18a domenica del Tempo Ordinario (B)
Esodo 16,2-4.12-15 • Salmo 77 • Efesini 4,17.20-24 • Giovanni 6,24-35
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Appunti per l'omelia
Gesù ha compiuto un miracolo strepitoso. Ha sfamato una grande folla con cinque pani e due pesci, che si sono moltiplicati nelle sue mani.
Il giorno dopo la folla lo raggiunge sull'altra riva del lago, a Cafarnao. Qui ha inizio un dialogo serrato tra Gesù e la folla, un discorso in cui Egli interpreta il miracolo avvenuto e ne rivela il significato nascosto. Nel brano evangelico odierno leggiamo le prime battute. È importante non sentirci spettatori, ma pienamente coinvolti, verificando con attenzione se ci ritroviamo nella mentalità di Gesù, che ci vuole offrire la sua sconvolgente rivelazione.
Voi mi cercate non perché avete visto dei segni…
I "miracoli" non sono soltanto fatti meravigliosi, ma soprattutto "segni", rimandano a una realtà più profonda: indicano che l'era messianica con l'abbondanza dei beni promessi dai profeti è arrivata attraverso Gesù, è legata alla sua persona. I contemporanei di Gesù si sono fermati al significato immediato del pane, hanno scambiato Gesù stesso per un Messia terreno che procura loro il cibo materiale in abbondanza e a buon mercato, risolvendo i problemi di ordine economico. Cercano Gesù non per se stesso, per quello che è, ma per il pane che ha donato. Preferiscono il dono al Donatore e si accontentano di un dono che - pur essendo necessario e prezioso - è smisuratamente inferiore a quello che Gesù è in grado di offrire e desidera offrire. Un dono che è il Donatore stesso.
Gesù vuole dirci: «Voi chiedete troppo poco. Io ho da darvi molto di più. Avete già ricevuto doni enormi (la realtà di figli di Dio, la presenza del regno di Dio fra voi...) e non sapete che farvene e neppure sapete di possedere tali tesori».
Le parole di Gesù nascondono la sua delusione amara nei confronti di quanti danno più importanza a ciò che appare sensazionale e miracolistico, accontentandosi di un interesse vago e generico, invece che impegnarsi in una ricerca seria di Gesù.
Procuratevi non il cibo che perisce…
Al cibo materiale, che si deteriora e si esaurisce, viene contrapposto un cibo di natura diversa e superiore, che non si corrompe, è permanente e opera un effetto sull'intero corso della vita: la "vita eterna" è la vita divina già presente in chi crede e che, come la realtà stessa di Dio, non ha termine. Un cibo radicalmente nuovo: lo dona il "Figlio dell'uomo". Nel IV Vangelo tale espressione indica Gesù come Messia inviato da Dio, che con la sua morte-risurrezione opera la salvezza: "Su di Lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo". Gesù rivela la sua relazione unica con Dio, che lo rende in grado di donare il cibo imperituro e divino. Esorta a "procurarsi" tale cibo, cioè a darsi da fare con ogni cura pur di avere tale dono.
Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?
La gente pensa che Gesù richieda nuove pratiche religiose, ma "Questa è l'opera di Dio", l'unica opera da compiere: "Credere in Colui che Egli ha mandato".
La folla chiede un "segno" speciale: in realtà i miracoli di Gesù sono "segni", non eclatanti e spettacolari come pretenderebbero i suoi interlocutori.
Il pane che viene da Dio, che è dono di Dio ed è pieno della sua forza, è una persona, è "colui che discende dal cielo (cioè, da Dio)", Gesù stesso. Come il pane terreno sostiene e alimenta la vita terrena, così il pane celeste, che è Gesù, comunica la vita divina.
"Io sono il pane della vita". È la prima autodefinizione di una lunga serie con cui Gesù rivela chi è Lui per l'uomo, per ciascuno di noi: "Io sono la luce ... la porta ... il buon pastore ... la risurrezione e la vita ... la via, la verità e la vita ..." (Cfr. Gv 8,12.18.23; 10,7.9; 11,14.25; 14,6; 15,1.5).
Come il pane o il cibo consente di sopravvivere, di crescere, e dà sapore e diletto, è cioè necessario per la vita del corpo, così Gesù è l'unico necessario e indispensabile sul piano della vita eterna, che sola merita il nome di vita in senso pieno. Una vita che è già realtà presente di comunione con Gesù e col Padre, tutta protesa alla pienezza finale. Nel seguito del discorso Gesù preciserà che Lui è il pane che dà la vita attraverso il suo insegnamento e l'Eucaristia.
Commuove il fatto che Gesù abbia voluto designarsi come "pane". Il pane esiste per essere mangiato. Gesù desidera essere "mangiato" perché vuole una unità totale coi suoi. Sa che la sua Parola e l'Eucaristia, se vengono ricevute (cioè, "mangiate"!), gli permettono di penetrare in loro e fondersi con loro, col risultato che essi vengono assimilati a Lui e diventano "pane" per gli altri.
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Chi viene a me non avrà fame… (Gv 6,35)
(vai al testo…)
PDF formato A4, stampa f/r per A5:
Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
• È il Padre mi che vi dà il pane dal cielo (Gv 6,32) - (02/08/2015)
(vai al testo…)
• Voi mi cercate perché avete mangiato di quei pani (Gv 6,26) - (05/08/2012)
(vai al testo…)
• Avete imparato a rivestire l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio (Ef 4,24) - (31/07/2009)
(vai al post "L'uomo nuovo")
Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
• Il pane "vero" che sazia la nostra fame di felicità (31/07/2015)
• Diventare "pane" (03/08/2012)
…ed il post:
• La Vita, per un pezzo di pane (02/08/2009)
Commenti alla Parola:
• di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2018)
• di Luigi Vari (VP 6.2015)
• di Marinella Perroni (VP 6.2012)
• di Claudio Arletti (VP 7.2009)
• di Enzo Bianchi
• di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
• di Letture Patristiche della Domenica
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