testo…)
 Siamo venuti ad adorare il Signore (Mt 2,2) - (6/01/2013)
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 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2,10) - (6/01/2012)
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 Videro il Bambino con Maria sua madre (Mt 2,11) - (6/01/2011)
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 Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra (Sal 71) - (5/01/2009)
(vai al post "Il centro dell'universo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
Alla ricerca della "stella" (4/1/2019)
Aperti alla Novità dello Spirito, nonostante gli inevitabili errori (4/1/2018)
Le preferenze di Dio: gli ultimi, i lontani (5/1/2017)
Il cammino per l'incontro don Dio (5/1/2016)
Nel "Nulla d'amore" di Dio (5/1/2015)
Essere "epifania" di Dio (4/1/2014)
L'incontro con Gesù, nella "casa", con Maria (4/1/2013)
Guardare oltre, con nel cuore il mondo (5/1/2012)

Vedi anche i post:
La Stella, il dono che porta (6/1/2011)
Lo scambio dei doni (5/1/2010)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2013)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Marinella Perroni (VP 2010)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Claudio Arletti (VP 2008)
  di Enzo Bianchi (vol. A)
  di Enzo Bianchi (vol. B)
  di Enzo Bianchi (vol. C)

venerdì 3 gennaio 2020

Natale: Dio nell'uomo, essere abitati da Dio


2a domenica dopo Natale (A)
Siràcide 24,1-4.12-16 • Salmo 147 • Efesini 1,3-6.15-18 • Giovanni 1,1-18
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

La liturgia di questa seconda domenica dopo il Natale propone lo stesso Vangelo del giorno di Natale: il Natale si conquista lentamente. È lo stesso Vangelo, ma con una differenza: mentre a Natale l'attenzione, e l'emozione, erano rivolte alla discesa di Dio nella carne, nel tempo, nella notte, le letture oggi ci suggeriscono il movimento inverso. Si apre per noi come una finestra del tempo verso l'eterno, verso il cielo. Ora è la carne, la nostra umanità, che è assunta dalla Parola che è Dio, sale verso il cielo, l'uomo verso Dio.

E il Verbo si è fatto carne
Dio ricomincia da Betlemme. C'è un frammento della Parola, di questa Parola che è Dio, in ogni carne, qualcosa di Dio in ogni uomo; santità e luce in ogni vita. E nessuno potrà più dire: qui finisce la terra, qui comincia il cielo, perché ormai terra e cielo si sono abbracciati. Nessuno potrà dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché creatore e creatura si sono abbracciati e, almeno in quel neonato, uomo e Dio sono una cosa sola. Almeno a Betlemme.

In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini
È una pienezza traboccante di vita e di luce, che è per tutti gli uomini e non è rimasta nascosta, ma si è rivelata e si è comunicata: la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno vinta. Qui si profila il dramma degli uomini che si ostinano a rifiutare la Luce. Ma è prima di tutto la vittoria di Gesù sul male e sulla morte. Non si può soffocare la Luce, che è Lui, né impedire che molti si aprano a tale Luce.

A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio
Cristo nasce perché io nasca, perché nasca nuovo e diverso. La sua nascita vuole la mia nascita. Gesù non è venuto a portare un elenco di verità, ma vita da vivere; non ci ha comunicato una teoria religiosa, ma una forza di vita.
"Ha dato il potere di diventare figli di Dio", afferma l'evangelista Giovanni, non la semplice opportunità o l'occasione di diventare figli di Dio, ma il potere, la forza, l'energia, la vitalità per varcare la soglia della vita di Dio. Cristo è in questa nostra carne, nei nostri dubbi, nei nostri abbandoni, in questa fatica di credere, in questa gioia di credere. È in noi per dirci: amo la tua solitudine, il tuo cercare, amo le tue lacrime, anche la tua debolezza. Non c'è nulla della tua vita che mi lasci indifferente. Tu mi interessi, con la storia del tuo cuore, con la storia della tua casa. Voglio essere in te come luce e come sole, come strada e come pane, come roccia e come nido.

A quanti l'hanno accolto: Dio non si merita, si accoglie. L'uomo diventa ciò che accoglie in sé, ciò che lo abita. La Vita vera è essere abitati da Dio. Ecco la profondità ultima del Natale: Dio nell'uomo, essere abitati da Dio.
E il Verbo si fece carne: da una parte il Verbo, Dio, dall'altra la carne, l'uomo debole, fragile e mortale: solo l'amore li ha congiunti.
E venne ad abitare in mezzo a noi: "piantò la sua tenda", si fece uno dei miliardi di uomini, ma soprattutto la sua umanità - come la "tenda" nel deserto - è il luogo della dimora di Dio tra gli uomini. Ormai Dio si rende incontrabile in quest'uomo, che è Dio stesso divenuto uomo. In Lui i credenti possono riconoscere la gloria, la sua realtà di Figlio di Dio, pieno del "dono della verità", che è la rivelazione di Dio Amore, di Dio che è Padre. Per questo dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto.

Si realizza così e si rende comprensibile il disegno di Dio su ciascuno di noi, come scrive san Paolo «In Lui, nel Verbo, nel Figlio, il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per Lui, per Dio Padre, figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (cf. Ef 1,4-6).

Nel Vangelo abbiamo la fortuna di ricevere questa rivelazione, dimostrando sempre più la nostra realtà di figli come Gesù e in Gesù. Poterla interiorizzare, avendone una comprensione sempre più profonda, è il dono immenso che imploriamo dal Padre per noi e per gli altri.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E il Verbo… venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14)
(vai al testo)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Il Figlio unigenito: è lui che ha rivelato Dio (cf Gv 1,18) – (03/01/2016)
(vai al testo)
 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Gv 1,16) – (04/01/2015)
(vai al testo)
 Il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14) – (05/01/2014)
(vai al testo)
 La luce splende nelle tenebre (Gv 1,5) - (03/01/2010)
(vai al post "La luce che viene dall'alto")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
La profondità ultima del Natale: Dio nell'uomo (2/01/2016)
Figli come Gesù e in Gesù (2/01/2015)
Figli della Luce, generati dalla Parola (3/01/2014)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2020)
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mercoledì 1 gennaio 2020

Accogliere l'altro


Parola di Vita - Gennaio 2020
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Ci hanno trattati con rara umanità» (At 28,2).

Duecentosettantasei naufraghi raggiungono le coste di un'isola del Mediterraneo, dopo due settimane alla deriva. Sono fradici, sfiniti, terrorizzati; hanno sperimentato l'impotenza di fronte alle forze della natura e hanno visto la morte in faccia. Tra loro, c'è un prigioniero in viaggio verso Roma, per essere sottoposto al giudizio dell'imperatore.
Sì, perché questa cronaca non è uscita dal notiziario dei nostri giorni, ma è il racconto di un'esperienza dell'apostolo Paolo, condotto a Roma per coronare la sua missione di evangelizzatore attraverso la testimonianza del martirio.
Egli, sorretto dalla sua incrollabile fede nella Provvidenza, nonostante la condizione di prigioniero, è riuscito a sostenere tutti gli altri compagni di sventura, fino all'approdo sulla spiaggia di Malta.
Qui, gli abitanti vanno loro incontro, li accolgono intorno a un grande fuoco per ristorarsi e successivamente si prendono cura di loro. Alla fine dell'inverno, dopo circa tre mesi, daranno loro il necessario per ripartire in sicurezza.

«Ci hanno trattati con rara umanità».

Paolo e gli altri naufraghi sperimentano l'umanità calda e concreta di una popolazione non ancora raggiunta dalla luce del Vangelo. È un'accoglienza non frettolosa e impersonale, ma che sa mettersi al servizio dell'ospite, senza pregiudizi culturali, religiosi o sociali. Per realizzarla è indispensabile il coinvolgimento personale e dell'intera comunità.
La capacità di accogliere l'altro fa parte del Dna di ogni persona, come creatura che porta impressa in sé l'immagine del Padre misericordioso, anche quando la fede cristiana non si è ancora accesa o si è affievolita. È una legge scritta nel cuore umano, che la Parola di Dio mette in luce e valorizza, da Abramo [1], fino alla sconvolgente rivelazione di Gesù: «Ero forestiero e mi avete accolto» [2].
Il Signore stesso ci offre la forza della sua grazia, perché la nostra fragile volontà arrivi alla pienezza dell'amore cristiano.
Con questa esperienza, Paolo ci insegna anche a confidare nell'intervento provvidenziale di Dio, a riconoscere ed apprezzare il bene ricevuto attraverso l'amore concreto di tanti che incrociano il nostro cammino.

«Ci hanno trattati con rara umanità».

Questo versetto del Libro degli Atti degli apostoli è stato proposto da cristiani di varie Chiese dell'isola di Malta, come motto per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2020 [3]. Queste comunità sostengono insieme numerose iniziative a favore di poveri e immigrati: distribuzione di cibo, abiti e di giocattoli per i bambini, lezioni di lingua inglese per favorire l'inserimento sociale. Il desiderio è rafforzare questa capacità di accoglienza, ma anche alimentare la comunione tra cristiani appartenenti a Chiese diverse, per testimoniare l'unica fede.
E noi, come testimoniamo ai fratelli l'amore di Dio? Come contribuiamo alla costruzione di famiglie unite, città solidali, comunità sociali veramente umane? Così ci suggerisce Chiara Lubich: «Gesù ci ha dimostrato che amare significa accogliere l'altro così com'è, a quel modo con cui egli ha accolto ciascuno di noi. Accogliere l'altro, con i suoi gusti, le sue idee, i suoi difetti, la sua diversità. […] Fargli spazio dentro di noi, sgombrando dal nostro cuore ogni prevenzione, giudizio e istinto di rifiuto. […] Noi non diamo una gloria così grande a Dio come quando ci sforziamo di accettare il nostro prossimo, perché allora gettiamo le basi della comunione fraterna e niente dà tanta gioia a Dio quanto la vera unità tra gli uomini. L'unità attira la presenza di Gesù tra di noi e la sua presenza trasforma ogni cosa. Avviciniamo allora ogni prossimo con questo desiderio d'accoglierlo con tutto il cuore e di stabilire presto o tardi con lui l'amore reciproco» [4].

Letizia Magri

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[1] Cf. Gen 18,1-16.
[2] Mt 25,35.
[3] La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani viene celebrata ogni anno, nell'emisfero Nord dal 18 al 25 gennaio, nell'emisfero Sud tra la festa dell'Ascensione e quella di Pentecoste.
[4] C. Lubich, Parola di Vita dicembre 1986, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma, 2017) p. 75-376.


Fonte: Città Nuova n. 12/Dicembre 2019