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venerdì 31 agosto 2018

Il "cuore", non il precetto


22a domenica del Tempo Ordinario (B)
Deuteronomio 4,1-2.6-8 • Salmo 14 • Giacomo 1,17-18.21b-22.27 • Marco 7,1-8.14-15.21-23
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini
Gesù avverte del pericolo di dare più importanza alle regole e alla usanze inventate dagli uomini, che alla Parola di Dio.
Si trova il tempo per ciò che la società di oggi chiede: l'igiene, l'apparire, l'essere informati, fare viaggi; e non si dà la stessa importanza a ciò che Gesù chiede. Ma anche nella ricerca di Dio c'è il rischio di dare più importanza alla pratiche religiose, alle tradizioni e abitudini e a metodi inventati dagli uomini che non al cammino di conversione proposto dalla Parola di Dio.
Se facciamo anche tante pratiche religiose, ma trascuriamo i momenti di ascolto e di confronto con la Parola, o ci limitiamo ad ascoltarla per subito dimenticarla, trascuriamo il rapporto vitale con Gesù.
Se invece ci confrontiamo spesso con il Vangelo, personalmente e nella condivisione con altri; se lo richiamiamo alla memoria e cerchiamo di agire e parlare guidati dalla Parola di Gesù, e non solo dal buon senso o dallo stile di tanti; se la luce del Vangelo vissuto proviamo a comunicarcela tra noi, allora Gesù diventa il punto di riferimento illuminante della nostra vita.
Proviamo a ripensare al Vangelo della domenica, lo utilizziamo come preghiera ed esame di coscienza, abbiamo qualche occasione di condivisione?

Sono le cose che escono dall'uomo a contaminarlo
Non basta compiere le opere buone o i gesti e le pratiche religiose. La prima cura è cambiare il cuore, curare i pensieri e le intenzioni, coltivare desideri giusti, perché sono il fondamento delle opere.
La Messa e le funzioni religiose possono diventare dei "precetti" o delle pure "pratiche" da svolgere; i gesti di generosità quasi un modo per sentirci "bravi"; lo sforzo di essere onesti e giusti una veste per "obbedire" ad un cliché esteriore, senza l'esperienza di una vera gioia…
Se invece ascoltiamo regolarmente il Vangelo di Gesù e ci alleniamo a dire: "Gesù pensa così e vive così… Io voglio pensare e vivere come Lui…", moltiplicheremo gli atti di fiducia nel Padre, i gesti di carità e di condivisione dei beni, le decisioni di fedeltà nel matrimonio, e sperimenteremo il senso della gioia e della luce interiore.
Ci alleniamo a coltivare pensieri giusti e non solo a fare opere esteriormente giuste?

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini (Mc 7,8)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6) - (30/08/2015)
(vai al testo…)
 Questo popolo mi onora con le labbra (Mc 7,6) - (02/09/2012)
(vai al testo…)
 Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto (Gc 1,22) - (28/08/2009)
(vai al post "Aderire alla Parola")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Un cuore nuovo… (28/08/2015)
  La "pulizia" del cuore (31/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Stefano Pachì)

mercoledì 29 agosto 2018

Nella fedeltà di Dio, la radice del mio amore


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di agosto.

«Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele» (Ger 31,3).

Dio ci ama con un amore di eternità e questo amore ha una forza che va oltre i nostri limiti. È amando che supereremo tutte le barriere, non conosceremo ostacoli che possano impedirci di raggiungere la meta, di raggiungere Dio.
Credere nell'amore di Dio è sperare sempre. È avere la speranza che richiede azione e non passività, che richiede di ricominciare con nuovo slancio ogni giorno, perché chi spera ha una meta da perseguire e si impegna per raggiungerla. L'impegno è la nostra parte, la speranza è il dono di Dio. È vero, siamo ben coscienti di non essere così stabili nel nostro impegno, pur sincero, di amare Dio e i fratelli, la fedeltà di Dio per noi è garantita, ci previene sempre, a prescindere dalle nostre "prestazioni".
La fiducia in noi stessi può essere il frutto del vivere con amore, del ricominciare e dell'accettare i propri limiti. La speranza, infatti, è la consapevolezza che non siamo mai soli. La nostra è una strada percorsa a due, Dio è il nostro compagno di viaggio. Dio ci ama immensamente. La dimensione eterna e irrevocabile della fedeltà di Dio è una qualità del suo amore.
Allora "credere" è sentirsi guardati e amati da Dio; è sapere che ogni nostra preghiera, ogni parola, ogni avvenimento lieto o triste, ogni malattia… tutto è guardato da Dio. E se Dio è Amore, la fiducia completa in lui non è che la logica conseguenza. Ognuno può abbandonarsi al suo amore, sicuro di essere compreso, confortato, aiutato. Con questa gioiosa certezza possiamo sollevarci dal nostro orizzonte limitato, rimetterci ogni giorno in cammino e diventare anche noi testimoni di questa tenerezza "materna" di Dio.
Come risposta all'amore di Dio facciamo l'esperienza che l'amore copre tutti i difetti, copre i difetti di chi ama, copre i difetti di coloro che sono amati.
Dio ci ama con amore immenso, ci accoglie come siamo, con i nostri difetti. E se qualche cambiamento positivo si verifica nel nostro cuore, è attraverso il suo amore infinito.
Quando amiamo l'altro senza condannarlo, l'effetto positivo ricade anche su di noi: magari i difetti non sono scomparsi, ma abbiamo cambiato le lenti del nostro sguardo, togliendo le lenti che aumentano i difetti e mettendo quelle che amplificano le virtù.
Dobbiamo amare con cuore di madre, che tutto copre, spera sempre, aiuta sempre… L'amore di una madre infatti è molto simile alla carità di Cristo di cui parla l'apostolo Paolo. Se noi avremo il cuore di una madre o, più precisamente, se ci proporremo di aver il cuore della Madre per eccellenza; Maria, saremo sempre pronti ad amare gli altri in tutte le circostanze e a tener vivo perciò il Risorto in noi.
Amare così, è amare senza stancarsi, "sino alla fine" come Gesù. Ma per amare sempre fino alla fine, occorre avere una giusta motivazione: non amare le persone per se stesse (pena la delusione, prima o poi), ma motivati dall'amore verso Dio, riconoscendo la sua presenza in ogni persona che incontriamo. Amare sino alla fine richiede pazienza e perseveranza, ricominciando ogni momento. Amando così avremo lo stesso amore di Dio a cui non basta amare e perdonare, ma desidera sopra ogni cosa che noi ci trattiamo da fratelli. La fratellanza universale è il grande progetto di Dio sull'umanità.
Gesù ci ha aperto la strada per imitare il Padre nell'amore verso tutti e ci ha svelato che la vocazione di ogni uomo e donna è contribuire all'edificazione di rapporti di accoglienza e di dialogo intorno a sé.
Cioè: amare incondizionatamente. Siamo maestri nell'accogliere mettendo delle condizioni… ma l'amore è, per sua natura, incondizionato. Chi ama non impone né comanda, solo ama e serve. Chi ama accoglie con gioia e si mette a servizio.
"Come io vi ho amati, così amatevi anche voi", dice Gesù. Quel "come" è espresso compiutamente da Gesù con l'offerta della sua vita, privato persino della sua unione con Dio.
Amare senza la minima pretesa. L'amore puro infatti non ha alcun tipo di interesse personale nel suo agire. La sua motivazione è solo il desiderio di servire senza aspettarsi nulla in cambio. L'amore, sorretto da motivazioni soprannaturali, ama per primo. Se voglio lasciar vivere in me l'uomo nuovo, se voglio lasciar accesa la fiamma dell'amore soprannaturale, occorre amare per primo, come è d'altronde l'agire di Dio. Infatti, il Padre ama per primo e impegna se stesso per sempre. La sua fedeltà tocca ciascuno di noi e ci permette di gettare in Lui ogni preoccupazione che può frenarci.
Amare con lo stesso amore di Dio ci fa crescere nella fiducia reciproca. Ora, perché l'amore diventi reciproco non è sufficiente che l'atro mi ami: è necessario che io creda nel suo amore e che lui creda nel mio. È necessario che ci sia fiducia reciproca. È essa che conferma l'amore reciproco. La reciprocità potrebbe non avere la stessa intensità, l'importante è che ci sia. Faccio un esempio: tra noi e Dio c'è la reciprocità, ma la nostra misura d'amare non può essere confrontata con quella di Dio, tuttavia Dio l'accetta con uguale amore e si fida di noi. È per questo Amore eterno e paziente che anche noi possiamo crescere e migliorare nel rapporto con Lui e con gli altri.
Tutto si può superare se si ama!

venerdì 24 agosto 2018

Il rischio della fede


21a domenica del Tempo Ordinario (B)
Giosuè 24,1-2a.15-17.18b • Salmo 33 • Efesini 5,21-32 • Giovanni 6,60-68
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?
Al termine del discorso sul pane della vita, Gesù ha ripetuto con insistenza: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna». A questo punto l'incredulità si insinua anche nel gruppo dei discepoli e molti se ne vanno, rinunciando a seguirlo.
Per la verità, Gesù è un maestro sconcertante. Ha costruito tutto il suo discorso sulla parola «carne», la sua carne che bisogna mangiare per ricevere la vita, ed ora conclude: «È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla». Né la carne né il sangue bastano a condurre alla professione di fede: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Bisogna infatti attendere che la carne e il sangue acquistino il loro significato definitivo nella pasqua di Gesù, perché sia possibile l'adesione decisiva: quando vedrete «il figlio dell'uomo salire là dov'era prima...».
Il grande discorso eucaristico, che l'evangelista Giovanni ci riporta, è passato dal segno della moltiplicazione dei pani, all'annuncio di Cristo pane di vita, alla celebrazione eucaristica in cui il «corpo» e il «sangue» offerto ai presenti rievoca la morte che Gesù subirà per compiere la sua missione e che quanti credono in lui dovranno subire. Credere in Gesù non è tanto far propria una dottrina, quanto un'esperienza di vita, per questo è faticoso, difficile.

Molti dei suoi discepoli non andavano più con lui
I giudei si dileguano senza commenti, ma anche i discepoli rimangono perplessi; i più se ne vanno, alcuni rimangono.
Il discorso di Gesù non è facile né a capire né ad attuare; pur guardandosi attorno egli non attenua il suo discorso o le sue proposte per paura di perdere anche gli ultimi rimasti. La sua domanda «desiderate andarvene anche voi?» è senza mezzi termini, come a dire: se volete potete andarvene, nessuno vi trattiene.

Forse anche voi volete andarvene?
La domanda di Gesù, carica di tristezza, ci costringe a prendere posizione di fronte a lui. Dobbiamo decidere se allontanarci anche noi con i discepoli che smettono di seguirlo o se rimanere col gruppo dei Dodici, che si esprime attraverso le parole di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna». È il rischio della fede, che non è mai una certezza evidente e scontata, ma è piuttosto la decisione di seguire il Cristo ogni giorno, sostenuti dal pane che egli ci dona, affidandoci a lui solo. Se un cristiano si sforza di essere davvero credente, non potrà non toccare con mano la distanza che separa la sua professione di fede da ciò che egli riesce a tradurre nella realtà concreta della sua esistenza. Ma la fragilità stessa di questa fede è come un'invocazione che il Padre ascolta in modo particolare ogni volta che ci dona, nell'Eucaristia, la vita del suo Figlio per correre insieme il rischio dell'amore.

Signore da chi andremo?...
Simon Pietro, come altre volte, risponde pronto ed entusiasta a nome della piccola comunità degli apostoli: «abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Agli occhi degli apostoli Gesù è il Santo di Dio, colui cioè che Dio ha scelto e consacrato mediante il suo Spirito per dar compimento al suo disegno di amore a vantaggio di tutti. La comunità cristiana rappresentata dagli apostoli sembra compatta; nella risposta di Pietro tutti sembrano convinti, entusiasti, ma Giovanni ricorda che tra loro c'è un «nemico».

Sono passati duemila anni ma Gesù è sempre quello e ripete a noi oggi le stesse parole che disse quel giorno a Cafarnao. Gesù sempre presente nella Parola proclamata, nel pane e nel vino divenuti suo corpo e suo sangue nella santa liturgia domenicale, offre se stesso: «Scegliete oggi chi volete servire» (cf. Gs 24,15. I lett.); «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67) e aspetta la nostra risposta...

(spunti da Lectio: Abbazia Santa Maria di Pulsano)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68)
(vai al testo…)

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Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Signore, tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68) - (23/08/2015)
(vai al testo…)
 Signore, da chi andremo? (Gv 6,68) - (26/08/2012)
(vai al testo…)
 Tu hai parole di vita eterna (Gv 6,68) - (21/08/2009)
(vai al post "Parole di Gesù, parole di vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Le Parole uniche che danno Vita (21/08/2015)
  Rimanere con Lui (24/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 17 agosto 2018

Per la Vita


20a domenica del Tempo Ordinario (B)
Proverbi 9,1-6 • Salmo 33 • Efesini 5,15-20 • Giovanni 6,51-58
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo
Ciò che colpisce anzitutto nel brano è la ripetizione del termine "vita" o assimilabili (una decina di volte). E questa vita è legata a Gesù che si fa "pane": pane che Gesù fa coincidere con la sua "carne", che significa, con linguaggio semitico, la persona nel suo cammino storico concreto.
Si comprende allora che c'è una "vita" legata all'Eucaristia, anzi la "vita", che non è mai separata dall'annuncio del Vangelo, ma che anzi fa parte del Vangelo stesso!
La Messa, quindi, non è solo una preghiera o una devozione o solo un ricordo di Gesù: è un prolungamento della sua "incarnazione" nella storia degli uomini. È Lui che si fa presente e continua a offrirsi come sorgente di vita per il dono d'amore compiuto sulla croce.
È presente nel suo gesto di abbandono alla volontà del Padre per amore; è presente nell'atto di dire ad ognuno: «Sono qui per donarmi fino alla fine»; è presente per continuare a donare lo Spirito Santo e comunicare in lui la vita.
Nell'Eucaristia Gesù oggi salva il mondo. Afferma il Papa Benedetto XVI: «L'Eucaristia è il Redentore e la Redenzione resi interamente presenti».

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui
La "vita", allora, è avere Gesù in noi ed essere in Gesù: "dimorare" reciprocamente!
"Mangiare" Gesù è accogliere la sua Parola, per assimilare il suo modo di essere Figlio e fratello; è accogliere la sua presenza nell'Eucaristia, per entrare in comunione con Lui.
Una realtà richiama l'altra. Chi le separa finisce col trovarsi fuori strada.
Non ci si può accontentare dei gesti sacramentali, e vivere poi come si vuole.
Non è sufficiente mettere al centro solo l'ascolto della Parola e la vita dedicata all'amore del prossimo. L'accoglienza della Parola di Gesù raggiunge la sua pienezza massima nella vita sacramentale. Allora viviamo di Gesù, è Gesù che vive in noi la Parola: «Colui che mangia di me vivrà per me (= per mezzo mio; di me).

Allora possiamo chiederci: Nell'Eucaristia siamo coscienti di partecipare al fatto più importante della settimana, dove Gesù salva il mondo oggi?
Come viviamo la parola di Gesù: «Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo, non avrete in voi la vita»?


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chi mangia la mia carne… rimane in me e io in lui (Gv 6,56)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51) - (19/08/2012)
(vai al testo…)
 Cercate di capire quale sia la volontà del Signore (Ef 5,17) - (14/08/2009)
(vai al post "La via della vera vita")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il segreto della Vita che non muore (14/08/2015)
  "Mangiare", necessità per vivere (17/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

martedì 14 agosto 2018

Saper "vedere" le meraviglie di Dio


Assunzione della B.V. Maria
Apocalisse 11,19;12,1-6.10 • Sal 44 • 1Corinzi 15,20-26 • Luca 1,39-56
(Visualizza i brani delle Letture)
(Vedi anche i brani delle Letture della Messa vespertina nella vigilia)

Appunti per l'omelia

Maria è la prima creatura, prima ed unica Donna, a condividere in anima e corpo la gloria del Figlio risorto. Onorando Lei, frutto pieno della risurrezione di Cristo, rendiamo lode e grazie al Padre per le meraviglie operate in Lei e nel popolo che egli ama.
Dalla Proclamazione del Dogma dell’Assunzione, leggiamo: «[…] Cristo con la sua morte ha vinto il peccato e la morte, e sull'uno e sull'altra riporta vittoria in virtù di Cristo chi è stato rigenerato col battesimo. Ma per legge generale Dio non vuole concedere ai giusti il pieno effetto di questa vittoria sulla morte se non quando sarà giunta la fine dei tempi.
Perciò anche i corpi dei giusti dopo la morte si dissolvono, e soltanto nell'ultimo giorno si ricongiungeranno ciascuno con la propria anima gloriosa. Ma da questa legge generale Dio volle esente la beata vergine Maria. Ella per privilegio del tutto singolare ha vinto il peccato con la sua concezione immacolata; perciò non fu soggetta alla legge di restare nella corruzione del sepolcro, né dovette attendere la redenzione del suo corpo solo alla fine del mondo. L'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità, immacolata nella sua concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro, e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli. […]».

San Paolo ci dice che «come in Adamo tutti muoio, così in Cristo tutti ricevono la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo» (1Cor 15,22-23).
Maria, precedendo «coloro che sono di Cristo» nella gloria del Cielo, è il modello a cui tende la meta del nostro cammino su questa terra. Ella esprime il nostro futuro, il nostro "dover essere".
Noi contempliamo con gli occhi della fede queste «grandi cose compiute dall'Onnipotente». Purtroppo i nostri occhi sono spesso affetti da quella "miopia esistenziale" che non ci fa vedere lontano, nonostante gli "occhiali" che possiamo utilizzare. Le due lenti, infatti, che ci aiutano a leggere gli avvenimenti della vita sono la fede e la speranza, spesso però offuscate dalla mondanità. Ma è con la carità che possiamo nuovamente vedere e "pulire" le nostre lenti. L'amore, infatti, fa vedere! Aumenta la nostra fede e rafforza la nostra speranza, sull'esempio di Maria che, «in fretta si recò verso la regione montuosa» dalla cugina Elisabetta.
Maria, spinta dall'Amore che la abitava, si reca da Elisabetta non per cantare il Magnificat, ma per servire. Le due donne portano in grembo il frutto della promessa di Dio e tutte e due sono abitate dallo Spirito Santo, che è l'Amore. Così possono "parlare" e manifestare la Parola che sta per venire nel mondo.

Chi è nell'amore è nella luce e "vede". Sa vedere il disegno di Dio nella propria persona e nella storia dell'umanità. Ringrazia il Padre per tutto quello che fa, e sperimenta che tutto ciò che abbiamo è "dono".
Guardare a Maria significa guardare alla nostra vita come a un luogo abitato da Dio e scoprire che nulla di ciò che ci tocca ci capita "a caso"…, quell'incontro, quella situazione, quel dolore, quella gioia… Tutto è dono!
Imitare Maria nel nostro "sì" quotidiano significa "conservare nel cuore" ogni avvenimento quale segno della Parola e fare in modo che il Signore non ci passi accanto invano, ma compia, anche per mezzo nostro, le sue meraviglie.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente (Lc 1,49)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 L'anima mia magnifica il Signore(Lc 1,46) (15/08/2017)
(vai al testo…)
 Beata colei che ha creduto (Lc 1,45) (15/08/2015)
(vai al testo…)
 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente (Lc 1,49) (15/08/2014)
(vai al testo…)
 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente (Lc 1,49) (15/08/2013)
(vai al testo…)
 L'anima mia magnifica il Signore (Lc 1,46) (15/08/2012)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
 La vittoria definitiva sul "drago" delle nostre paure di morte (14/08/2017)
 In Maria splende il nostro luminoso destino (13/08/2016)
 Come Maria… (13/08/2015)
 La "cose grandi" compiute da Dio (14/08/2014)
 Gioia e gratitudine immensa (14/08/2013)
 La meraviglia del Cielo (14/08/2012)

Vedi anche i post:
 Maria Assunta, sintesi dell'umanità realizzata (15/08/2011)
 Il nostro luminoso destino (15/08/2010)


Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Cettina Militello (VP 6.2017)
  di Luigi Vari (VP 7.2016)
  di Luigi Vari (VP 7.2015)
  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
  di Marinella Perroni (VP 6.2013)
  di Marinella Perroni (VP 7.2012)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Claudio Arletti (VP 7.2010)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno A)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno B)
  di Enzo Bianchi (Vol. Anno C)

(Illustrazione di Bernadette Lopez, "Assunzione della vergine Maria")

venerdì 10 agosto 2018

In Gesù il "senso" di ogni cosa


19a domenica del Tempo Ordinario (B)
1Re 19,4-8 • Salmo 33 • Efesini 4,30-5,2 • Giovanni 6,41-51
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Si misero a mormorare contro di lui…
Gesù "pretende" di essere l'unico cibo donato dal Padre agli uomini per accompagnarli e sostenerli nel loro cammino, di essere la risposta decisiva che il Padre dona agli uomini per la loro sete di felicità.
Affidarsi a Lui è trovare ciò di cui abbiamo unicamente bisogno, rifiutare Lui è trovare qualcosa che non sazia.
Vivere in pienezza e sperimentare, almeno inizialmente, la felicità: è quanto può trovare chi entra in relazione con Gesù e vive come Lui, figlio che nell'amore del Padre che si fa pane per i fratelli.
Il rischio è quello di non arrivare, forse, a rifiutare Gesù in modo esplicito, ma di fermare la nostra vita alle cose di tutti i giorni (casa, lavoro, famiglia, salute …), non ripensando tutto questo, che pure è la nostra vita, alla luce del rapporto con Lui, della sua parola, del suo stile di vita!

Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me
Perché Gesù si propone come "bene" supremo?
All'origine della fede non c'è anzitutto lo studio o una certa pratica, ma un'azione misteriosa del Padre che attrae a Gesù, che fa "innamorare" di Gesù: allora Lui passa al primo posto e tutto il resto perde d'importanza e si ridimensiona. Nel senso che trova "significato" in Lui.
Il Padre offre questa "attrazione - innamoramento" di Gesù a chi ascolta la Parola e apre ad essa cuore e mente: è come mettersi sotto il sole a riscaldarsi.
È la Parola di Dio ascoltata e vissuta che attira a Gesù e genera la fede in Lui.
Una strada è l'ascolto comunitario e la condivisione del Vangelo, dove insieme ci si confronta con la Parola di Dio e ci si comunica reazioni ed esperienze vissute.
Non solo ci si aiuta a vicenda a trovare risposte, soluzioni, incoraggiamento: è Gesù stesso, secondo la sua promessa (cf. Mt 18,20), che fa capire meglio la sua Parola, la fa sentire "bella", converte ed attira.

Allora possiamo chiederci: Siamo coscienti che la fede nasce dal Vangelo? Troviamo il tempo ogni giorno per metterci personalmente in ascolto o di leggere periodicamente il Vangelo e confrontarci con altri?

Ecco quanto scrive Santa Teresa del Bambino Gesù, a proposito dell'incontro con Gesù nella Sua Parola:
«Quando avevo 17 o 18 anni, trovavo tanta carica in certi libri spirituali; più tardi tutti i libri mi lasciavano fredda e sono ancora in questo stato. Se apro un libro anche scritto da un santo o dal migliore autore, il più commovente, sento immediatamente il cuore chiudersi e leggo senza capire; oppure, se capisco, mi sento incapace di meditare e di parlare con Gesù.
In questa impotenza mi viene in soccorso la Sacra Scrittura: qui trovo un nutrimento sostanzioso e puro. Ma è soprattutto il Vangelo che mi tiene occupata durante la preghiera: quando leggo il Vangelo, mi sento scaldare il cuore, sento che Gesù è lì e mi parla. Mai l'ho udito parlare, certo, ma sento che mi guida, mi ispira ciò che devo dire o fare. Scopro, proprio nel momento in cui ne ho bisogno, luci che non avevo ancora visto. E non è solitamente quando prego che esse sono più abbondanti, ma piuttosto nel bel mezzo delle mie occupazioni quotidiane».

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo (Gv 6,51)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Io sono il pane vivo (Gv 6,51) - (09/08/2015)
(vai al testo…)
 Io sono il pane della vita (Gv 6,48) - (12/08/2012)
(vai al testo…)
 Nessuno può venire a mese non lo attira il Padre (Gv 6,44) - (07/08/2009)
(vai al post "Dio che ci attrae")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Noi diventiamo Colui che ci abita (07/08/2015)
  La Parola e il Pane della vita (10/08/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 6.2015)
  di Marinella Perroni (VP 6.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 3 agosto 2018

Il pane che fa vivere


18a domenica del Tempo Ordinario (B)
Esodo 16,2-4.12-15 • Salmo 77 • Efesini 4,17.20-24 • Giovanni 6,24-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gesù ha compiuto un miracolo strepitoso. Ha sfamato una grande folla con cinque pani e due pesci, che si sono moltiplicati nelle sue mani.
Il giorno dopo la folla lo raggiunge sull'altra riva del lago, a Cafarnao. Qui ha inizio un dialogo serrato tra Gesù e la folla, un discorso in cui Egli interpreta il miracolo avvenuto e ne rivela il significato nascosto. Nel brano evangelico odierno leggiamo le prime battute. È importante non sentirci spettatori, ma pienamente coinvolti, verificando con attenzione se ci ritroviamo nella mentalità di Gesù, che ci vuole offrire la sua sconvolgente rivelazione.

Voi mi cercate non perché avete visto dei segni…
I "miracoli" non sono soltanto fatti meravigliosi, ma soprattutto "segni", rimandano a una realtà più profonda: indicano che l'era messianica con l'abbondanza dei beni promessi dai profeti è arrivata attraverso Gesù, è legata alla sua persona. I contemporanei di Gesù si sono fermati al significato immediato del pane, hanno scambiato Gesù stesso per un Messia terreno che procura loro il cibo materiale in abbondanza e a buon mercato, risolvendo i problemi di ordine economico. Cercano Gesù non per se stesso, per quello che è, ma per il pane che ha donato. Preferiscono il dono al Donatore e si accontentano di un dono che - pur essendo necessario e prezioso - è smisuratamente inferiore a quello che Gesù è in grado di offrire e desidera offrire. Un dono che è il Donatore stesso.
Gesù vuole dirci: «Voi chiedete troppo poco. Io ho da darvi molto di più. Avete già ricevuto doni enormi (la realtà di figli di Dio, la presenza del regno di Dio fra voi...) e non sapete che farvene e neppure sapete di possedere tali tesori».
Le parole di Gesù nascondono la sua delusione amara nei confronti di quanti danno più importanza a ciò che appare sensazionale e miracolistico, accontentandosi di un interesse vago e generico, invece che impegnarsi in una ricerca seria di Gesù.

Procuratevi non il cibo che perisce…
Al cibo materiale, che si deteriora e si esaurisce, viene contrapposto un cibo di natura diversa e superiore, che non si corrompe, è permanente e opera un effetto sull'intero corso della vita: la "vita eterna" è la vita divina già presente in chi crede e che, come la realtà stessa di Dio, non ha termine. Un cibo radicalmente nuovo: lo dona il "Figlio dell'uomo". Nel IV Vangelo tale espressione indica Gesù come Messia inviato da Dio, che con la sua morte-risurrezione opera la salvezza: "Su di Lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Gesù rivela la sua relazione unica con Dio, che lo rende in grado di donare il cibo imperituro e divino. Esorta a "procurarsi" tale cibo, cioè a darsi da fare con ogni cura pur di avere tale dono.

Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?
La gente pensa che Gesù richieda nuove pratiche religiose, ma "Questa è l'opera di Dio", l'unica opera da compiere: "Credere in Colui che Egli ha mandato".
La folla chiede un "segno" speciale: in realtà i miracoli di Gesù sono "segni", non eclatanti e spettacolari come pretenderebbero i suoi interlocutori.
Il pane che viene da Dio, che è dono di Dio ed è pieno della sua forza, è una persona, è "colui che discende dal cielo (cioè, da Dio)", Gesù stesso. Come il pane terreno sostiene e alimenta la vita terrena, così il pane celeste, che è Gesù, comunica la vita divina.
"Io sono il pane della vita". È la prima autodefinizione di una lunga serie con cui Gesù rivela chi è Lui per l'uomo, per ciascuno di noi: "Io sono la luce ... la porta ... il buon pastore ... la risurrezione e la vita ... la via, la verità e la vita ..." (Cfr. Gv 8,12.18.23; 10,7.9; 11,14.25; 14,6; 15,1.5).
Come il pane o il cibo consente di sopravvivere, di crescere, e dà sapore e diletto, è cioè necessario per la vita del corpo, così Gesù è l'unico necessario e indispensabile sul piano della vita eterna, che sola merita il nome di vita in senso pieno. Una vita che è già realtà presente di comunione con Gesù e col Padre, tutta protesa alla pienezza finale. Nel seguito del discorso Gesù preciserà che Lui è il pane che dà la vita attraverso il suo insegnamento e l'Eucaristia.
Commuove il fatto che Gesù abbia voluto designarsi come "pane". Il pane esiste per essere mangiato. Gesù desidera essere "mangiato" perché vuole una unità totale coi suoi. Sa che la sua Parola e l'Eucaristia, se vengono ricevute (cioè, "mangiate"!), gli permettono di penetrare in loro e fondersi con loro, col risultato che essi vengono assimilati a Lui e diventano "pane" per gli altri.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chi viene a me non avrà fame… (Gv 6,35)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 È il Padre mi che vi dà il pane dal cielo (Gv 6,32) - (02/08/2015)
(vai al testo…)
 Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani (Gv 6,26) - (05/08/2012)
(vai al testo…)
 Avete imparato a rivestire l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio (Ef 4,24) - (31/07/2009)
(vai al post "L'uomo nuovo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il pane "vero" che sazia la nostra fame di felicità (31/07/2015)
  Diventare "pane" (03/08/2012)

…ed il post:
  La Vita, per un pezzo di pane (02/08/2009)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
  di Luigi Vari (VP 6.2015)
  di Marinella Perroni (VP 6.2012)
  di Claudio Arletti (VP 7.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

mercoledì 1 agosto 2018

L'eterna e irrevocabile fedeltà di Dio


Parola di vita – Agosto 2018
(Clicca qui per il Video del Commento)

«Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele» (Ger 31,3).

Il profeta Geremia è inviato da Dio al popolo di Israele che sta vivendo la dolorosa esperienza di esilio in terra babilonese ed ha perso tutto quello che aveva rappresentato la sua identità e la sua elezione: la terra, il tempio, la legge …
La parola del profeta però squarcia questo velo di dolore e di smarrimento. È vero: Israele si è dimostrato infedele al patto d'amore con Dio, consegnandosi alla distruzione, ma ecco l'annuncio di una nuova promessa di libertà, di salvezza, di rinnovata alleanza che Dio, nel suo amore eterno e mai revocato, prepara per il Suo popolo.

«Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele».

La dimensione eterna e irrevocabile della fedeltà di Dio è una qualità del Suo amore: Egli è il Padre di ogni creatura umana, un Padre che ama per primo e impegna se stesso per sempre. La Sua fedeltà tocca ciascuno di noi e ci permette di gettare in Lui ogni preoccupazione che può frenarci. È per questo Amore eterno e paziente che anche noi possiamo crescere e migliorare nel rapporto con Lui e con gli altri.
Siamo ben coscienti di non essere già così stabili nel nostro impegno, pur sincero, di amare Dio e i fratelli, ma la Sua fedeltà per noi è gratuita, ci previene sempre, a prescindere dalle nostre "prestazioni". Con questa gioiosa certezza possiamo sollevarci dal nostro orizzonte limitato, rimetterci ogni giorno in cammino e diventare anche noi testimoni di questa tenerezza "materna".

«Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele».

Questo sguardo di Dio sull'umanità fa emergere anche un grandioso disegno di fraternità, che troverà in Gesù il suo pieno compimento. Egli, infatti, ha testimoniato la Sua fiducia nell'amore di Dio con la parola e soprattutto con l'esempio di tutta la sua vita.
Ci ha aperto la strada per imitare il Padre nell'amore verso tutti (Mt 5,43 ss.) e ci ha svelato che la vocazione di ogni uomo e donna è contribuire all'edificazione di rapporti di accoglienza e di dialogo intorno a sé.
Come vivremo la Parola di vita di questo mese?
Chiara Lubich invita ad avere un cuore di madre: «[…] Una madre accoglie sempre, aiuta sempre, spera sempre, copre tutto. […] L'amore di una madre infatti è molto simile alla carità di Cristo di cui parla l'apostolo Paolo. Se noi avremo il cuore di una madre o, più precisamente, se ci proporremo di avere il cuore della Madre per eccellenza: Maria, saremo sempre pronti ad amare gli altri in tutte le circostanze e a tener vivo perciò il Risorto in noi. […] Se avremo il cuore di questa Madre, ameremo tutti e non solo i membri della nostra Chiesa, ma anche quelli delle altre. Non solo i cristiani, ma anche i musulmani, i buddisti, gli induisti, ecc. Anche gli uomini di buona volontà. Anche ogni uomo che abita sulla terra […]» [1].

«Ti ho amato di amore eterno, per questo continuo a esserti fedele».

Una giovane sposa che ha iniziato a vivere il Vangelo in famiglia racconta: «Ho sperimentato una gioia mai prima provata e il desiderio di fa traboccare questo amore al di fuori delle quattro mura di casa. Ricordo ad esempio come sono corsa all'ospedale dalla moglie di un collega che aveva tentato il suicidio. Da tempo ero a conoscenza delle loro difficoltà, ma tutta presa dai miei problemi, non mi ero preoccupata di aiutarla. Ora però sentivo mio il suo dolore e non mi sono data pace finché non si è risolta la situazione che l'aveva spinta a quel gesto. Questo episodio ha segnato per me l'inizio di un cambiamento di mentalità. Mi ha fatto comprendere che, se amo, posso essere per ognuno che mi passa accanto un riflesso, anche se piccolissimo, dell'amore stesso di Dio».
E se anche noi, sostenuti dall'amore fedele di Dio, ci mettessimo liberamente in questo atteggiamento interiore, di fronte a tutti quelli che incontriamo durante la giornata?

Letizia Magri

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[1] Cfr. C. Lubich, Cercando le cose di lassù, Roma 19925, p. 41-42.


Fonte: Città Nuova n. 7/Luglio 2018