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mercoledì 30 ottobre 2019

I santi della porta accanto


Solennità di Tutti i Santi
Apocalisse 7,2-4.9-14 • Salmo 23 • 1 Giovanni 3,1-3 • Matteo 5,1-12a
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Appunti per l'omelia
(dall'Esortazione apostolica Gaudete et exsultate di papa Francesco)

«Rallegratevi ed esultate» (Mt 5,12), dice Gesù a coloro che sono perseguitati o umiliati per causa sua. Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente.
I santi che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d'amore e di comunione. Lo attesta il libro dell'Apocalisse quando parla dei martiri che intercedono: «Vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: "Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia?"» (6,9-10). Possiamo dire che «siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta.

I santi della porta accanto
Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità "della porta accanto", di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un'altra espressione, "la classe media della santità".
La santità è il volto più bello della Chiesa. Ma anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita «segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo».

Il Signore chiama
Vorrei ricordare la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44; 1Pt 1,16). Il Concilio Vaticano II lo ha messo in risalto con forza: «Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste» (LG 11).
«Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.
Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: "Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore". Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troverai tutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità. Il Signore l'ha colmata di doni con la Parola, i Sacramenti, i santuari, la vita delle comunità, la testimonianza dei santi, e una multiforme bellezza che procede dall'amore del Signore, «come una sposa si adorna di gioielli» (Is 61,10).
Questa santità a cui il Signore ti chiama andrà crescendo mediante piccoli gesti. Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: "No, non parlerò male di nessuno". Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un'altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l'amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un'altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti.

La tua missione in Cristo
Per un cristiano non è possibile pensare alla propria missione sulla terra senza concepirla come un cammino di santità, perché «questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4,3). Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo. Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprendere solo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i misteri della sua vita. Consiste nell'unirsi alla morte e risurrezione del Signore in modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente con Lui.

Più vivi, più umani
Non avere paura della santità. Non ti toglierà forze, vita e gioia. Tutto il contrario, perché arriverai ad essere quello che il Padre ha pensato quando ti ha creato e sarai fedele al tuo stesso essere. Dipendere da Lui ci libera dalle schiavitù e ci porta a riconoscere la nostra dignità.
Ogni cristiano, nella misura in cui si santifica, diventa più fecondo per il mondo.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoghe Parola-sintesi a suo tempo pubblicate:
 Beati i poveri in spirito (Mt 5,3) (1° novembre 2018)
(vai al testo)
 Gesù si mise a parlare e insegnava loro (Mt 5,2) (1° novembre 2017) (vai al testo)
 Beati i misericordiosi (Mt 5,7) (1° novembre 2016) (vai al testo)
 Beati i poveri in spirito ( Mt 5,3) (1° novembre 2015) (vai al testo…)
 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia ( Mt 5,7) (1° novembre 2014) (vai al testo…)
 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ( Mt 5,8) (1° novembre 2013) (vai al testo…)
 Rallegratevi ed esultate, grande è la vostra ricompensa nei cieli (Mt 5,12) - (31/10/2008)
(vai al post "La promessa della gioia piena")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
 Felicità, meta irraggiungibile? (31/10/2018)
  Le Beatitudini, il cuore del Vangelo: il desiderio prepotente di un mondo totalmente diverso (31/10/2017)
  Come farsi santi? (31/10/2016)
  Nelle Beatitudini la regola della santità (30/10/2015)
  La santità è innamorata dell'oggi (30/10/2014)
  Ciò che sta più a cuore a Dio: la nostra felicità! (31/10/2013)
  La gioia del Cielo (31/10/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Cettina Militello (VP 10.2017)
  di Cettina Militello (VP 9.2016)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2013)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Marinella Perroni (VP 9.2011)
  di Giovanni Cavagnoli (VP 9.2014)
  di Claudio Arletti (VP 9.2010)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno A)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno B)
  di Enzo Bianchi (vol. Anno C)

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COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI
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Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2019)
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venerdì 25 ottobre 2019

Chi è grande nel cuore del Padre?


30a domenica del Tempo ordinario (C)
Siracide 35,15-17.20-22 • Salmo 33 • 2 Timoteo 4,6-8.16-18 • Luca 18,9-14
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Appunti per l'omelia

Non sono come gli altri uomini
Gesù non condanna il fariseo per le opere buone, ma perché si giudica giusto da solo, si sente più bravo degli altri e non si domanda: Come mi vede Dio?
Anche noi possiamo essere farisei: ogni volta che condanniamo le debolezze degli altri e ci sentiamo migliori di altri; ci vantiamo del bene che facciamo e siamo sicuri che Dio è contento di noi; giudichiamo la nostra vita già a posto e non ci confrontiamo con la Parola di Dio, per rinnovare il nostro modo di usare il denaro e il tempo, di vivere in famiglia e al lavoro, di diffondere fraternità nella comunità civile ed ecclesiale…
Il cristiano non è uno che si limita a "non fare il male", ma cerca di "fare il bene" sullo stile di Gesù. «Chi dice di dimorare nel Cristo, deve comportarsi come Lui si è comportato» ci ricorda Giovanni (cf 1Gv 2,6).
Ed allora esaminiamoci e vediamo se ci sono atteggiamenti nella nostra vita per cui possiamo riconoscerci "farisei" e se sentiamo il bisogno di confrontarci quotidianamente col Vangelo.

Abbi pietà di me peccatore
Gesù non loda il pubblicano per la sua vita, ma perché si riconosce peccatore e fa conto dell'amore di Dio.
Potremmo dire che è preferibile chi, in situazione irregolare, accetta di non poter ricevere i Sacramenti a chi, dicendosi "praticante", li vive come un diritto.
L'atteggiamento del pubblicano si manifesta nel conservare la stima, anche quando si vedono le debolezze, nel cercare la Parola di Dio per cambiare lo stile di vita e di pensiero, nell'affidarci all'amore gratuito del Padre, nel riconoscere che Gesù ha dato la vita per tutti e si è "caricato" del peccato dell'umanità.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 O Dio, abbi pietà di me peccatore (cf Lc 18,13) - (23/10/2016)
(vai al testo)
 Tornò a casa sua giustificato (Lc 18,14) - (27/10/2013)
( vai al testo…)
 La preghiera del povero attraversa le nubi (Sir 35,21) - (22/10/2010)
(vai al post "La preghiera del povero")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Aprirsi alla misericordia, unica onnipotenza di Dio (21/10/2016)
  La preghiera che piace a Dio (25/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
  di Cettina Militello (VP 8.2016)
  di Marinella Perroni (VP 8.2013)
  di Claudio Arletti (VP 8.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica


venerdì 18 ottobre 2019

Fede e Preghiera


29a domenica del Tempo ordinario (C)
Esodo 17,8-13 • Salmo 120 • 2 Timoteo 3,14-4,2 • Luca 18,1-8
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Appunti per l'omelia

Perché pregare? Che senso ha pregare? Pregare è forzare Dio a fare la nostra volontà?

Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
È Gesù risorto che si rivolge ai cristiani delle comunità di Luca: è alle loro domande che Luca vuole dare una risposta. Siamo negli anni 80 e in Asia Minore è iniziata la persecuzione: Domiziano pretende che tutti lo adorino come un dio. L'istituzione religiosa pagana si è adeguata, i cristiani no. Non possono inchinarsi al dio Domiziano e per questo subiscono angherie e discriminazioni.
Ora risulta chiaro chi è la vedova della parabola: è la Chiesa di Luca, alla quale è stato sottratto lo sposo e che attende il suo ritorno. La tentazione, per i cristiani, è lo scoraggiamento e la sfiducia di fronte alla lunga attesa dello sposo che tarda a manifestarsi.
La frase non si riferisce, infatti, alla fine del mondo, ma alla venuta di Gesù in questo mondo. Di fronte all'inspiegabile lentezza del giudice, la vedova avrebbe potuto rassegnarsi e disperare di poter un giorno ottenere giustizia.
Il Signore mette in guardia la comunità cristiana contro il pericolo dello scoraggiamento, della rassegnazione. Egli viene certamente (Li farà aspettare a lungo?), ma trova i suoi, cioè noi, pronti ad accoglierlo? Di qui l'invito a chiedere: "Signore, aumenta la nostra fede".
La vedova, nella Bibbia, è il simbolo della persona indifesa, esposta ai soprusi, che non può ricorrere a nessuno se non al Signore. Non ha soldi per pagare l'avvocato; ha in mano solo una carta e la gioca: importunare il giudice.
Chi rappresenta il giudice? Rappresenta la situazione insostenibile nella quale vengono a trovarsi i discepoli in questo mondo, che sembra a volte dominato dal maligno ed è segnato dalla morte.
Oggi questa situazione insostenibile è rappresentata dai soprusi, dalle violenze, dalle frodi ai più poveri, dalle guerre che nascondono interessi. E anche da quegli avvenimenti inspiegabili che ci turbano e che sono contrari al nostro anelito di vita.
La preghiera non va identificata con la monotona ripetizione di formule che snervano chi le recita, il prossimo che ascolta e … forse anche Dio! Pregare sempre significa allora non prendere alcuna decisione senza prima aver "consultato" il Padre, alla maniera di Gesù, senza chiedere allo Spirito di "suggerirci" qual è la "volontà di Dio".
In concreto, i nemici della vita, che si chiamano passioni, reazioni istintive, prendono il sopravvento. È questo rapporto con Dio che ci permette di controllare l'impazienza, ci impedisce di forzare le coscienze e ci insegna a rispettare le persone…
Intesa così la preghiera, si può comprendere quel detto: "Chi prega si salva, chi non prega si danna". Pregare sempre coincide allora con il cercare di "essere Gesù" momento per momento.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Necessità di pregare sempre, senza stancarsi (Lc 18,1)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 È necessario pregare sempre (cf Lc 18,1) - (16/10/2016)
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 L'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2Tm 3,17) - (20/10/2013)
( vai al testo…)
 Annuncia la Parola (2Tm 4,2) - (15/10/2010)
(vai al post "Annuncio e preghiera")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La preghiera: il respiro della vita (14/10/2016)
  La perseveranza nella preghiera (18/10/2013)

Commenti alla Parola:
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venerdì 11 ottobre 2019

Essere guariti nel "grazie"


28a domenica del Tempo ordinario (C)
2Re 5,14-17 • Salmo 97 • 2 Timoteo 2,8-13 • Luca 17,11-19
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Appunti per l'omelia

Mentre andavano, furono sanati
I lebbrosi gridano la loro richiesta di aiuto a Gesù e questo è già un primo passo nella fede. Ma sono guariti solo dopo che si mettono in cammino per obbedire alla parola di Gesù. Vanno dai sacerdoti a far constatare la guarigione per rientrare nella comunità, quando sono ancora malati, e questo solo sulla parola di Gesù.
Gesù chiede un passo importante nella fede: ascoltare e vivere la sua Parola. Obbedire alla sua Parola purifica, guarisce dalla "lebbra" del non-amore, ci fa "nuovi", soprattutto ci fa sperimentare Gesù risorto e vivo. Per fare questa esperienza, si può cominciare a vivere, per esempio, la Parola che in certo senso riassume il Vangelo: «Ciò che fai al più piccolo dei miei fratelli, lo fai a me!».
Allora possiamo chiederci: l'ascolto della Parola ci porta all'incontro con Gesù? E quante volte richiamiamo il Vangelo per attingerne lo stile di vita?

Si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo
Non è solo storia di guarigione, ma di conversione. Poiché sa riconoscere la guarigione come "dono", riceve il dono di capire chi è Gesù: non solo uno che offre il bene e i doni di Dio, ma, insieme al Padre, è il Bene, l'Amore.
Siamo circondati dai doni del Padre (la salute, il cibo, la casa, la vista, l'essere amato e il saper amare, il Vangelo come "luce di vita"...), ma poco abituati a riconoscerli: rischiamo di vedere di più ciò che manca o che va male.
Manca spesso la radice: scoprire il "dono" più grande del Padre, Gesù e il Vangelo, e saperne dir grazie, anche pubblicamente. L'Eucaristia è l'atto "pubblico" per eccellenza del nostro "grazie" e ci porta a riconoscere gli altri doni disseminati nella vita.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Uno tornò indietro lodando Dio! (Lc 17,15) - (09/10/2016)
(vai al testo)
 Gesù, Maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) - (13/10/2013)
( vai al testo…)
 Si prostrò davanti a Gesù per ringraziarlo (Lc 17,16) - (08/10/2010)
(vai al post "Gratitudine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La fede: libera risposta all'amore di Dio (07/10/2016)
  La fede che salva (11/10/2013)

Commenti alla Parola:
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(Illustrazione: "Il lebbroso guarito", acquarello di Maria Cavazzini Fortini)

venerdì 4 ottobre 2019

Spostare le "montagne" con la fede


27a domenica del Tempo ordinario (C)
Abacuc 1,2-3;2,2-4 • Salmo 94 • 2 Timoteo 1,6-8.13-14 • Luca 17,10-10
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Appunti per l'omelia

Se aveste fede quanto un granello di senapa
Non occorre fare opere grandi o gesti eroici: basta anche "un granello", basta poco, un sorriso, una parola, una rinuncia, un atto di amore, un "sì" a una parola del Vangelo, una preghiera, un dovere compiuto bene... purché fatto come risposta d'amore al Padre, per veder attuarsi cose apparentemente impossibili.
Si permette al Padre di farsi presente e di operare col dono dello Spirito.
Ogni atto di vera fede rende possibile lo "sradicamento" dell'indifferenza e dell'egoismo attorno e dentro di noi: solo così si possono risolvere incomprensioni in famiglia, avviare la comprensione e la collaborazione fra generazioni, fra categorie sociali, fra gruppi politici, fra cristiani litigiosi e divisi...
E allora chiediamoci: Quali "montagne" sposta la nostra fede? Ci attendiamo più risultati dalle nostre opere e idee o dal vivere il Vangelo di Gesù?

Abbiamo fatto quanto dovevamo fare
Gesù non descrive tanto l'atteggiamento del Padre verso di noi, ma il nostro verso di Lui. Sentirci "figli" ci porta non tanto ad un atteggiamento di dipendenza, ma di fiducia. L'eseguire "gli ordini ricevuti" (riconoscere nel cammino della vita i segni della sua volontà) non ci porta tanto ad un atteggiamento di "pretesa" nei confronti del Padre, ma a scoprire che c'è un "disegno" di felicità in atto: "mangerai e berrai anche tu".
È l'atteggiamento dell'amore: fidarsi di colui che si ama, fino al punto di non chiedergli tornaconti, perché è l'amore stesso che "paga".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Accresci in noi la fede! (Lc 17,6)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Se aveste fede quanto un granello di senape… (Lc 17,6) - (02/10/2016)
(vai al testo)
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (06/10/2013)
( vai al testo…)
 Accresci in noi la fede! (Lc 17,6) - (01/10/2010)
(vai al post "Una fede autentica")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La fede, un "niente" che può "tutto" (30/09/2016)
  La potenza inaudita della fede (04/10/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 9.2019)
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  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

martedì 1 ottobre 2019

Custodire e trasmettere il "dono" ricevuto


Parola di Vita - Ottobre 2019
(Clicca qui per il Video del Commento   -   oppure...)

«Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato» (2Tm 1,14).

L'apostolo Paolo scrive a Timoteo, suo "figlio nella fede" [1], con cui ha condiviso la sua attività evangelizzatrice ed al quale ha affidato la comunità di Efeso.
Sentendosi vicino alla morte, Paolo lo incoraggia in questo impegnativo compito di guida. Timoteo infatti ha ricevuto un "bene prezioso", cioè il contenuto della fede cristiana, così come gli apostoli lo hanno trasmesso, ed ha la responsabilità di comunicarlo a sua volta, fedelmente, alle generazioni successive.
Per Paolo ciò significa proteggere e far risplendere il dono ricevuto, disposto anche a dare la vita per diffondere la lieta notizia che è il Vangelo.

«Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato».

Paolo e Timoteo hanno ricevuto lo Spirito Santo come luce e garanzia per il loro insostituibile compito di pastori ed evangelizzatori. Attraverso la loro testimonianza e quella dei loro successori, l'annuncio del Vangelo è arrivato fino a noi.
Allo stesso modo, ogni cristiano ha la sua "missione" nella propria comunità sociale e religiosa: costruire una famiglia unita, educare i giovani, impegnarsi nella politica e nel lavoro, prendersi cura delle persone fragili, illuminare la cultura e l'arte con la sapienza del Vangelo vissuto, consacrare la vita a Dio per il servizio dei fratelli.
Anzi, secondo le parole di papa Francesco ai giovani, «[...] ogni uomo e donna è una missione [...]» [2]. Il mese di ottobre 2019 è stato proclamato dalla Chiesa Cattolica "Mese missionario straordinario". Può essere anche per noi l'occasione di rinnovare consapevolmente l'impegno a testimoniare la nostra fede, con il cuore aperto e dilatato dall'amore evangelico che genera accoglienza, incontro e dialogo [3].

«Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato».

Ogni cristiano è "tempio" dello Spirito Santo, che permette di scoprire e custodire i "beni preziosi" che gli sono affidati, per farli crescere e metterli al servizio di tutti. Il primo di questi "tesori" è la fede nel Signore Gesù. Occorre che noi cristiani la risvegliamo e la nutriamo con la preghiera, per poi comunicarla attraverso la testimonianza della carità.
Racconta J. J., un sacerdote ordinato da poco: «Mi è stata affidata la cura dei fedeli di una grande chiesa cattolica in una metropoli brasiliana. L'ambiente sociale è molto difficile e spesso le persone che incontro non hanno una identità religiosa definita; per questo partecipano sia alla messa che ad altre antiche cerimonie tradizionali. So di essere responsabile di trasmettere la fede cristiana nella fedeltà al Vangelo, ma desidero anche che tutti si sentano accolti in parrocchia. Ho pensato che, per valorizzare le radici culturali di queste persone, la celebrazione della messa poteva essere più festosa ed animata da strumenti musicali tipici delle loro culture. È una sfida impegnativa, ma che rende tutti felici perché, invece di dividere la comunità, ci unisce in ciò che abbiamo in comune: la fede nel Dio che ci dona la gioia».

«Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato».

Un altro tesoro inestimabile che abbiamo ricevuto da Gesù stesso è la sua parola, che è parola di Dio.
Questo dono «[...] comporta da parte nostra una grande responsabilità [...]. Dio ci ha dato la sua parola perché noi la facessimo fruttificare. Egli vuole vedere attuata nella nostra vita e nella nostra azione nel mondo quella trasformazione profonda, di cui essa è capace. [...]. Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Amando la parola di Dio, cercando di conoscerla sempre meglio e soprattutto mettendola in pratica con sempre maggiore generosità, in modo che essa diventi realmente il nutrimento base della nostra vita spirituale, il nostro maestro interiore, la guida della nostra coscienza, il punto di riferimento incrollabile di tutte le nostre scelte e di tutte le nostre azioni. [...] Nelle coscienze c'è tanto smarrimento e confusione, tutto tende a relativizzarsi e ad annebbiarsi. Vivendo la parola di Dio non solo saremo muniti contro questo grave pericolo ma, secondo la significativa espressione di Gesù (cf Mt 5,15-16), diventeremo delle lampade accese, le quali con la loro luce aiuteranno anche gli altri ad orientarsi ed a ritrovare il retto cammino» [4].

Letizia Magri

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[1] 1Tm 1,2.
[2] Cf. FRANCESCO, Messaggio per la giornata missionaria mondiale 2018.
[3] Per maggiori informazioni, vedi www.october2019.va.
[4] C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma, 2017), p. 486.


Fonte: Città Nuova n. 9/Settembre 2019