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sabato 26 marzo 2016

L'amore che non può essere annullato dalla morte


Pasqua di Risurrezione
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Maria di Magdala si recò al sepolcro, quando era ancora buio
Maria di Magdala esce di casa quando è ancora notte, buio in cielo, buio nel cuore.
Non ha niente tra le mani, ha soltanto la sua vita risorta: da lei Gesù aveva cacciato sette demoni, cioè la totalità del male.
È ancora buio e le donne si recano al sepolcro di Gesù. Sono quelle donne che l'avevano seguito dalla Galilea, sostenendolo con i loro beni in ciò che era necessario. Sono quelle che stavano sotto la croce. Ora vanno al sepolcro: ciò che le muove non è un atto di fede nella divinità di Gesù, non una speranza segreta, ma un atto d'amore. Lo amano ancora, semplicemente, ma è ciò che rimette in marcia la vita.
Maria di Magdala si ribella all'assenza di Gesù, perché amare è dire "tu non morirai!". Non a caso chi si reca alla tomba in quell'alba è chi ha avuto più forte esperienza dell'amore di Gesù: le donne, Maddalena, il discepolo amato.

Vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro
Vede il sepolcro spalancato, vuoto e risplendente nel fresco dell'alba, aperto come il guscio di un seme. E fuori è primavera. Qualcosa si muove in Maria, un'ansia, un fremito, un'urgenza...

Corse allora da Simon Pietro… Correvano insieme tutti e due…
Corre da Pietro e dal discepolo amato…
Correvano insieme tutti e due...
Perché tutti corrono nel mattino di Pasqua? Corrono, sospinti da un cuore in tumulto, perché l'amore ha sempre fretta, non sopporta indugi, la vita ha fretta di rotolare via i macigni che la bloccano. Chi ama è sempre in ritardo sulla fame di abbracci.
L'altro discepolo, quello che Gesù amava, corse più veloce. Giovanni arriva per primo al sepolcro, arriva per primo a capire il significato della risurrezione, e a credere in essa.

Chi ama o è amato capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo.
Il discepolo amato ha intelletto d'amore, ha l'intelligenza del cuore. Intuisce che un amore come quello di Gesù non può essere annullato dalla morte, che tutto ciò che anche noi vivremo e faremo nell'amore non andrà perduto, non sarà vinto da nulla.

(spunti da Ermes Ronchi)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non è qui, è risorto (Lc 24,6)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (31/03/2013)
Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù (Col 3,1)
(vai al testo)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  "Doveva" risorgere (04/04/2015)
  La gioia piena che il Risorto ci dona (19/04/2014)
  È vivo, Lui la nostra speranza! (30/03/2013)
  È risorto! (07/04/2012)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi

mercoledì 23 marzo 2016

Il dolore e la sofferenza
 sono "solo" germogli di rinascita


All'inizio di questo Triduo Santo leggo (anzi, rileggo con profonda e sincera "simpatia") questo scritto dell'amica Luisa, che riprendo dal suo Libro Con gli occhi di Rezarta.
Mi ricorda che tutto è per la Vita, che tutto è Vita… pure la morte, che è la "porta" per la Vita, per la Risurrezione.


DOLORE

Ci sono situazioni e accadimenti, cui la vita ci pone di fronte, che ci lasciano ghiacciati, impietriti e ci tolgono il respiro. Sono come macigni che schiacciano i fiori colorati cresciuti con fatica sul prato della nostra esistenza: fiori rari, unici, il cui profumo aveva riempito delicatamente ed intensamente le nostre giornate; magari primizie appena sbocciate, attese con trepidazione e sognate nel cuore per tanto tempo, misteriosamente emerse alla vita da terreni che crudeli sentenze umane avevano definito sterili.

Grandi «perché» affollano cuore e mente; rabbia, dolore e vuoto incolmabile si susseguono in un andirivieni infinito ed estenuante. Ci sentiamo piccoli ed impotenti di fronte a questo peso enorme, che nessuno può comprendere fino in fondo. Attorno a noi solo parole che lasciano ancora più vuoto, che affondano come coltello affilato nel nostro cuore già sanguinante. Ci chiediamo dove trovare un po' di autentica pace… in chi o in che cosa trovare forza. Nulla di esterno a noi sembra darci ristoro, perché ad ogni passo la sete si fa più intensa. Eppure quando, magari solo per un attimo, riusciamo ad incontrare profondamente noi stessi, guardare negli occhi il nostro dolore e la nostra devastazione che questo ha provocato, ecco che scopriamo la nostra forza. È come se permettessimo a Qualcuno di accendere il lume della nostra anima. E questo lume ci facesse scorgere, in fondo al buio che ci avvolge, le prime luce dell'alba di un nuovo giorno.

C'è stato un Uomo che – immergendosi totalmente nel dolore, paure ed angosce comprese – ha offerto al mondo una nuova visione delle cose: il dolore e la sofferenza sono "solo" germogli di vita, di cambiamento, di rinascita. Anche quando non riusciamo a comprenderlo. Ecco che il buio si trasforma in prospettiva. Ecco che la debolezza diviene forza. Ecco che il respiro torna ad essere meno affannoso. Non ci sentiamo più schiacciati, ma sostenuti. E diveniamo capaci di scelte coraggiose che mai avremmo immaginato di poter fare.

Il dolore, se proviamo ad incontralo senza paura, può essere per noi una grande opportunità.

(da Luisa Pozzar, Con gli occhi di Rezarta. Illustrazione di Valentina Bott)

domenica 20 marzo 2016

Vestire quelli che sono nudi


Riprendo l'approfondimento delle Opere di Misericordia attraverso le riflessioni di Enzo Bianchi, Priore di Bose, pubblicate su Vita Pastorale, cercando di "recuperare l'elementare grammatica dell'amore misericordioso di Dio".

Le opere di misericordia/4
Vestire quelli che sono nudi


La vita è un duro mestiere, e in essa sovente gli umani sono spogliati.
Oggi vestire quelli che sono nudi, terza opera di misericordia corporale, è diventato difficile da praticare. Ma chi è nudo? È nudo colui che è povero, che spende ciò che ha per mangiare e deve accontentarsi di vestirsi con stracci.

Un tempo la gente povera e semplice per esprimere la propria felicità ripeteva queste parole: «Abbiamo pane, casa e vestiti», ossia ciò che è necessario per vivere come umani, ciò che può assicurare l'umanizzazione delle nostre vite. Era anche un'eco, forse inconsapevole, di un'esortazione apostolica: «Quando abbiamo di che mangiare e di che coprirei, accontentiamoci» (1Tm 6,8). Oggi però vestire quelli che sono nudi, la terza nella lista delle azioni di misericordia verso i corpi, è diventato difficile da discernere e da praticare. Cosa significa, infatti, vestire ed essere vestiti? E il vestito stesso che significato porta in sé?

La nudità e il vestito
La verità è che noi umani nasciamo nudi e non abbiamo, come gli altri mammiferi, pelli e peli che ci siano di protezione. La nudità esprime la nostra fragilità, ma permette anche la bellezza unica del corpo. La nudità, che dice la nostra natura, è come una vocazione alla cultura, chiamata a dare ai nostri corpi un linguaggio, un'eloquenza. Sì, noi siamo parola, non solo con la nostra bocca e i nostri gesti, ma innanzi tutto attraverso ciò che scegliamo di mettere sul nostro corpo nudo: un mantello, un vestito, una collana, un bracciale o semplicemente un tatuaggio... Abbiamo bisogno che la nudità ricevuta dalla natura sia letta dagli altri, diventi cultura, perché solo così esprimiamo veramente la nostra soggettività. […]
Leggi tutto…

venerdì 18 marzo 2016

La vita ci viene dal cuore trafitto di Dio


Domenica delle Palme (C)
Isaia 50,4-7 • Salmo 21 • Filippesi 2,6-11 • Luca 22,14 - 23,56
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi…
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori

Al cuore del Vangelo c'è questo lungo patire: un Dio che muore per amore.
È qualcosa che si stenta a capire, eppure ci chiama, ci disarma, ci ferisce... Uno spettacolo davanti al quale siamo impotenti. Perché la croce non ci è stata data per capirla, ma per aggrapparci e farci portare in alto.
Ma Gesù perché è venuto? Perché la terra intera risuona di un grido, un grido di dolore e di nostalgia per il paradiso perduto, per il Dio perduto, per l'amore e la pace perduti. La terra è un immenso pianto. E un giorno Dio non ha più sopportato, non ha più potuto trattenersi. E allora è venuto, ha raggiunto i suoi figli, si è incarnato e si è messo a gridare insieme a loro lo stesso grido radicato nell'angoscia e nella speranza.
E perché Gesù è salito sulla croce? Per essere con me e come me. Perché io possa essere con lui e come lui.
Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all'uomo che è in croce. L'amore conosce molti doveri, ma il primo di questi doveri è di essere insieme con l'amato, vicino, unito, come una madre che vuole prendere su di sé il male del suo bambino, ammalarsi lei per guarire suo figlio. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante. Entra nella morte perché là va ogni suo figlio.

Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è il Cristo di Dio
Nel corpo del crocifisso l'amore ha scritto il suo racconto con l'alfabeto delle ferite: Tu che hai salvato gli altri, salva te stesso. Lo dicono tutti, capi, soldati, il ladro: Se sei Dio, fai un miracolo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, allora crederemo. Chiunque, uomo o re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Lui, no. Solo un Dio non scende dalla croce, solo il nostro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Solo la croce toglie ogni dubbio, perché sulla croce non c'è inganno.

Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno
Ricordati di me, prega il ladro. Oggi sarai con me in paradiso, risponde Gesù. Per questo sono qui, per poterti avere sempre con me. Non c'è nulla che possa separarci, né male, né tradimenti, né morte. Io vengo a prenderti anche nelle profondità dell'inferno, se tu mi vuoi. Solo se tu mi vuoi. Ma io continuerò a morire d'amore per te, anche se tu non mi vorrai, e appena girerai lo sguardo troverai uno, eternamente inchiodato in un abbraccio, che grida: ti amo!

Sono i giorni del nostro destino: l'uomo uscito dalle mani di Dio, rinasce ora dal cuore trafitto del suo creatore.

(spunti da Ermes Ronchi)


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi (Lc 22,15)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (17/03/2013)
Veramente quest'uomo era giusto (Lc 23,47)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Gioia e dolore! (22/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi

giovedì 17 marzo 2016

Intervista sul diaconato a
 Mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste


Riprendo le interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi, pubblicate nella rivista L'Amico del Clero della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.

Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.

Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.

Nel numero 2 (febbraio 2016) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste.

Alla domanda "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", mons. Crepaldi ha risposto: «Ritengo che innanzitutto devono essere persone ricche di umanità, consapevoli del dono inestimabile della chiamata al ministero ordinato, persone innamorate della loro storia, riflesso del progetto di Dio su di loro, innamorati della Parola di Dio quale "lampada" che essi sono chiamati a far risplendere nei luoghi della loro vita incominciando dalla famiglia, dall'ambiente di lavoro, dai servizi loro proposti in seno alla Chiesa. Persone che hanno una forte spiritualità che condividono con i fratelli specie nella preghiera e nell'ascolto fraterno».

E alla domanda "Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?", ha risposto: «Occorre continuamente aiutare i presbiteri a riscoprire la ricchezza rappresentata dal diacono permanente che non è un vice-parroco, né un ministrante cresciuto. Questo implica la necessità di educare alla Diaconia il clero ripartendo dalle origini della Chiesa e facendo leva sui documenti che la Chiesta stessa ha prodotto nell'ultimo cinquantennio riguardanti proprio il diaconato».
Vai all'intervista…

martedì 15 marzo 2016

Dio ha scelto…


La Lettura breve dei Vespri di oggi (martedì della V settimana di Quaresima), presa da 1Cor 1,27b-30, recita:

«Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione».

Oggi, chi è debole, ignobile e disprezzato?
Oggi, chi Dio sceglie per confondere i forti?
Mi passano davanti le immagini dei profughi che scappano dalla guerra… e sono poveri, disprezzati, ignobili
È attraverso quella povertà che Dio ridurrà a nulla le cose che sono?
Chi potrà gloriarsi davanti a Dio per aver costruito muri e barriere di filo spinato?

Ma solo in Gesù, che si è caricato di tutte le nostre ignominie per trasfigurarle, troveremo riscatto, senso della vita, dignità ritrovata…, se in Lui e con Lui scenderemo nei bassifondi di questa umanità per abbracciarla, servirla… amarla.






lunedì 14 marzo 2016

Intervista sul diaconato a
 Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza


Nella rivista della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia), L'Amico del Clero da alcuni anni vengono pubblicate delle interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi.
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.


Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.


Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.

Nel numero 1 (gennaio 2016) de L'Amico del Clero è riportata l'intervista a Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza.

Alla domanda "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", mons. Pizziol ha risposto: «Il rito di ordinazione, subito dopo l'invocazione dello Spirito, augura loro alcune qualità: "sinceri nella carità, premurosi verso i poveri e i deboli, umili nel loro servizio, retti e puri di cuore, vigilanti e fedeli nello spirito". Credo questi siano i requisiti di base per far crescere ogni sequela autenticamente cristiana e il ministero diaconale in particolare. La premura per i deboli e gli ultimi, in tutta sincerità e umiltà, lontani dalla tentazione di ogni potere, rendono fruttuosa una autentica passione per la comunità cristiana concreta, quella della quotidianità. Accanto a questo va valutata la serenità e l'equilibrio della vita familiare, sia per chi è celibe e che per questo più di qualche volta è chiamato a farsi carico di genitori anziani, e così pure per chi è sposato. Per quest'ultimo poi sarà importante verificare la disponibilità della sposa a confrontarsi con lo sposo sul cammino che lui intende iniziare, per evitare che un marito faccia un percorso e una esperienza di vita cristiana alla quale è estranea proprio la moglie che ha sposato nel Signore».
Vai all'intervista…

sabato 12 marzo 2016

La Misericordia di Dio nell'Anno Liturgico
 V settimana di Quaresima




Siamo all'ultima settimana di Quaresima: riprendo le meditazioni sulla «Misericordia di Dio nel cammino dell'Anno Liturgico», come proposte da fr. Luigi Colombotti ofm: «una ricerca della misericordia di Dio, tenendo presente i testi che parlano della misericordia, nella Messa e nella Liturgia delle Ore».





V Settimana di Quaresima

PER CRISTO, LA MISERICORDIA DIO SPEZZA LE CATENE DELLA COLPA E CI DONA LA PERFETTA COMUNIONE

Con il primo peccato l'uomo è stato escluso dalla comunione con Dio ma nella condanna c'era già la promessa della salvezza.(Cf Gen 3,15). Con la chiamata di Abramo la misericordia di Dio inizia a farsi storia e parte proprio da un ritorno alla comunione tramite l'offerta di un'alleanza, ad Abramo chiede fedeltà: In quei giorni Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui: «Quanto a me, ecco la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni. La terra di Canaan dove sei forestiero, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio. Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione» (Gio/Gen 17,3-9).
[…]
Il Dio dei padri predilige gli ultimi, li ama con tenerezza materna, sta a fianco e libera la vita dei poveri. […]
Il Figlio di Dio Gesù di Nazaret agisce nello stesso modo. Infatti se gli uomini non condannano perché sono peccatori, può forse condannare Colui che è venuto per salvare? […]
La magnanimità misericordiosa di Dio non solo non si lascia condizionare dalle resistenze umane, ma già prima che il rifiuto diventi aperto e chiaro, ci ha riconciliati a Sé mediante la morte del Figlio suo. Infatti Dio dimostra il suo amore per noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi (Lun/UL Resp. 2 Lett.). La decisione di Dio è senza equivoci: ha stabilito Cristo come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue (Ven/UL Resp. 2 Lett.). Ecco perché il Padre guardando il sacrificio di Cristo non può fare a meno di avere pietà di noi e di donare la sua misericordia a tutti quelli che veramente si pentono (Lun/UL 2 Lett./S. Giovanni Fisher). […] La nostra delizia di discepoli di Gesù perché Gli abbiamo creduto, è quella di rimanere nella sua Parola: essa ci rende liberi […]. Divenuti un solo uomo con Lui, come Lui sappiamo essere benevoli, misericordiosi, disposti al perdono […] (Mer/Vesp Lett. br.).
[…]
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venerdì 11 marzo 2016

Gesù apre le porte delle nostre prigioni


5a domenica di Quaresima (C)
Isaia 43,16-21 • Salmo 125 • Filippesi 3,8-14 • Giovanni 8,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Gli condussero una donna sorpresa in adulterio…
Una trappola ben congegnata, per porre Gesù o contro Dio o contro l'uomo. Gli scribi e i farisei gli condussero una donna... la posero in mezzo.
Donna senza nome, che per scribi e farisei non è una persona, è una cosa, che si prende, si porta, si conduce… che si può mettere a morte. Una donna ferita nella persona, nella sua dignità…, contro la quale i difensori di Dio commettono un peccato più grave del peccato che vogliono punire.

Gesù si chinò e si mise a scrivere con il dito per terra...
Davanti a quella donna Gesù china gli occhi a terra, come preso da un pudore santo davanti al mistero di lei. Gli fa male vederlo calpestato in quel modo.

Chi di voi è senza peccato getti per primo la pietra contro di lei
Gesù butta all'aria tutto il vecchio ordinamento con una battuta sola, con parole taglienti e così vere che nessuno può ribattere.

Nessuno ti ha condannata? Neanch'io ti condanno
Ecco la giustizia di Dio: non quella degli uomini ma quella di Gesù, il giusto che giustifica, il santo che rende giusti, venuto a portare non la resa dei conti ma una rivoluzione radicale dei rapporti tra Dio e uomo, e di conseguenza tra uomo e uomo. A raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci prende in braccio e, per la prima volta, ci ama per quello che siamo, perdonando ogni errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore.
Più avanti Gesù compirà qualcosa di ancor più radicale: metterà se stesso al posto di quella donna, al posto di tutti i condannati, di tutti i colpevoli, e si lascerà uccidere da quel potere ritenuto di origine divina, spezzando così la catena malefica là dove essa ha origine, in una terribile, terribilmente sbagliata idea di Dio.

Va' e d'ora in poi non peccare più
Ciò che sta dietro non importa, importa il bene possibile domani. Tante persone vivono come in un ergastolo interiore, schiacciate da sensi di colpa, da errori passati; e abortiscono l'immagine divina che preme in loro per crescere e venire alla luce. Gesù apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Sa bene che solo uomini e donne liberati e perdonati possono dare ai fratelli libertà e perdono. Il perdono: il solo dono che non ci farà più vittime e non farà più vittime, né fuori né dentro noi.

(spunti da Ermes Ronchi)


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (17/03/2013)
Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra (Gv 8,7)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
Il perdono, riabilitazione e rinascita (15/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)


martedì 8 marzo 2016

Il cuore del cristianesimo


Nell'anno dedicato al Giubileo della Misericordia, mi sono proposto di approfondire le Opere di Misericordia. Lo faccio anche attraverso le riflessioni di Enzo Bianchi, Priore di Bose, pubblicate su Vita Pastorale, cercando di "recuperare l'elementare grammatica dell'amore misericordioso di Dio".


Le opere di misericordia/1
Il cuore del cristianesimo


«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi,
anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12)

Nel vangelo c'è una parola decisiva di Gesù: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12). È la "regola d'oro", che stabilisce l'amore attivo di ciascuno di noi verso l'altro: una regola presente in tutte le culture della terra, perché elaborata dal "noi insieme" nel cammino di umanizzazione. Purtroppo non è abbastanza conosciuta e ripetuta l'universalità di questo comando, sovente sconfessato anche dalle religioni. Ma se questo imperativo è sentito come tale in ogni tempo e a ogni latitudine, significa che l'essere umano è capax boni, è per natura capace di discernere e operare il bene. È soprattutto in questa capacità che consiste l'immagine di Dio e la somiglianza con lui che ogni umano porta in sé (cf Gen 1,26-27). […]
Questo imperativo dell'amore dell'altro non è privilegio di una religione, ma è umano, umanissimo, ispirato dal cuore presente in ogni persona, che è capace di compierlo o di rifiutarlo. La fede cristiana, dunque, non ha creato questa regola d'oro, ma le ha dato un primato assoluto, chiedendo ai discepoli di Gesù Cristo di contribuire al cammino di umanizzazione e di non smentirlo mai: fare un'azione di misericordia verso gli altri è come farla verso il Signore Gesù Cristo («Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» Mt 25,40), perché è fare la sua volontà («Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» Gv 14,15). […]
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Le opere di misericordia/2
Dare da mangiare


Avere cibo e beni abbondanti e non condividerli è un peccato
che invoca giustizia davanti al trono di Dio

Dare da mangiare a chi ha fame significa far vivere chi non ha cibo. Tale azione è un non permettere la morte di un fratello o di una sorella in umanità. Ogni situazione di fame appare profondamente ingiusta, una vera contraddizione alla bontà di Dio.

Mangiare è molto più del nutrirsi… dare da mangiare a chi ha fame significa far vivere chi non ha cibo e dunque è votato alla morte. Tale azione è un non permettere la morte, un non compiere l'omicidio di un fratello o di una sorella in umanità.
Appena usciti dall'utero materno, noi tutti facciamo esperienza dell'avere fame, bisogno di cibo; e non essendo in grado di procurarcelo, lo attendiamo innanzi tutto dalla madre. La pulsione a vivere che ci abita si esprime con la fame, e per vivere abbiamo bisogno di mangiare.
[…]
La prima verità dell'eucaristia: accogliere il pane e condividerlo.
Gli affamati, coloro che, se non saziati, rischiano di morire, sono per i cristiani non solo il "sacramento" di Cristo, ma i "vicari di Cristo", come li definiva il Medioevo cristiano. Proprio su questa misericordia corporale si gioca la salvezza delle nostre vite di credenti. […]
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Le opere di misericordia/3
Dare da bere agli assetati


«Laudato si', mi' Signore, per nostra sorella acqua, la quale è molto umile, preziosa e casta»
Dare da bere agli assetati significa in primis procurare acqua a chi ha sete vera, reale: sete nella sua carne, nella sua gola. Non accorgersi di questi bisognosi è attirare su di sé la maledizione, perché si resta indifferenti alla sete dell'altro.

L'Europa, terra dell'emisfero settentrionale del pianeta, terra che riceve abbondanti piogge ed è solcata da numerosi fiumi e torrenti, terra abitata soprattutto nelle valli o nelle pianure ai piedi delle montagne, non fa soffrire di sete i suoi abitanti. Si verificano anche in essa di tanto in tanto periodi di siccità, durante i quali si prosciugano i torrenti e si riduce l'acqua dei fiumi, ma i suoi pozzi non si seccano. Sicché l'azione di misericordia corporale del dare da bere agli assetati può sembrarci non così decisiva come le altre, poco esercitata e di minore importanza: l'acqua c'è e basta una semplice azione per condividerla, procurandoci tutt'al più un po' di scomodità. Forse per questo alcuni la commentano unendola alla precedente, dare da mangiare agli affamati. Noi cerchiamo invece di comprenderla per sé e di verificare se si tratta davvero di un'azione che ci riguarda poco. […]
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sabato 5 marzo 2016

La Misericordia di Dio nell'Anno Liturgico
 IV settimana di Quaresima


Continuo la meditazione sulla «Misericordia di Dio nel cammino dell'Anno Liturgico», seguendo le riflessioni di fr. Luigi Colombotti ofm, «una ricerca della misericordia di Dio nell'Anno Liturgico, tenendo presente i testi che parlano della misericordia, nella Messa e nella Liturgia delle Ore, a partire dalla Solennità dell'Immacolata fino all'ultima settimana dell'Anno Liturgico».




IV Settimana di Quaresima

LA MISERICORDIA PREMUROSA DI DIO VERSO I POVERI È SEGNO DELLA SUA BONTÀ NELLA STORIA

Conoscendo la Storia della salvezza possiamo affermare con certezza che Dio prova una grande passione d'amore per l'uomo ed è disposto a fare cose straordinarie per ricondurlo a sé dopo il peccato. Il dono più sorprendente è il Verbo Incarnato che prese su di sé le nostre infermità, pagò il nostro debito e ci comandò di essere misericordiosi come il Padre celeste (Mer/UL 2 Lett./S. Massimo Confessore).
La pasqua del Verbo divino è il centro e culmine della storia di salvezza, ma fin dagli inizi Dio si mostra misericordioso, ascolta l'intercessione degli uomini giusti, si pente e non attua il male minacciato. […]
La passione d'amore del Padre per gli uomini è anche in Cristo suo Figlio Gesù Cristo il quale con la sua mediazione soccorso a tutti. Dice San Leone Magno che il sacro sangue di Cristo ha spento il fuoco di quella spada, che sbarrava l'accesso al regno della vita. Le tenebre dell'antica notte hanno ceduto il posto alla vera luce. Il popolo cristiano è invitato alle ricchezze del paradiso. Per tutti i battezzati si apre il passaggio per il ritorno alla patria perduta, a meno che qualcuno non voglia precludersi da se stesso quella via, che pure si apri alla fede del ladrone (Gio /UL 2 Lett.).
[…]
Il Padre è Dio di misericordia, guarda con bontà la miseria dell'uomo, viene in suo soccorso e lo restituisce alla gioia per cui di nuovo canta: Io confido nel Signore. Esulterò e mi rallegrerò per la tua misericordia, perché hai guardato con bontà alla mia miseria (Sal 30,7-8) (Lun/Sal 30). Egli è Padre buono del suo popolo, lo consola ed ha misericordia dei suoi poveri. Per questo il profeta invita l'intero cosmo alla gioia: Giubilate, o cieli, rallégrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri (Mer/Is 49,8-15).
[…]
Ma dove oggi trovo la salvezza? Dove trovo il Cristo che mi salva? Sant'Ambrogio risponde: Signore, quando ti cerco ti trovo nei tuoi sacramenti (S. Ambrogio, Apologia Prof. David 5,8). La stessa fede la canta il vescovo sant'Atanasio quando dice che nella celebrazione liturgica Dio ci accorda la gioia della salvezza che accresce la fraternità. È un miracolo della bontà di Dio quello di far sentire solidali nella celebrazione e fondere nell'unità della fede lontani e vicini, presenti e assenti (Ven/UL 2 Lett.).
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venerdì 4 marzo 2016

Le intime fibre del cuore del Padre


4a domenica di Quaresima (C)
Giosuè 5,9a.10-12 • Salmo 33 • 2 Corinzi 5,17-21 • Luca 15,1-3.11-32
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Un uomo aveva due figli…
Il figlio più giovane se ne va, un giorno, in cerca di se stesso, in cerca di felicità. Non a mani vuote, però, pretende l'eredità: come se il padre fosse già morto per lui. Probabilmente non ne ha una grande opinione, forse gli appare un debole, forse un avaro, o un vecchio un po' fuori dal mondo.
Il fratello maggiore intanto continua la sua vita tutta casa e lavoro, però il suo cuore è altrove, è assente. Lo rivela la contestazione finale al padre: io sempre qui a dirti di sì, mai una piccola soddisfazione per me e i miei amici. Neanche lui ha una grande opinione di suo padre: un padre, che si può o si deve ubbidire, ma che non si può amare.

Allora il figlio minore ritornò in se stesso…
L'obiettivo di questa parabola è precisamente quello di farci cambiare l'opinione che nutriamo su Dio. Il primo figlio pensa che la vita sia uno sballo, cerca la felicità nel principio del piacere. Ma si risveglia dal suo sogno in mezzo ai porci a rubare le ghiande. Il "ribelle" diventato servo, ritorna in sé… Riflette e decide di tornare. Non decide di ritornare perché si accorge di amare il padre, ma perché gli conviene. E si prepara la scusa per essere accolto, presentando le ragioni del padre e riconoscendo di essere stato uno stupido, di aver sbagliato... E continua a non capire nulla di suo padre.

Il padre ebbe compassione, gli corse incontro…
Ma il padre della parabola è un Padre che è il racconto del cuore di Dio: lascia andare il figlio anche se sa che si farà male, un figlio che gli augura la morte. Un padre che ama la libertà dei figli, la provoca, la attende, la festeggia, la patisce. Un padre che corre incontro al figlio, perché ha fretta di capovolgere il dolore in abbracci, di riempire il vuoto del cuore: per lui perdere un figlio è una perdita infinita. Un padre che non rinfaccia, ma abbraccia. Non sa che farsene delle scuse, le nostre ridicole scuse, perché il suo sguardo non vede il peccato del figlio, vede il suo ragazzo rovinato dalla fame. Ma non si accontenta di sfamarlo, vuole una festa con il meglio che c'è in casa, vuole reintegrarlo in tutta la sua dignità e autorità di prima: mettetegli l'anello al dito! E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti.

Il fratello maggiore non voleva entrare… Il padre uscì a supplicarlo…
Al padre non basta aver ritrovato il figlio perduto. È un padre che esce anche a pregare il figlio maggiore, alle prese con l'infelicità che deriva da un cuore non sincero, un cuore di servo e non di figlio. Tenta di spiegare e farsi capire, ma alla fine non si sa se ci sia riuscito...

Questo della parabola è un padre che non è giusto? È un padre non solo giusto, è di più: è amore, esclusivamente amore. E allora: Dio è così? Così eccessivo, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così! Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita.

(spunti da Ermes Ronchi)


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E cominciarono a far festa (Lc 15,24)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (10/03/2013)
Il Padre lo vide, ebbe compassione e gli corse incontro ( Lc 15,20)
(vai al testo)

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La gioia di essere perdonati ed accolti (8/03/2013)

Commenti alla Parola:
  di Luigi Vari (VP 2.2016)
  di Marinella Perroni (VP 2.2013)
  di Claudio Arletti (VP 2.2010)
  di Enzo Bianchi

(Illustrazione di Giorgio Trevisan)

martedì 1 marzo 2016

"Misericordia io voglio…"


Riprendendo il Messaggio di papa Francesco sulla Quaresima, cerco di rimettermi nella disposizione di vivere "più intensamente" questo "momento forte per celebrare e sperimentare la misericordia di Dio".
L'invito del papa non lascia dubbi: ha "voluto sottolineare il primato dell'ascolto orante della Parola, in specie quella profetica".
Parola e Misericordia sono i due poli su cui scorre l'annuncio e l'accoglienza dell'Amore del Padre, un annuncio di cui "ogni cristiano è chiamato a fare esperienza in prima persona".
Accogliere la Parola e farne esperienza sotto la guida dello Spirito Santo...
È lo Spirito che parla, illumina, evangelizza, annuncia, feconda, dà vita…
Maria, dice Francesco, nel "Magnificat canta profeticamente la misericordia con cui Dio l'ha prescelta", perché lei ha "accolto la Buona Notizia a lei rivolta dall'arcangelo Gabriele".
Maria, "icona perfetta della Chiesa che evangelizza perché è stata ed è continuamente evangelizzata per opera dello Spirito Santo, che ha fecondato il suo grembo verginale".
Maria, grande perché tutta rivestita della Parola di Dio; madre perché ha generato la Parola; prima apostola perché ha annunciato, dopo la visita dell'angelo, la misericordia di Dio, che si estende di generazione in generazione.
La misericordia, termine che ha strettamente a che fare con le "viscere materne"; e "che si esercita all'interno delle relazioni coniugali e parentali".
Ora la misericordia di Dio si è manifestata a noi in pienezza in Gesù crocifisso. In Lui "Dio arriva fino a voler raggiungere il peccatore nella sua più estrema lontananza, proprio là dove egli si è perduto ed allontanato da Lui". E questa misericordia di Dio "trasforma il cuore dell'uomo e gli fa sperimentare un amore fedele e così lo rende a sua volta capace di misericordia", "motivandoci all'amore del prossimo e animando le opere di misericordia corporali e spirituali", con "atti concreti e quotidiani, destinati ad aiutare il nostro prossimo nel corpo e nello spirito e sui quali saremo giudicati: nutrirlo, visitarlo, confortarlo, educarlo". Così, non separando mai le opere di misericordia corporali da quelle spirituali, saremo portati a toccare "nel misero la carne di Cristo crocifisso", ricevendo così, noi peccatori, il dono della "consapevolezza di essere noi stessi poveri mendicanti".
Solo nell'amore di Cristo crocifisso troviamo "la risposta a quella sete di felicità e di amore infiniti che l'uomo si illude di poter colmare mediante gli idoli del sapere, del potere e del possedere".
E Gesù, "nel povero continua a bussare alla porta del nostro cuore".