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venerdì 30 novembre 2018

Un momento che si rinnova sempre


1a domenica di Avvento (C)
Geremia 33,14-16 • Salmo 24 • 1 Tessalonicesi 3,12-4,2 • Luca 21,25-28.34-36
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Vedranno il Figlio dell'uomo venire
Noi possiamo "vedere" Gesù e questo incontro con Lui è la "fine del mondo".
"I segni nel sole, nella luna e nelle stelle" nella Bibbia sono i segni delle apparizioni di Dio. Tutto il creato impallidisce davanti a Lui: questo mondo, che a volte lo nasconde e distrae da Lui, è destinato a compiersi e lasciar spazio ad un mondo nuovo, dove tutto è invito a guardare a Lui come "unico bene".
Mantenere l'attesa e il desiderio dell'incontro con Lui significa scoprire che è anzitutto suo desiderio incontrarsi con noi. Le parole del Padre nostro sono un richiamo continuo: "sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra". Allora è bello attendere questo incontro e rinnovarlo come una sposa fa con lo sposo, una mamma e un papà con i figli.
Il rischio è di perderci "in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita", non centrando più l'attenzione sulla sua Persona.
La frequenza regolare all'Eucaristia domenicale, continuata nella vita di ogni giorno con l'ascolto della sua Parola e la comunione con i fratelli, mantiene viva e attuale questa attesa.

La vostra liberazione è vicina
Ciò che per tutti è fonte di "angoscia, ansia, paura", per i credenti è invito ad "alzare il capo", alla speranza. Lasciar cadere le braccia, rassegnarsi di fronte a ciò che sembra dominare nel mondo e anche in noi è una tentazione. Profeti di sventura sono coloro che ripetono: "Non vale la pena impegnarsi, non cambierà mai nulla"; "non c'è niente da fare, il male è troppo forte"; "la fame, le guerre, le ingiustizie, gli odi esisteranno sempre".
Chi, come Paolo, "ha assimilato il pensiero di Cristo" (cf. 1Cor 2,16), vede la realtà con occhi diversi, scorge il mondo nuovo che sta nascendo e può continuare ad annunciare: "Proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?" (Is 43,19). La speranza non è l'ottimismo, ma scorgere i segni che fanno prevedere il "bello". La speranza di qualcosa di nuovo non può essere smentita, perché fondata sulla promessa di Gesù che trae il bene dal male, che muore e risorge.
In questa luce, in ogni comunità ecclesiale (parrocchiale, diocesana, religiosa) può avvenire il "discernimento comunitario": aiutarsi a capire che cosa Dio prepara nelle varie "crisi". Per es. la crisi delle vocazioni presbiterali non richiama forse a riscoprire il ruolo dei laici e dei vari Consigli di partecipazione? La crisi della fede dei giovani non dice di andar oltre una pratica religiosa ripetitiva e chiusa nei riti?
Che cosa può portare di nuovo e di positivo la crisi dei matrimoni, del terrorismo, dell'inquinamento, della fatica ad educare i figli, della presenza di nuove religioni?

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
La vostra liberazione è vicina (Lc 21,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 State attenti... che i vostri cuori non si appesantiscano (Lc 21,34) - (29/11/2015)
(vai al testo…)
 Vegliate in ogni momento (Lc 21,36) - (02/12/2012)
(vai al testo…)
 Fammi conoscere, Signore, le tue vie (Sal 24,4) - (27/11/2009)
(vai al post "L'attesa…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il tempo in cui Dio viene… ed è vicino come il respiro (27/11/2015)
  Nell'attesa di quel Giorno (30/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 11.2018)
  di Luigi Vari (VP 10.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

giovedì 29 novembre 2018

Dal Dio che abita in noi, al fratello che amiamo per Lui


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di novembre.

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

L'essere vigilanti nell'ascolto della voce del Signore è una costante della nostra vita, non solo nei momenti di preghiera. È far tacere le voci dentro di noi per poter ascoltare la sua voce. IL silenzio interiore, poi, favorisce l'ascolto della voce del Signore. Far tacere i rumori è la condizione per riconoscer ed ascoltare la sua voce, il suo Spirito, l'unico capace di sbloccare le nostre paure e farci aprire la porta del cuore.
Ma c'è un altro modo per ascoltare la voce dello Spirito, non solo dentro di noi, ma anche quella di Lui presente fra noi, uniti nel Risorto. La voce dello Spirito, infatti, per Gesù fra noi, è come un altoparlante della sua voce in noi.
Allora, per aprire la porta al Signore occorre aprile la porta del nostro cuore al fratello, non lasciando che si senta frustrato bussando ad una porta che non si apre, cercando piuttosto di essere attenti al fratello che ci viene incontro coi i suoi bisogni. Non è importante riuscire a risolvere il suo problema, importa invece aprirgli la porta del nostro cuore per accoglierlo. Una porta che si apre e dimostra fraternità è l'inizio di un percorso che conduce alla pace, alla solidarietà, al rispetto della dignità dell'altro e alla convivenza fraterna.
Per accogliere così il fratello che bussa alla nostra porta, occorre avere Dio nel nostro cuore. Avere la consapevolezza che Dio abita il mio cuore è il primo passo per agire di conseguenza verso il fratello. Così, ogni mia azione, pensiero o parola, sia conseguenza, effetto, della presenza di Dio in me. Attraverso di me Dio busserà alla porta del cuore di ogni fratello che incontro con la sua inconfondibile tenerezza. Tutti siamo invitati ad accogliere il Signore che bussa per uscire, insieme a Lui, verso chi ci sta vicino.
Occorre, però, riconoscere la voce di Dio dentro di noi. È quella voce sottile che ci sprona e illumina, linfa che sale dal fondo dell'anima, che è sapienza, che è amore. E l'amore va dato. Occorre essere nell'amore, per riconoscere la voce di Dio. Per ascoltarla chiaramente occorre far tacere la voce dell'odio, del rancore, della vendetta. Sarà il Signore stesso a farsi spazio nella nostra vita, con la sua presenza.
È l'amore che ci dà il coraggio nelle nostre scelte, perché ci dà la certezza che non siamo soli. Quando si ama, si sente la presenza di Dio in noi; abbiamo la coscienza che non agiamo da soli. E questo dà coraggio. Dio è amore ed è luce nei momenti di oscurità e di debolezza, è consolazione nell'ora della sofferenza, è vita davanti alla morte. Quando amo, so chi sono, so da dove vengo e dove vado. L'amore mi dà pace, mi dà forza, mi dà coraggio.
Allora possiamo vincere le nostre paure amando. Non c'è metodo migliore che mettersi nell'atteggiamento di amare sempre. Amare significa uscire da sé e pensare all'altro. Quasi senza rendercene conto possiamo superare molte nostre paure, perché la nostra mente è occupata con qualcosa di più importante di esse: l'amore al prossimo. Anche quando la paura è reale, l'amore ci dà pace e serenità per risolvere i problemi. Perché chi ama vede. Vede la soluzione e non il problema.
Essere nell'amore è una grazia che ci viene dallo Spirito, che è un dono che entra in noi e fa fruttificare, perché noi possiamo darlo agli altri. È proprio dello Spirito Santo, dunque, decentrarci dal nostro io per aprirci al "noi" della comunità: ricevere per dare. Non siamo noi al centro: noi siamo uno strumento di quel dono per gli altri.
Dobbiamo incoraggiarci e sostenerci a vicenda. E questo significa non chiuderci nel proprio recinto, ma aprirsi a tutti, anche a quelli che non la pensano come noi. È essere attenti alle sofferenze altrui per portare, come il cireneo, la croce con chi fa più fatica, aiutandoci reciprocamente ad affrontare con coraggio ogni difficoltà. Dimostriamo così che siamo pronti a dare la vita, che siamo insieme nella gioia e nel dolore: "Da questo infatti riconosceranno che siete miei discepoli…". Nell'amore reciproco possiamo esser come Lui e con Lui, testimoni della presenza di Dio nelle vicende della storia anche nei nostri giorni.
Essere servitori del prossimo è andare oltre il dovere e fare tutto ciò che l'amore ci suggerisce. E questo farlo con umiltà, senza causare imbarazzo all'altra persona per il fatto di metterci in una posizione di superiorità, non agendo per interesse aspettandoci dei vantaggi, ma mossi soltanto dal desiderio di amare e servire. Come Gesù che è venuto per servire e non per farsi servire.
Per amare con il cuore di Dio, occorre aprigli il nostro cuore e lasciare che Lui ne prenda possesso. Ma per lasciasi guidare da Lui occorre far tacere tutto in noi per scoprire in noi la Voce dello Spirito. E bisogna estrarre questa Voce come si toglie un diamante dal fango: ripulirla, metterla in mostra e donarla a tempo opportuno, perché è Amore e l'Amore va dato: è come il Fuoco che, comunicato con paglia o altro, arde, altrimenti si spegne.

venerdì 23 novembre 2018

Un regno fuori del mondo che dà senso al mondo


34a domenica del Tempo Ordinario (B)
Daniele 7,13-14 • Salmo 92 • Apocalisse 1,5-8 • Giovanni 18,33-37
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

A conclusione dell'anno liturgico, memoria della storia di Gesù in cui prende senso la storia umana, celebriamo Gesù come "re" dell'universo, sintesi di tutto il cammino dell'umanità.
Le letture illustrano alcuni aspetti della regalità di Gesù, con caratteristiche tutte proprie e singolari.

Il mio regno non è di questo mondo
Il regno di Gesù, che si richiama al "regno di Dio" (Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo), non è un regno politico e civile, come Pilato poteva pensare e temere. Non ha eserciti, se non uno stuolo di "discepoli".
Si può ricollegare all'espressione della seconda lettura «Ha fatto di noi un regno di sacerdoti». I membri di questo regno non sono né soldati, né schiavi, né sudditi ma sacerdoti, chiamati a trasformare la loro vita in un atto continuato di lode al Padre e di servizio ai fratelli. Da riscoprire, in questa luce, l'espressione della seconda preghiera eucaristica: «Ti ringraziamo per averci ammessi alla tua presenza a compiere il nostro servizio sacerdotale».
Gesù non cerca sudditi rassegnati, ma amici e discepoli che condividono la sua causa.

Tu lo dici: io sono re
Gesù precisa lo stile della sua regalità: non uccide nessuno, va lui a morire; non comanda sugli altri, per primo obbedisce al Padre; non si allea con i grandi, si mette dalla parte degli umili. Per lui, grande è colui che serve: «Se io, il Signore e Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri».
La seconda lettura definisce Gesù "il testimone fedele": con la sua parola, con la sua vita e la sua morte ha rivelato e testimoniato Dio come Padre, come Amore. La sudditanza richiede l'ossequio e il timore, mentre l'amore scaccia la paura.

Per rendere testimonianza alla verità
La verità, nel vangelo di Giovanni, è la rivelazione definitiva dell'amore di Dio per gli uomini che Gesù porta e si identifica con lui: «Io sono la verità». In questo senso verità è colui del quale ci si può fidare.
Ne discende lo stile di vita del discepolo, espresso in diversi modi di dire: fare la verità, camminare nella verità, lo spirito della verità, la verità vi farà liberi. Tutti sottolineano che solo chi conduce una vita conforme al Vangelo è come Gesù, vero e libero: «Chi ascolta la mia parola conoscerà la verità, e la verità vi farà liberi!».
La seconda lettura definisce ancora Gesù "colui che ci ama", "colui che ci ha liberati dai nostri peccati". È un re che non vive per sé, ma per "testimoniare" una realtà che è vita per i "suoi".
È un incredibile gesto d'amore, che si rinnova in ogni eucaristia: «Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati».
Sulla croce Pilato farà inchiodare la scritta INRI, Gesù Nazareno re dei Giudei: attraverso la croce Gesù diventa il re messianico e tale avvenimento deve essere annunciato a tutto il mondo (la scritta è in tre lingue: ebraico, greco e latino).

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tu lo dici: io sono re (Gv 18,37)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Sono venuto… per dare testimonianza alla verità (Gv 18,37) - (22/11/2015)
(vai al testo…)
 Il mio regno non è di questo mondo (Gv 18,36) - (25/11/2012)
(vai al testo…)
 La santità si addice alla tua casa (Sal 92,5) - (20/11/2009)
(vai al post "Quale regno…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  La regalità di Cristo, pienezza di umanità (20/11/2015)
  Il vero Re, colui che serve e muore per amore (23/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Honoré Daumier, "Ecce homo")

lunedì 19 novembre 2018

I Diaconi e i Giovani: prendersi cura ed accompagnare





Il diaconato in Italia n° 210/211
(maggio/agosto 2018)

I Diaconi e i Giovani: prendersi cura ed accompagnare
«I giovani speso non trovano risposte alle loro inquietudini» (EG 105)






ARTICOLI
Parole di Agur (Giuseppe Bellia)
Per coloro che amiamo (Sara Cucaro)
Intreccio di due vite: dialogo tra padre e figlio (Luigi e Matteo Vidoni)
Linguaggi nuovi e antichi (Giuseppe Bellia)
Le inquietudini dei giovani (Giovanni Chifari)
La responsabilità che lega le generazioni (Paola Bignardi)
Come da Gerusalemme a Gerico (Maria Pina Rizzi)
All'altezza dello sterminato desiderio del cuore (Diacono Marco)
Il diacono permanente nella pastorale giovanile (Giorgio Agagliati)
Prendersi cura e accompagnare (Andrea Spinelli)
La chiamata al diaconato e i nostri figli (Enzo Petrolino)
Discernimento: un esperimento fra i giovani (Giovanni Chifari)
Verbi da coniugare (Francesco Giglio)
Una comunità per crescere insieme (Gaetano Marino)
Accompagnamento e comunità (Roberto Massimo)

RASSEGNA
Il furto del corpo (Paola Castorina)
Dietro il caos esistenziale dei figli; l'assenza del padre (Tonino Cantelmi)
Spunti per una pastorale giovanile: con e per i giovani (Giuseppe Petrocchi)
I giovani come soggetto di evangelizzazione (Dionigi Tettamanzi)
Tra memoria e oblio (Enzo Petrolino)

TESTIMONIANZE
La libera masseria di Cisliano, MI (Raffaele Cuseo)
Le cure palliative (Alessandro Sciolari)
Chiesa delle genti (Roberto Pagani)
Un diacono al consiglio pastorale diocesano (Antonio Fatigati)
La diaconia di don Antonio Brigliadori (II) (Marcello Ugolini)

RIQUADRI
Come formare i giovani al discernimento (G. B.)
Il papa ai parroci: vicini ai giovani che convivono (Francesco)
Verso il Sinodo dei giovani. nuovi equilibri (G. Borghi e S. Ventura)
Evangelizzazione e testimonianza della carità (Conferenza episcopale italiana)
Sulla omogeneità (M. Ceriotti Migliarese)

(Vai ai testi…)

venerdì 16 novembre 2018

È Lui che viene!


33a domenica del Tempo Ordinario (B)
Daniele 12,1-3 • Salmo 15 • Ebrei 10,11-14.18 • Marco 13,24-32
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore
Gesù non parla per metterci "paura", ma ci richiama una realtà di fondo, estremamente umana e vitale: tutte le creature, anche le più belle, passano.
Finirà questo mondo che sovente nasconde la presenza di Dio e ci distrae da Lui e inizierà un mondo, dove ci vedremo creature create per amore, che finalmente trovano nel loro Creatore-Padre la pienezza del bene e della gioia.
Gli ideali, anche buoni, passano … figli, scuola, lavoro, carriera, amici, salute sono "doni" che ci portano a scoprire il "Dono" che non passa …

Vedranno il Figlio dell'uomo venire … e riunirà i suoi eletti
La "fine del mondo" è per ciascuno il momento della morte, della "pasqua", come per Gesù.
In Gesù risorto non c'è solo la gioia piena, individuale, ma condivisa con tutti gli "eletti", a partire dalla Trinità stessa: anzi, la gioia personale sta proprio nel godere l'uno della gioia dell'altro.
È un'indicazione di fondo per il cammino nella storia, nella società. Come in cielo, così in terra: la comunione con gli altri sarà il nostro "paradiso", può diventarla, almeno un po', già adesso, se guardiamo alle persone liberandoci dai giudizi superficiali o stroncanti.
È un guardare alla nostra morte come incontro gioioso con Gesù e la moltitudine di fratelli e sorelle.

Le mie parole non passeranno
Le parole del Vangelo non passano mai di moda, sono sempre nuove, moderne, giovani.
La Parola è una presenza di Dio stesso, è Gesù, Verbo incarnato nella storia, che dà senso e luce a tutte le parole e le scelte umane.
Non per nulla Gesù afferma che chi lo ama osserverà la mia parola e questo amore ci fa sperimentare una particolare "presenza" sua e del Padre: "verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". In certo senso, la parola vissuta ci colloca alla "fine" del mondo: adesso è la fine, perché ne sperimentiamo l' "inizio"!

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Il Figlio dell'uomo radunerà i suoi eletti (Mc 13,27)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 … ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31) - (15/11/2015)
(vai al testo…)
 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mc 13,31) - (18/11/2012)
(vai al testo…)
 Mi indicherai il sentiero della vita (Sal 15,11) - (13/11/2009)
(vai al post "La via dell'amore")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il tesoro di bontà presente nel nostro tempo (13/11/2015)
  L'incontro definitivo, il futuro che ci attende (16/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Bernardette Lopez)

venerdì 9 novembre 2018

Il dono più prezioso


32a domenica del Tempo Ordinario (B)
1 Re 17,10-16 • Salmo 145 • Ebrei 9,24-28 • Marco 12,38-44
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Guardatevi dagli scribi
È sempre da riscoprire e ammirare l' originalità di Gesù: l'unità tra il comandamento dell'amore per Dio e dell'amore per il prossimo ne è il punto chiave.
Nel brano evangelico di questa domenica vengono in rilievo due aspetti: il primo è il valore unico, indiscutibile di ogni persona, indipendentemente dal suo rango sociale, culturale, anche religioso.
Gli scribi erano gli esperti della Sacra Scrittura, che era anche codice di diritto. Erano teologi e avvocati, professione magra la prima, ben remunerata la seconda.
Come falsi maestri hanno il culto della propria immagine. Amano con tutto il cuore se stessi. Si servono di tutto e di tutti, anche del Signore, per primeggiare. Sono il prototipo del peccato che è nel cuore di ogni uomo: il protagonismo che mette l'io al posto di Dio.
In questa luce la vedova diventa esempio di coloro che amano Dio con tutto il cuore, con tutta la mente con tutte le forze, che affidano al Padre tutta la propria vita. «Vi ha messo tutto quello che aveva»: è la risposta piena al comandamento di amare Dio con tutta la vita.

Venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli
Il secondo aspetto è il valore della "qualità" del gesto più che della "quantità": strettamente legato al primo. La persona vale per quello che sa donare, non per il modo né per il quanto.
Di fronte al tesoro un sacerdote controllava la validità della moneta e ne dichiarava ad alta voce l'identità. L'evangelista sottolinea che gli spiccioli erano "due". La vedova avrebbe potuto darne anche uno solo e tenersi l'altro.
I piccoli, quelli che non appariranno mai sui giornali o in TV, sono capaci di gesti di amore che non hanno l'onore della cronaca, ma costruiscono la storia, quella vera, in modo più profondo di chi fa "spettacolo" (il lavoro silenzioso di una mamma, la preghiera di una claustrale…).
Come Gesù, il discepolo dà tutto, non i ritagli (preghiere relegate all'ultimo momento; trovare con fatica il tempo per Dio e per gli altri: "se me lo chiedono…").
«Ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri»: Gesù non guarda le apparenze, vede il cuore. Nessuno è così povero da non avere nulla da dare. Il dono più prezioso è quello impregnato di amore.
Affermava S. Ambrogio: "Dio non bada tanto a ciò che gli doniamo, quanto piuttosto a ciò che riserviamo per noi".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Questa vedova... ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri (Mc 12,43)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Una vedova povera, vi gettò due monetine (Mc 12,42) - (08/11/2015)
(vai al testo…)
 Questa vedova, povera, ha dato più di tutti gli altri (Mc 12,43) - (11/11/2012)
(vai al testo…)
 Il Signore è fedele per sempre (Sal 145) - (06/11/2009)
(vai al post "Fidarsi di Dio")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  È il cuore la misura del nostro dare (06/11/2015)
  La "vedova" ci insegna… (09/11/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Luigi Vari (VP 9.2015)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Claudio Arletti (VP 9.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

venerdì 2 novembre 2018

Che cosa conta di più?


31a domenica del Tempo Ordinario (B)
Deuteronomio 6,2-6 • Salmo 17 • Ebrei 7,23-28 • Marco 12,28-34
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Ascolta! Il Signore Dio nostro è l'unico Signore
Gesù ci riporta al legame causa-effetto tra "ascoltare" e "amare".
L'ascolto della Parola ci fa scoprire, infatti, che Dio è unico, che è all'origine di ogni cosa e che è Amore: da qui scaturisce il bisogno, e la bellezza al tempo stesso, di amarlo più di ogni altra cosa e di ogni altra persona. E nell'amore a Lui gli altri amori non si cancellano, ma si ritrovano vivificati. Per questo l'amore per il "prossimo", cioè il vicino, colui che mi passa accanto, chiunque incontro, è legato all'amore per Dio.
Se, infatti, Dio è bellezza, verità, luce, gioia, pace..., allora diventa l'unico necessario e le creature non tanto si ridimensionano, nel senso di non contare più, ma nel senso di essere "immagine" di Lui e così vanno amate.
D'altronde, più conosciamo che Dio è Amore, che vuole il bene dei suoi figli, più ci sentiamo portati ad ascoltare e a vivere la sua volontà, che ci rivela il suo amore.
Il Vangelo afferma: «Dov'è il tuo tesoro, lì c'è il tuo cuore». «Se uno mi ama, osserverà la mia parola … e io mi rivelerò a lui»: vivere la Parola è la strada per esprimere il nostro amore e per scoprire sempre più l'amore di Gesù e, in Lui, del Padre per noi.

Non sei lontano dal regno di Dio
Gesù loda lo scriba perché ha capito che Dio vuole soprattutto l'amore, ma dice anche che gli manca qualcosa. Non arriva ancora a capire Gesù: Dio, l'unico Signore da amare con tutto il cuore e con tutte le forze, si è fatto uomo in Gesù.
E il prossimo da amare come se stessi è ancora Gesù: ogni uomo è figlio del Padre a somiglianza di Lui, in certo senso siamo altri Gesù. Per questo, Gesù ritiene fatto a sé ciò che facciamo agli altri, soprattutto ai più deboli.
Amare Dio e amare il prossimo diventano come la stessa cosa: non possiamo amare Dio senza amare il prossimo e non possiamo amare il prossimo senza amare Dio.
Quando amiamo Gesù come l'unico Signore e ascoltiamo la sua Parola, quando amiamo Gesù in ogni prossimo, viviamo già nel "regno di Dio", mettiamo in atto ciò che piace a Dio "più di tutti gli olocausti e i sacrifici".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Amerai il Signore tuo Dio. Amerai il prossimo tuo (Mc 12,30.31)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mc 12,31) - (04/11/2012)
(vai al testo…)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Il culto più vero e gradito a Dio (2/10/2012)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 10.2018)
  di Marinella Perroni (VP 9.2012)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Illustrazione di Stefano Pachì)

giovedì 1 novembre 2018

C'è Qualcuno che bussa alla mia porta!


Parola di vita – Novembre 2018
(Clicca qui per il Video del Commento)
(…Ed anche qui…)

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

Quante volte sentiamo bussare alla nostra porta? Può essere il portalettere, il vicino di casa, l'amico del figlio, ma anche lo sconosciuto… Cosa vorrà? Sarà prudente aprire, lasciare entrare in casa chi non conosciamo bene?
Eppure questa Parola di Dio, tratta dal Libro dell'Apocalisse, ci invita all'accoglienza di un ospite inatteso.
L'autore di questo Libro molto istruttivo per i cristiani, parla qui all'antica chiesa di Laodicea in nome del Signore Gesù, morto e risorto per amore di ogni creatura umana.
Parla con l'autorità che deriva da questo amore; loda, corregge, invita ad accogliere l'aiuto potente che il Signore stesso si prepara ad offrire a questa comunità di credenti, purché essi siano disponibili a riconoscere la Sua voce e ad "aprirgli la porta".

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me»

Oggi come allora, l'intera comunità cristiana è invitata a superare paure, divisioni, false sicurezze, per accogliere la venuta di Gesù. Egli infatti si presenta ogni giorno con diversi "vestiti": le sofferenze quotidiane, le difficoltà della propria coerenza, le sfide per le scelte importanti della vita, ma soprattutto nel volto del fratello e della sorella che incrociamo lungo la strada.
È anche un invito personale a "fermarci" con Gesù in un momento di intimità, come si fa con un amico, nel silenzio della sera, seduti alla stessa mensa; il momento più propizio per un dialogo che richiede ascolto e apertura.
Far tacere i rumori è la condizione per riconoscere ed ascoltare la Sua voce, il Suo Spirito, l'unico capace di sbloccare le nostre paure e farci aprire la porta del cuore.
Così Chiara Lubich racconta una sua esperienza: «Bisogna far tacere tutto in noi per scoprire in noi la Voce dello Spirito. E bisogna estrarre questa Voce come si toglie un diamante dal fango: ripulirla, metterla in mostra e donarla a tempo opportuno, perché è Amore e l'Amore va dato: è come il Fuoco che, comunicato con paglia o altro, arde, altrimenti si spegne. L'Amore deve crescere in noi e straripare» [1].
Dice papa Francesco: «Lo Spirito Santo è un dono. […] entra in noi e fa fruttificare, perché noi poi possiamo darlo agli altri. […] È proprio dello Spirito Santo, dunque, decentrarci dal nostro io per aprirci al "noi" della comunità: ricevere per dare. Non siamo noi al centro: noi siamo uno strumento di quel dono per gli altri» [2].

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me»

Nell'amore reciproco tipico del Vangelo, anche i cristiani possono essere, come Lui e con Lui, testimoni di questa presenza di Dio nelle vicende della storia, anche nei nostri giorni.
Nell'affluire di migranti in un luogo di frontiera, c'è chi sente bussare alla propria porta. Così racconta Delia: «Una calda domenica pomeriggio, vidi sedute sul marciapiede di fronte al mio bar tante mamme con i loro bambini che piangevano per la fame. Li ho invitati a entrare, spiegando che avrei dato gratuitamente da mangiare ai bambini. Le madri si vergognavano perché erano senza soldi, ma ho insistito e hanno accettato. Da lì è partito un tam tam e oggi è diventato il bar dei migranti, la maggior parte musulmani. Molti mi chiamano "Mamma Africa". La mia precedente clientela, pian piano, si è persa. Così, la stanza dedicata al gioco degli anziani è diventata la saletta dei bambini, dove possono scrivere e giocare, con un piccolo fasciatoio per cambiare i neonati e dare un po' di sollievo alle mamme, oppure si trasforma in aula per l'insegnamento della lingua italiana. La mia non è stata una scelta, bensì la necessità di non voltarmi dall'altra parte. Grazie ai migranti ho conosciuto tante persone e associazioni che mi sostengono e mi aiutano ad andare avanti. Se dovessi ricominciare, farei tutto daccapo. La cosa importante per me è DONARE!» [3].
Tutti siamo invitati ad accogliere il Signore che bussa per uscire, insieme a Lui, verso chi ci sta vicino. Sarà il Signore stesso a farsi spazio nella nostra vita, con la sua presenza.

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Lo Spirito Santo è l'Amore, 12 settembre 1949, in «Collegamento CH», giugno 2006.
[2] FRANCESCO, Udienza Generale, Roma 6 giugno 2018.
[3] In «Città Nuova online», 7 marzo 2018 e in «Collegamento CH», 16 giugno 2018.


Fonte: Città Nuova n. 10/Ottobre 2018