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lunedì 29 aprile 2019

Realizzare ciò che a Gesù sta più a cuore


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di aprile.

«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv 13,14).

Il servizio è il modo in cui il nostro amore può raggiungere tutte le persone. E la vera gioia nasce nei nostri cuori; una gioia inspiegabile che deriva dal fatto che abbiamo cercato di imitare Gesù. Possiamo essere quindi la continuazione di Lui che è venuto nel mondo per servire. Attraverso di noi continua a servire le persone, a toccarle e guarirle con il suo amore.
Le persone che hanno vissuto e vivono solo per servire gli altri sono persone felici. Perché servire, sull'esempio di Gesù, è fonte di gioia perenne.
Dobbiamo essere, infatti, annunciatori dell'amore servendo i fratelli. Annuncio e servizio: due azioni che non possono essere praticate separatamente da coloro che vogliono essere messaggeri dell'amore. È stato l'esempio che Gesù ci ha lasciato prima di mandarci in missione come annunciatori dell'amore: «Amatevi come io vi ho amato» … «Non sono venuto per essere servito…».
Giorno dopo giorno, durante tutta la sua vita terrena, Gesù si è spogliato di ogni segno della sua grandezza… pronto a dare la sua vita sulla croce.
Agire prima di parlare rende la nostra testimonianza vera, cercando di essere annunciatori dell'amore prima con gesti concreti e poi con le parole. Di conseguenza, l'amore di servizio ci spinge ad aiutare concretamente senza aspettare ricompense. La gratuità dei nostri gesti rivela l'immenso amore di Dio per ciascuna persona che avviciniamo, perché ogni gesto di amore gratuito viene da Dio e a Lui ritorna attraverso i fratelli.
Se si ama con purezza di cuore è perché l'essenza del divino, presente in tutti, ci sprona a fare il bene. Assumendo in me le difficoltà del prossimo, trovo poi le mie risolte o alleggerite. L'amore realizza il miracolo della comunione, così come succede con un liquido in vasi comunicanti. La premessa perché questo "fenomeno" accada è aiutare concretamente senza aspettare ricompense.
Questo modo di agire ci rende sensibili ai bisogni di chi ci passa accanto. Ora, la miglior strategia per sviluppare la sensibilità ai bisogni dell'altro è il "farsi uno", mettersi, cioè, al suo posto, vedere il problema dal suo punto di vista. Questo ci porta a fare per l'altro ciò che vorremmo fosse fatto a noi se ci trovassimo nella stessa situazione. Quando arriviamo a vedere la vita dalla prospettiva dell'altro, il mondo intorno a noi diventa un luogo più vicino e più simile al Paradiso dove l'unica legge è l'amore reciproco.
Il nostro impegno allora è quello di servire il prossimo con dedizione. I cristiani, che ricevono la rivelazione dell'amore di Dio attraverso la vita e le parole di Gesù, hanno un "debito" verso gli altri: imitare Gesù accogliendo e servendo i fratelli, per essere a loro volta annunciatori dell'Amore. I cristiani sono chiamati ad essere sacramento di amore, di solidarietà e di giustizia. È necessaria una disposizione permanente che si manifesti in scelte e gesti concreti, evitando ogni atteggiamento paternalista. Ci viene chiesto di dedicare tempo ai poveri, di dare loro una attenzione amorevole, di ascoltarli con interesse, di sceglierli come compagni, cercando insieme come trasformare la loro situazione. La nostra sensibilità si svilupperà e andremo per il mondo servendo con dedizione chiunque incontreremo.
Poi, servirci reciprocamente. Gesù ci ha lasciato l'esempio quando ha lavato i piedi agli apostoli e ci ha chiesto di fare lo stesso tra di noi, cioè, servirci reciprocamente. Più siamo consapevoli di chi siamo, più dobbiamo renderci conto che ci realizzeremo pienamente solo se ci mettiamo al servizio gli uni degli altri. È quella carità vera, piena, quella che porta alla reciprocità, che porta all'unità! L'imitazione che Gesù ci chiede non consiste nel ripetere pedestremente il suo gesto, anche se dobbiamo averlo sempre dinanzi a noi come luminosissimo e impareggiabile esempio. Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso solo se viviamo "per gli altri", se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli… Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore.

venerdì 26 aprile 2019

Il "Primo" giorno della settimana


2a domenica di Pasqua (C)
Atti 5,12-16 • Salmo 117 • Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19 • Giovanni 20,19-31
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Scrivendo verso il 95 d. C., Giovanni risponde agli interrogativi e alle obiezioni che i cristiani delle sue comunità sollevavano. Fanno fatica a credere. Hanno tanti dubbi. Vorrebbero vedere, toccare, verificare se il Signore è veramente risorto:
Quali sono le ragioni per credere? Come fare l'esperienza del Risorto?
Ci sono prove che Egli è vivo? Come mai non appare più?

Matteo, Marco e Luca scrivono che tutti gli apostoli hanno avuto esitazioni. Non sono arrivati né subito né con facilità a credere al Risorto. Anche per loro il cammino della fede è stato non breve e faticoso.
Giovanni, invece, prende solo Tommaso come simbolo delle difficoltà e ci porta a scoprire che il Risorto ha una "vita" che sfugge ai nostri sensi, ma può essere raggiunta mediante la fede.
Non si possono avere dimostrazioni, prove scientifiche della risurrezione: "Beati coloro che non hanno visto".
Tommaso non sembra fare una gran bella figura! Ha difficoltà a capire, equivoca, fraintende le parole e le scelte di Gesù. È pieno di perplessità, di esitazioni, di dubbi, non riesce ad accettare ciò che non capisce. Ma alla fine troviamo sulla sua bocca la più alta professione di fede: MIO SIGNORE E MIO DIO!

Molti altri segni fece Gesù…
Giovanni scrive il suo vangelo per suscitare o confermare la fede nel Cristo, fede che conduce alla "vita". I "segni" (termine caratteristico di Giovanni) non sono prove per dimostrare il potere divino di Gesù (per questo non c'è la parola "miracoli"; vedi per esempio anche alle nozze di Cana), ma rivelazioni sulla sua persona e sulla sua missione.
Il segno, ad esempio, non è compreso da chi:
 nella distribuzione dei pani non coglie che Gesù è il "pane della vita";
 nella guarigione del cieco non riconosce che Gesù è la "luce";
 nella risurrezione di Lazzaro non vede in Gesù il "Signore" della vita.

Questi sono stati scritti perché crediate e abbiate la vita
Conseguenze per la nostra vita e la vita della Chiesa:
 Imparare a leggere i "segni": essi rivelano "chi" è Gesù. Chi comprende questi segni, riconosce in lui il Signore e gli dà la sua adesione, come per Tommaso.
 L'unica prova che è offerta a chi cerca ragioni per credere: lo stesso Vangelo ("Questi sono stati scritti…"). Lì risuona la Parola di Cristo, lì posso incontrare la sua persona.
 "Le mie pecore riconoscono la mia voce" (Gv 10,4); non occorrono "apparizioni". Nel vangelo risuona la voce del Pastore e, per le pecore che gli appartengono, il suono della sua voce è sufficiente per ascoltarlo e per seguirlo.

Dove ascoltare questa voce? Come fare l'esperienza del Risorto?
Gli elementi per fare esperienza del Risorto:
 l'ascolto della Parola: Tommaso arriva alla fede, perché ascolta la voce del Risorto insieme ai fratelli;
 l'eucaristia celebrata nella comunità: per questi due "cardini" la domenica rimane nella storia della Chiesa e dei credenti il "primo" giorno della settimana;
 la comunione fraterna;
 la condivisione: "La pace sia con voi".

La Domenica, giorno del Signore risorto, può diventare il luogo dell'esperienza del Risorto, di Gesù vivo, del «MIO SIGNORE E MIO DIO».

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Otto giorni dopo venne Gesù ( Gv 20,26) - (08/04/2018)
(vai al testo)
I discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20,20) - (23/04/2017)
(vai al testo)
Ricevete lo Spirito Santo (Gv 20,22) - (03/04/2016)
(vai al testo)
Abbiamo visto il Signore! ( Gv 20,25) - (12/04/2015)
(vai al testo)
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28) - (27/04/2014)
(vai al testo)
Abbiamo visto il Signore (Gv 20,25) - (07/04/2013)
(vai al testo)
Beati quelli che hanno visto e hanno creduto (Gv 20,29) - (15/04/2012)
(vai al testo)
Tutti i credenti stavano insieme (At 2,44) - (01/05/2011)
(vai al testo)
Mio Signore e mio Dio (Gv 20,28) - (09/04/2010)
(vai al post "Turbati dall'incredulità")
Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi" (Gv 20,19) - (17/04/2009)
(vai al post "La nostra pace")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La fede che vince il mondo (06/04/2018)
  Dalle piaghe aperte, non sangue ma luce e misericordia (21/04/2017)
  Tommaso, il nostro compagno dei viaggio (01/04/2016)
  Quelle ferite, il punto più alto dell'amore (11/04/2015)
  Misericordia, secondo nome dell'amore (25/04/2014)
  La comunità vivificata dal Risorto (05/04/2013)
  La nostra vita con il Risorto (13/04/2012)

Commenti alla Parola:
Anno C:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Anno A:
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 4.2011)
  di Enzo Bianchi

Anno B:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

sabato 20 aprile 2019

La memoria delle Scritture


Pasqua di Risurrezione
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Maria di Magdala si recò al sepolcro… Anche il discepolo amato corse al sepolcro, vide e credette…
Il sepolcro non è il luogo dell'incontro con il Risorto. Esso è il fragile tentativo di creare un ricordo. Esiste un altro luogo infallibile e carico di senso dove gli angeli dirigono l'attenzione: la memoria delle Scritture.
Questa memoria è lo spazio vitale dove ogni credente, d'ora in poi, sarà invitato a sperimentare il proprio incontro col Cristo Risorto. Solo la memoria della Scrittura illumina l'intelligenza perché capisca fino in fondo ciò che vede.
Anche ai discepoli di Emmaus lo sconosciuto pellegrino apre la mente a comprendere le Scritture.
La memoria è vera risurrezione. Ogni qualvolta noi ricordiamo qualcuno che non c'è più attraverso immagini, parole, egli ritorna a viere in noi. Il nostro cuore è come un sepolcro, dove ciò che è seppellito può essere risvegliato se decidiamo di dare vita al ricordo che giace dentro di noi. Il peccato, al contrario, è dimenticanza ed oblio. Esso è frattura delle relazioni, perdita dell'altro, anche quando è ben presente e vicino.
Spesso la colpa è il fattore che squilibra tutta la nostra memoria. Per questo i racconti evangelici presentano la tomba vuota e il Cristo mostrerà le mani e il costato ai discepoli. Il corpo trafitto di Gesù è memoria del nostro peccato. Le sue ferite sono il prezzo della nostra guarigione. Come avrebbero potuto gli Undici fissare le mani e i piedi di Gesù se egli li avesse mostrati come rimprovero per l'abbandono patito nel Getzemani? Invece la tomba è vuota. Non c'è prova del nostro misfatto. La tomba vuota non rappresenta più la prova che ci inchioda nella nostra colpevolezza.
Quando il Risorto mostrerà mani e piedi sarà per essere riconosciuto nella sua volontà di stare con i propri discepoli e di dare compimento alla loro gioia.
L'eucaristia, Pasqua perenne della Chiesa, è precisamente anamnesi: non dimenticanza della passione e morte e risurrezione del nostro Signore, ma memoriale. Ad ogni celebrazione noi ricordiamo un crimine immane. Eppure il ricordo del crimine evolve sino a riportarci all'amore salvifico del Padre, che nel Figlio ci ha redenti.
L'annuncio pasquale è inscindibile dall'invito a ricordare e a farlo in maniera nuova. Siamo chiamati a ricordare la Parola che si compie. Essa non guarda solo al passato, ma protesa verso il futuro ci sospinge fino all'eternità. Ogni parola di Gesù si è compiuta. Ricordando la Parola che si compie e guida la storia, noi usciamo dalla gretta piccolezza dei nostri progetti per entrare in piena sintonia con la salvezza operata da Dio.
Ricordare le Scritture è partecipare alla lenta ma inesorabile crescita del Regno che matura fino alla sua pienezza.

(spunti da Claudio Arletti, «Ricordatevi come vi parlò»)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non è qui, è risorto (Lc 24,6)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Egli doveva risorgere dai morti (Gv 20,9) - (01/04/2018)
(vai al testo)
Entrò nel sepolcro... e vide e credette (Gv 20,8) - (16/04/2017)
(vai al testo)
Non è qui, è risorto (Lc 24,6) - (27/03/2016)
(vai al testo)
E vide e credette (Gv 20,8) - (05/04/2015)
(vai al testo)
Andate a dire: È risorto dai morti (Mt 28,7) - (20/04/2014)
(vai al testo)
Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù (Col 3,1) - (31/03/2013)
(vai al testo)
È risorto! (Mc 16,6) - (08/04/2012)
(vai al testo)
Andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti" (Mt 28,7) - (24/04/2011)
(vai al testo)
Cristo, mia speranza, è risorto, alleluia(Sequenza) - (03/04/2010)
(vai al post "La nostra speranza")
Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute(At 10,39) - (11/04/2009)
(vai al post "Noi siamo testimoni")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Dalla risurrezione di Gesù è possible un nuovo inizio per ciascuno (30/03/2018)
  L'ultima parola della vita umana è soltanto e sempre l'amore (15/04/2017)
  L'amore che non può essere annullato dalla morte (26/03/2016)
  "Doveva" risolrgere (04/04/2015)
  La gioia piena che il Risorto ci dona (19/04/2014)
  È vivo, Lui la nostra speranza! (30/03/2013)
  È risorto! (07/04/2012)

Commenti alla Parola:
Anno C:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Anno A:
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi

Anno B:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2018)
  di Luigi Vari (VP 3.2015)
  di Marinella Perroni (VP 3.2012)
  di Claudio Arletti (VP 3.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica


venerdì 19 aprile 2019

La beatitudine del servire


Siamo nel cuore del Triduo Santo. Giorno della manifestazione concreta dell'amore del Padre per noi nell'offerta della Vita del Figlio. Gesù muore in maniera drammatica emanando quel "grido" prima di "rendere lo spirito", di quello Spirito che ci dona la Vita. Amore senza fine, fino alla fine!
Alle "sette" parole di Gesù sulla croce, menzionate nei vangeli, ce n'è una ottava, che non è propriamente una parola, ma un grido inarticolato. Per Marco l'ultima parola è: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Ma dopo questa ecco improvviso, terribile, inatteso, un forte grido: «Gesù, dando un forte grido, spirò». Anche per Matteo, dopo l'ultima identica parola: «Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito».
L'ultima parola… Non una parola, ma un grido, con tutto il fiato che gli rimane, l'ultimo. Quell'urlo, più di tutte le altre parole, lascia intuire quello che Gesù può aver vissuto. Gesù ha fatto suo ogni grido, ogni angoscia, ogni disperazione… Quel grido, senza parole articolate, dice il mistero d'amore che si sta compiendo… È talmente grande che è indicibile!

Dare la vita! L'amore vero, quello "più grande", sull'esempio di Gesù! L'umanità aspetta la testimonianza dei seguaci del Maestro, la testimonianza di ogni uomo e donna di buona volontà… Ogni "diaconia" prende la sua vitalità e la sua linfa in quel "grido" estremo dell'amore di Dio!

È in questo contesto che ricordo il giorno della mia ordinazione diaconale, che ricorre domani 20 aprile. Il cuore è pieno di gratitudine!
Ieri sera, nel fare memoria della Cena del Signore, l'invito di Gesù a lavarci i piedi l'un l'altro diventa ancora più pressante: «Vi ho dato l'esempio perché anche voi facciate altrettanto». E l'evangelista Giovanni continua: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica». È una beatitudine, quella di cui parla Gesù, non passeggera o momentanea, ma esprime la realizzazione piena e profonda della persona, del suo essere "salvato".
È una beatitudine che si realizza nel "mettere in pratica", è una beatitudine rivolta ad un servizio concreto. Per di più esprime la reciprocità del servizio reso ai fratelli: «Anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri».
È la beatitudine che deriva dall'amarci gli uni gli altri, come Gesù ci ha amato, «affinché il mondo creda». Ed è in quel "grido", in quella "parola inarticolata", che prende vita la nostra diaconia.


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Vedi anche altri post a suo tempo pubblicati sul Triduo Santo:
  Partecipi della Sponsalità di Cristo (28/03/2018)
  Gesù abbandonato: mistero di Dolore e di Amore (12/04/2017)
  Il dolore e la sofferenza sono "solo" germogli di rinascita (23/03/2016)
  Pasqua, passaggio di Dio e passaggio dell'uomo (01/04/2015)
  Il mistero di quei tre giorni (18/04/2014)
  Il Servo di Jahwè (15/04/2014)
  Nati da quel Sangue (6/04/2012)
  Li amò sino alla fine (2/04/2010)
  Il nostro modello (30/03/2010)
  Nel deserto del mondo… (9/04/2009)
  Quel seme che muore per dar vita (6/04/2009)
  Il sepolcro vuoto (19/03/2008)


Rimando ad altri post relativi alla mia ordinazione diaconale:
Il dono di un servizio a "tempo pieno" (20/04/2018)
Seguimi! (20/04/2017)
Gratitudine! (20/04/2016)
Stare nella tua casa (20/04/2015)
Chiara, mia moglie (26/04/2011)
Il diacono e il suo vescovo (20/04/2011)
Modello di ogni diaconia (19/04/2011)
Il mio sì (20/04/2010)
Ricordando quel giorno (19/04/2009)
Eccomi (19/04/2008)
Per conoscerci… (la nostra esperienza) (24/02/2008)

venerdì 12 aprile 2019

Verso la Pasqua


Domenica delle Palme (C)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Luca 22,14 - 23,56
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Fate questo in memoria di me
In questa parola di Gesù vi è riassunta e rappresentata tutta la sua vita: vita spezzata e donata. Chi, come lui, sa "donare" la propria vita "spezza il pane eucaristico" con purezza di cuore. Altrimenti la ripetizione del gesto si riduce a un rito vuoto e a volte ipocrita.

Nacque tra loro una discussione…
Il malessere che distrugge le nostre comunità, ecclesiali e sociali, è la frenesia dei "primi posti", del sentirsi superiori, del dominio, dell'imporsi agli altri. Di qui invidie, critiche, pettegolezzi meschini, divisioni, discordie. Lo stile di Gesù, è "servire", occupare nei fatti l'ultimo posto: rispettare, dialogare, cercare di capire l'altro senza imporre il proprio modo di pensare.

Andò come al solito al monte degli Ulivi… Entrato nella lotta, pregava più intensamente…
Entrare in agonia non sono solo gli istanti che precedono la morte, ma lotta, combattimento… La preghiera, il dialogo con il Padre, lo apre ad accogliere un "senso" che ora gli sfugge: non lo risparmia dalla sofferenza, non lo sottrae alla morte, ma lo apre al "sostegno" dello Spirito per compiere "non la mia, ma la tua volontà".
Anche nella "Passione" Luca mette in risalto la bontà e la misericordia di Gesù. La scena è nota: Uno di quelli che erano con lui colpì con la spada… Ricorrere alla spada per risolvere i problemi. Gesù, invece, continua a prendersi cura del ferito e lo guarisce. Il discepolo non solo non aggredisce, ma è pronto a rimediare ai guai provocati da altri. Si prende cura anche di chi gli ha fatto del male.

Pietro negò di conoscerlo… Il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro…
Pietro uscì e scoppiò a piangere. Lo sguardo di Gesù non è rimprovero, ma invito a credere nell'amore, a non arrendersi. Così possiamo considerare le nostre fragilità e quelle dei fratelli: guardare con gli occhi di Gesù, con occhi che infondono fiducia e ridonano speranza.

Venne condotto da Erode… Lo interrogò, ma non rispose nulla…
Perché Gesù non risponde una parola? Non si cerca Gesù solo perché "compie miracoli". Il cristianesimo è il luogo dell'ascolto della Parola, è la religione dell'Amore e del dono della vita, non il mercato dove si comprano i prodigi.

Lo seguiva gran folla di popolo e di donne…
Le donne: Luca è l'unico che cita questo episodio. Chi porta le conseguenze delle guerre e delle violenze, chi piange sono sovente "le donne e gli altri", i più deboli.

Insieme con lui venivano condotti anche due malfattori
Gesù fu crocifisso insieme a due banditi. Non si trattava di ladruncoli… Uno di questi ha il coraggio di pregarlo: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno" … "Oggi sarai con me in paradiso".


All'inizio del vangelo di Luca Gesù compare fra i pastori.
Trascorre la sua vita pubblica in mezzo a pubblicani, peccatori, prostitute.
Alla fine si trova tra coloro che più ha amato, torna al Padre con uno che rappresenta tutti gli uomini: una persona ricuperata dal suo amore.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questo è il mio corpo che è dato per voi (Lc 22,19)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22,15)) - (20/03/2016)
(vai al testo)
 Veramente quest'uomo era giusto (Lc 23,47) - (24/03/2013)
( vai al testo…)
 Ho presentato il mio dorso ai flagellatori (Is 50,6) - (26/03/2010)
(vai al post "Amare sino alla fine")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  La vita ci viene dal cuore trafitto di Dio (18/03/2016)
  Gioia e dolore! (22/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

venerdì 5 aprile 2019

Va' … riprendi la tua vita!


5a domenica di Quaresima (C)
Isaia 43,16-21 • Salmo 125 • Filippesi 3,8-14 • Giovanni 8,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Gli condussero una donna sorpresa in adulterio
Ma il "socio" dov'è? L'aggressività, la violenza, le passioni si sfogano troppo spesso sui più deboli.
La legge puniva l'adulterio con la morte, anche se in pratica i giudici non erano così severi. Però, anche se non c'è l'esecuzione, si vuole sottolineare la gravità del crimine. La stessa condanna, poi, era prevista per chi percuote suo padre o sua madre (cfr. Es 21, 25).
Ma chi erano i componenti della "buon costume" di Gerusalemme? Perché godono nel mettere in pubblico i peccati altrui? (Sembra di vedere certi scoop giornalistici odierni!).
Qualcuno di questo gruppo fa una proposta: e se conducessimo questa donna dal Galileo? Lui che sta sempre dalla loro parte? Vedrete come sarà imbarazzato!
Anche oggi questa pagina di vangelo non può lasciare tranquilli: nessuno può arrogarsi il diritto di scagliare "pietre", diffamando, isolando, pronunciando giudizi severi, alimentando diffidenze, diffondendo pettegolezzi.

Ora Mose, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa
Gesù potrebbe togliersi dall'impiccio in modo semplice, invitando gli accusatori a rivolgersi al tribunale del Sinedrio, non molto lontano. Questo, però, significherebbe abbandonare la donna. E, proprio per questo, si compromette: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». I componenti della "buon costume" incominciano a non sentirsi più a loro agio: sono stati smascherati, è stata messa a nudo la loro ipocrisia. Se ne vanno tutti; con gli accusatori, anche la folla e i discepoli.
Solo Gesù rimane per pronunciare la sua sentenza: nessuna condanna! Alzato il capo, con la dolcezza del suo sguardo, comunica alla donna la "tenerezza" di Dio, che invita sempre a riscoprire dentro di sé la "potenzialità di bene": «Va' e d'ora in poi non peccare più». E "questa potenzialità di bene" è sempre più grande del male compiuto.
Allora: comportarsi bene o male è la stessa cosa? Il peccato è grave, non tanto perché "offende" Dio, ma perché "distrugge" la persona umana, come il giovane scappato di casa, del vangelo di domenica scorsa, che non si riconosce più come "figlio". Gesù lo sottolinea: «D'ora in poi non peccare più». Gesù odia il peccato, ma non condanna chi sbaglia, non aggiunge altro male a quello che la persona si è già procurato.

Possiamo chiederci: Quanto crediamo al "perdono" che rinnova? Se non ci sentiamo "rinnovati", è facile che non vediamo questa possibilità negli altri e rischiamo di "uccidere" con condanne senza appello!

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Gesù disse: neanch'io ti condanno (Gv 8,11)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (13/03/2016)
(vai al testo)
 Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra (Gv 8,7) - (17/03/2013)
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 D'ora in poi non peccare più (Gv 8,11) - (19/03/2010)
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Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Gesù apre le porte delle nostre prigioni (11/03/2016)
  Il perdono, riabilitazione e rinascita (15/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 4.2019)
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(Illustrazione di Maria Cavazzini Fortini)

lunedì 1 aprile 2019

La nostra esistenza, un servizio ai fratelli


Parola di vita – Aprile 2019
(Clicca qui per il Video del Commento)

«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv 13,14).

L'evangelista Giovanni, nel ricordare le ultime ore trascorse con Gesù prima della Sua morte, mette al centro la lavanda dei piedi. Nell'antico Oriente, era un segno di accoglienza verso l'ospite, arrivato attraverso strade polverose, di solito compiuto da un servo.
Proprio per questo, in un primo momento i discepoli si rifiutano di accettare questo gesto dal loro Maestro, ma poi Egli alla fine spiega:

«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri».

Con questa immagine tanto significativa, Giovanni ci svela l'intera missione di Gesù: Egli, il Maestro e il Signore, è entrato nella storia umana per incontrare ogni uomo e ogni donna, per servirci e riportarci all'incontro con il Padre.
Giorno dopo giorno, durante tutta la sua vita terrena, Gesù si è spogliato di ogni segno della sua grandezza ed ora si prepara a dare la vita sulla croce. E proprio adesso consegna ai suoi discepoli, come sua eredità, la parola che Gli sta più a cuore:

«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri».

È un invito chiaro e semplice; tutti possiamo comprenderlo e metterlo in pratica subito, in ogni situazione, in ogni contesto sociale e culturale.
I cristiani, che ricevono la rivelazione dell'Amore di Dio attraverso la vita e le parole di Gesù, hanno un "debito" verso gli altri: imitare Gesù accogliendo e servendo i fratelli, per essere a loro volta annunciatori dell'Amore. Come Gesù: prima amare concretamente e poi accompagnare il gesto con parole di speranza e di amicizia.
E la testimonianza è tanto più efficace, quanto più rivolgiamo la nostra attenzione ai poveri, con spirito di gratuità, rifiutando invece atteggiamenti di servilismo verso chi ha potere e prestigio.
Anche di fronte a situazioni complesse, tragiche, che ci sfuggono dalle mani, c'è qualcosa che possiamo e dobbiamo fare per contribuire al "bene": sporcarci le mani, senza aspettare ricompense, con generosità e responsabilità.
Inoltre, Gesù ci chiede di testimoniare l'Amore non solo personalmente, nei nostri ambienti di vita, ma anche come comunità, come popolo di Dio, che ha come legge fondamentale l'amore reciproco.

«Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri».

Dopo queste parole, Gesù continua: «Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi… Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» [1].
Commentando questa frase del Vangelo, Chiara Lubich ha scritto: "[…] «Sarete beati…». Il reciproco servizio, l'amore vicendevole che Gesù insegna con questo gesto sconcertante, è dunque una delle beatitudini insegnate da Gesù. […] Come vivremo allora, durante questo mese, questa parola? L'imitazione che Gesù ci chiede non consiste nel ripetere pedestremente il suo gesto, anche se dobbiamo averlo sempre dinanzi a noi come luminosissimo e impareggiabile esempio. Imitare Gesù significa comprendere che noi cristiani abbiamo senso se viviamo «per» gli altri, se concepiamo la nostra esistenza come un servizio ai fratelli, se impostiamo tutta la nostra vita su questa base. Allora avremo realizzato ciò che a Gesù sta più a cuore. Avremo centrato il Vangelo. Saremo veramente beati» [2].

Letizia Magri

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[1] Cf. Gv 13, 15-17.
[2] C. Lubich, Parola di Vita aprile 1982, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma 2017), pp. 233, 235.


Fonte: Città Nuova n. 3/Marzo 2019