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venerdì 22 novembre 2013

Il Re che offre la sua vita


Cristo Re - 34a domenica del T.O. (C)


Appunti per l'omelia

Oggi la Chiesa conclude l'anno liturgico celebrando solennemente Cristo Re dell'universo. Questa festa esprime in sintesi tutto il mistero cristiano: "Gesù Cristo è centro del cosmo e della storia. Lui, solo Lui, è il Redentore dell'uomo" (Giovanni Paolo II).
San Paolo, nell'inno di Colossesi 1,12-20, celebra la suprema regalità di Cristo, la sua posizione centrale nella storia della creazione e della redenzione. In Lui si è reso visibile e accessibile il volto di Dio. In Lui tutta l'umanità è riconciliata e ricondotta al Padre. In Lui trova senso e unità l'universo intero. Egli è il "cuore" del mondo e della Chiesa.
Nella scena drammatica che il Vangelo di oggi riporta (cf Lc 23,35-43), all'interno del racconto della passione, possiamo cogliere il significato vero della regalità di Gesù. «Sopra di lui c'era anche una scritta: "Costui è il re dei Giudei"». È la motivazione della condanna: Gesù è un ribelle che ha attentato alla sovranità unica dell'imperatore romano. Il discepolo, però, che legge queste parole vi scopre la dichiarazione di un mistero profondo: Gesù è veramente re, ma solamente agli occhi della fede e in un modo che è diametralmente opposto alla concezione umana della regalità. Un re che ha come trono la croce.
Il discepolo, che contempla con amore e gratitudine sconfinata il suo Maestro e Signore fra i tormenti della passione, riconosce la sua solidarietà estrema con gli uomini peccatori che lo porta a soffrire per loro e con loro. Questi è il Re che offre la sua vita per i suoi!
I nemici di Gesù sfogano il loro odio, lanciano l'ultima sfida: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Così l'incapacità di Gesù di salvare se stesso e gli altri dimostra all'evidenza che Lui non è re, non è il Messia. Ma Gesù non raccoglie la sfida. Sulla croce Egli non salva se stesso, ma dona se stesso per salvare noi. Proprio con la sua morte è venuto a salvare coloro che si convertono e credono in Lui. Li salva perdonandoli e promettendo di portare con sé nella gloria del Padre quanti lo riconoscono come Messia, come re.
Così, il malfattore pentito non si associa agli insulti proferiti dall'altro malfattore, ma lo rimprovera. Confessa la propria colpevolezza, riconosce la perfetta innocenza di Gesù e si rivolge a Lui con una domanda che esprime pentimento e fede messianica: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Una fede straordinaria! Il ladrone, crede che Gesù introdurrà il Regno di Dio, che comporta la risurrezione dei morti. Lo crede nonostante la situazione tragica e irreparabile del Messia, crocifisso e morente come lui. Che cosa ha potuto provocare e motivare tale fede? La preghiera di Gesù per i suoi uccisori: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno!». Il ladrone si converte perché ha ascoltato questa preghiera di Gesù. Ha percepito la profondità inaudita del rapporto filiale che Gesù vive con Dio e ha capito fino a che punto arriva il suo amore. E la risposta di Gesù supera ogni attesa: «In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso».

Ecco il nostro Re! Non colui che domina e umilia con l'arroganza del potere. Ma colui che serve fino a dare la vita. Colui che si "perde" tra i "perduti". Colui che proprio morendo salva. La qualità e la misura della sua regalità è l'amore, l'amore che si fa servizio fino alla morte. Riconoscerlo come Re significa convertirsi, accogliere il suo perdono e imparare a servire col suo stile e la sua dedizione.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Oggi con me sarai nel paradiso (Lc 23,43)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Vedi anche il post:
Il nostro Re, lo riconosce chi ama (21 novembre 2010)


Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi

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