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venerdì 31 maggio 2019

Testimoni della sua "presenza"


Ascensione del Signore (C)
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Ebrei 9,24-28;10,19-23 • Luca 24,46-53
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Luca presenta l'ascensione di Gesù come segno della presenza di Gesù nella storia umana: si apre un tempo nuovo, quello dello Spirito e della Chiesa missionaria. Da quel giorno il vangelo è affidato alla nostra vita e alle nostre mani.
La preoccupazione di Luca non è quella di informarci su come, dove e quando Gesù è salito al cielo, ma illuminare i cristiani del suo tempo, e quindi di oggi, sul mistero della Pasqua. Per questo compone una pagina di "teologia", utilizzando il linguaggio e le immagini comprensibili ai suoi contemporanei.
Al tempo di Gesù "l'attesa del Regno" era vivissima e gli scrittori apocalittici la annunciavano come imminente. Con la morte di Gesù le speranze vengono deluse: "Noi speravamo …", dicevano sconsolati i discepoli di Emmaus. La Risurrezione risveglia le attese. Si diffonde la convinzione di un immediato ritorno di Cristo, molti cominciano a dubitare, a ironizzare. Luca si rende conto che un "equivoco" sta all'origine della delusione: la risurrezione di Gesù ha segnato l'inizio del Regno di Dio, non la conclusione della storia.
Come correggere le false attese? Luca introduce negli Atti un dialogo tra Gesù e gli Apostoli. La risposta del Risorto è: «Smettetela di disquisire sui tempi e sui momenti della fine del mondo. Questi sono conosciuti solo dal Padre. Impegnatevi piuttosto a portare a compimento la missione che vi è stata affidata: essere miei testimoni da Gerusalemme fino agli estremi confini della terra».
Per far comprendere il racconto dell'ascensione, Luca aveva a disposizione il racconto del rapimento di Elia (cfr. 2Re 2,9-15). Attraverso quella scenografia, esprime una realtà che non può essere verificata con i sensi né descritta adeguatamente con parole: Pasqua - Risurrezione - Entrata nella gloria.

La nube indica la presenza di Dio in un certo luogo (cfr. Es 13,22). Luca la impiega per affermare che Gesù, lo sconfitto, è invece accolto dal Padre e proclamato Signore.
I due uomini, vestiti di bianco, sono gli stessi che compaiono presso il sepolcro nel giorno della Pasqua (cfr. Lc 24,4). Il colore bianco rappresenta il mondo di Dio. Le parole, poste sulla bocca dei due uomini, sono la spiegazione data dal Padre agli avvenimenti della Pasqua: Gesù, il servo fedele, messo a morte, è glorificato.
Lo sguardo rivolto al cielo: come Eliseo, anche i cristiani del tempo rimangono a contemplare il Maestro che si allontana. Il loro sguardo indica la speranza di un suo immediato ritorno per riprendere l'opera interrotta … ma la voce dal cielo chiarisce: non sarà Lui a portarla a compimento, ma i suoi discepoli, perché hanno trascorso con Lui quaranta giorni (che nel linguaggio del giudaismo, sono il tempo necessario per la preparazione del discepolo) e ne hanno ricevuto lo Spirito.
Per gli apostoli, come per Eliseo, l'immagine del rapimento del Maestro indica il passaggio delle consegne. La religione non è un'evasione, ma lo stimolo a impegnarci concretamente per realizzare nella storia degli uomini il "disegno" di Dio.

Con l'entrata di Gesù nella gloria del Padre è cambiato qualcosa sulla terra?
Esteriormente nulla. La vita degli uomini ha continuato a essere quella di prima: seminare e mietere, commerciare, costruire case, viaggiare, piangere e fare festa… Anche gli apostoli non hanno ricevuto alcuno sconto sui drammi e le angosce sperimentati dagli altri uomini. Tuttavia qualcosa di incredibilmente nuovo è accaduto: sull'esistenza dell'uomo è stata proiettata una luce nuova.
In un giorno di nebbia, improvvisamente compare il sole. Le montagne, il mare, i campi, gli alberi del bosco, i profumi dei fiori, il canto degli uccelli rimangono gli stessi, ma diverso è il modo di vederli e di percepirli. Accade a chi è illuminato dalla fede in Gesù risorto: vede il mondo con occhi rinnovati. Tutto acquista un senso nuovo, nulla è così forte da gettare nella tristezza o nello spavento. Oltre le sventure, le fatalità, le miserie, gli errori dell'uomo s'intravede il Signore, che costruisce il suo regno.
Un esempio di questa prospettiva completamente nuova potrebbe essere il modo di considerare gli anni della vita. Tutti conosciamo, e forse sorridiamo, degli ottantenni che invidiano chi ha meno anni di loro, si vergognano della loro età... insomma, volgono lo sguardo al passato, non al futuro. La certezza dell'ascensione capovolge la visuale. Il credente "vede" avvicinarsi il giorno dell'incontro col Padre; è lieto di essere vissuto, non invidia i giovani, li guarda con tenerezza.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Mentre li benediceva, si staccò da loro (Lc 24,51)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Mentre li benediceva, si staccò da loro (Lc 24,51) - (8/05/2016)
(vai al testo)
 E stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24,53) - (12/05/2013)
( vai al testo…)
 Di me sarete testimoni (At 1,8) - (14/05/2010)
(vai al post "Testimoni della speranza")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Attirati verso l'alto (6/05/2016)
  Testimoni del Risorto (10/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 4.2016)
  di Marinella Perroni (VP 4.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: Percorso di Luce - Medjugorje, Ascensione)

giovedì 30 maggio 2019

L'amore: fonte della vera pace


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di maggio.

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21).

Il nostro essere mandati da Gesù comporta l'impegno a portare la sua pace soprattutto lì dove è minacciata, con il contribuire a intessere rapporti di fraternità con tutti, a cercare di dare una risposta ai reali bisogni delle persone. È un dedicarsi con generosità agli altri. Essere generosi richiede distacco da se stessi, dalle cose materiali ed anche dalle persone. Perché la vera generosità è frutto della vera carità. Mi distacco da me stesso perché la generosità non ha nulla di egoistico. Mi distacco dalle cose materiali perché la generosità genera una vera comunione. Mi distacco dalle persone perché la generosità motivata dall'amore puro non fa distinzioni. Il mio essere generoso contribuisce alla costruzione di un mondo diverso intorno a me, un mondo più unito.
È un impegno affinché nessuno sia in necessità. Il cristiano, infatti, è colui che sceglie di chinarsi con compassione su ogni bisognoso, operando tutto ciò che è necessario per toglierlo dalla situazione di indigenza. Non possiamo risolvere tutti i problemi, ma possiamo agire in modo da essere una luce per tutti. Individualmente forse possiamo fare poco; è come una goccia d'acqua nell'oceano - direbbe Madre Teresa di Calcutta -, ma se manca quella goccia, l'oceano non è lo stesso. Guardarsi attorno e vedere chi è nel bisogno: questo è il primo passo verso la costruzione di un mondo più unito. Possiamo anche noi andare a cercare Gesù negli uomini e nelle donne prigionieri del dolore e della solitudine. Possiamo offrirci, con rispetto, di essere loro compagni nel cammino della vita, verso la pace che Gesù dona.
C'è una "fretta" che ci spinge verso chi è in necessità perché è una "fretta" che ci spinge nell'amore per Dio che vogliamo amare concretamente nel prossimo, guardandoci intorno ed agendo guidati da un amore carico di misericordia. In fretta allora scopriremo il volto di Gesù che soffre in ogni persona che attraversa momenti di urgente necessità, in chi subisce ingiustizie, in chi è vittima di abusi, in chi è stato abbandonato. Avere fretta di amare servendo, di amare donando, di amare perdonando. Permetteremo così a Gesù di raggiungere e rinnovare anche la vita di tante persone, spingendo la storia verso orizzonti di fraternità. Gesù ci manda a testimoniare il nostro incontro con Lui, ad "uscire" da noi stessi, dalle nostre sicurezze fragili e dai nostri confini, ad estendere nel tempo e nello spazio la stessa missione ricevuta dal Padre: annunciare che Dion è Amore.
Sappiamo che una semplice azione puntuale e assistenziale non risolve i problemi di coloro che sono nel bisogno. Tuttavia possiamo dare un piccolo sollievo a molte situazioni estreme di povertà, malattia, solitudine Queste iniziative realizzate con l'unione di più persone possono dar luogo ad un'azione continua che richiede assistenza immediata, ma anche promozione umana e sociale. Ci sono testimonianze di persone che sono riuscite a cambiare la fisionomia di quartieri molto poveri, rivendicando diritti e rafforzando legami fra tutti. Gesù risorto ci propone di fare insieme a Lui un'esperienza di vita nuova e di pace, perché possiamo poi condividerla con gli altri.
Agire così comporta l'andare oltre i confini del nostro individualismo. Infatti, quando lasciamo che l'individualismo domini le nostre vite, creiamo un falso senso di sicurezza, di autosufficienza che può facilmente portarci alla solitudine perché ci separiamo dalle altre persone. L'amore del prossimo supera le barriere dell'individualismo. Quando andiamo oltre i confini del nostro "io", facciamo il primo passo per generare la comunità, luogo in cui ci realizziamo pienamente, vivendo l'amore reciproco. Vivendo così sarà testimoniato nel mondo il fascino di Gesù e, divenendo altri Cristo, la sua opera, anche per questo contributo, continuerà.
Testimonieremo così la presenza di Dio con il nostro reciproco amore, secondo le parole di Gesù: «Da questi tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). L'amore reciproco: il nostro distintivo. La presenza di Gesù tra coloro che si amano e sono uniti nel suo nome non dovrebbe essere solo un obiettivo, un punto di arrivo. Dovrebbe essere il punto di partenza prima di ogni azione individuale o collettiva. Questa è la testimonianza efficace della presenza di Dio nel mondo. L'annuncio del vangelo sarà efficace se poggia sulla testimonianza di vita; se come i primi cristiani si potrà dire di noi: guarda come si amano e l'un l'altro è pronto a morire.
Questi sono i presupposti per diffondere intorno a noi la cultura della pace. La vera pace poi nasce dentro di noi nel momento in cui aderiamo all'amore. Amando diffondiamo la pace intorno a noi. La pace è un ponte che unisce i lati opposti, che permette l'incontro. Le persone che vivono in pace sono come anelli di una catena che non si rompono a causa delle differenze, ma acquistano consapevolezza che insieme si è più forti e più felici.
Diffondere la cultura della pace significa accettare la sfida di Gesù: «La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me. anch'io mando voi» (Gv 20,21). La pace un vero dono che scende nell'anima e trasforma la vita.

venerdì 24 maggio 2019

La pace di Gesù


6a domenica di Pasqua (C)
Atti 15,1-2.22-29 • Salmo 66 • Apocalisse 21,10-14.22-23 • Giovanni 14,23-29
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Siamo nel contesto dei discorsi di addio di Gesù nell'ultima cena: in questo brano sono due i motivi che si intrecciano, quello dell'amore a Gesù e il dono dello Spirito Santo.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola
Il verbo "amare" è per lo più usato per indicare l'amore di Gesù per noi e l'amore fra noi (domenica scorsa). Qui viene utilizzato per dire il nostro amore a Lui.
Amare Gesù significa una realtà molto concreta: "osservare i suoi comandamenti". Non è solo affetto, amicizia, appartenenza, ma tradurre in vita la sua parola. In questo modo l'amore è anche la condizione per accogliere il dono dello Spirito Santo e, quindi, il luogo dell'incontro con l'amore del Padre. Anzi, è il luogo in cui il Padre e il Figlio pongono la loro dimora, è il luogo della manifestazione di Gesù.
Anche oggi, allora, noi possiamo fare l'esperienza di Dio. Dio, infatti, non si manifesta in avvenimenti straordinari, ma nel "volto" del fratello. Ci è abbastanza facile riconoscere Gesù nell'Eucaristia, un po' meno nella Parola e forse ancor meno nel fratello. Ci viene offerta l'opportunità di fare l'esperienza di Dio nel vivere la relazione d'amore con il fratello, soprattutto quando questo amore diventa reciproco.
L'amore reciproco è amore modellato su quello "trinitario": "Come il Padre ha amato me, io ho amato voi … Come io ho amato voi, amatevi gli uni gli altri".

Lo Spirito Santo vi insegnerà (= suggerirà) ogni cosa
Proprio perché l'amore "comandato" da Gesù è riflesso dell'amore di Dio, il dono dello Spirito Santo non è qualcosa che si aggiunge, ma che dà pienezza, approfondimento, attualizzazione a quanto Gesù ha detto e operato. Con la forza dello Spirito, la Chiesa continua nel tempo l'opera e il messaggio di Gesù.
Lo Spirito Santo è l'anima della Chiesa, è comunione di vita. Frutto dello Spirito è: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). E nella preghiera eucaristica chiediamo: "Per la comunione al corpo e sangue di Cristo, lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo".

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi
Frutto dell'amore che conduce all'unità è la "pace". Giovanni parla del dono della "pace" solo nel contesto della passione e della risurrezione, segno dell'amore più grande.
La pace che vogliono gli uomini è la comodità, l'omologazione, il quieto vivere, il non volere essere disturbati dal dolore dell'altro. Gesù lega questo tema alla sua partenza e non ha paura a turbare la tranquillità dei discepoli. Egli è venuto a portare un'altra pace, che accetta la scomodità, l'incertezza, il cambiamento, come ci ricordano gli Atti degli Apostoli (cf. At 15,1-2.22-29), dove di fronte a una questione gli apostoli sono capaci di riflettere e trovare una strada "nuova".
La pace è il frutto di un percorso di elaborazione dove diventa fondamentale accettare l'incertezza, la fragilità e la provvisorietà per vivere l'affidamento.
Non consiste nell'assenza della croce ma nella certezza della sua vittoria, non è solo assenza di guerra ma pienezza di vita. È per questo che non dobbiamo avere timore, perché "l'amore scaccia il timore".

«La pace di Gesù è una Persona - dice Papa Francesco -, è lo Spirito Santo! Lo stesso giorno della Resurrezione, Lui viene nel Cenacolo e il Suo saluto è: "La pace sia con voi. Ricevete lo Spirito Santo". Questa è la pace di Gesù: è una Persona, è un regalo grande. E quando lo Spirito Santo è nel nostro cuore, nessuno può toglierci la pace. Nessuno! È una pace definitiva! Il nostro lavoro qual è? Custodire questa pace. Custodirla! È una pace grande, è una pace che non è mia: è di un'altra Persona che me la regala, di un'altra Persona che è dentro il mio cuore e mi accompagna per tutta la vita».

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23)
(vai al testo…)

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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto (Gv 14,26) - (1°/05/2016)
(vai al testo)
 Non sia turbato il vostro cuore (Gv 14,27) - (5/05/2013)
( vai al testo…)
 Se uno mi ama, osserverà la mia parola (Gv 14,23) - (7/05/2010)
(vai al post "L'amore, risposta alla Parola")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Dio non si merita, si accoglie (29/04/2016)
  La realtà più vera che anima la Chiesa, l'amore (3/05/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

martedì 21 maggio 2019

La carità grande criterio di discernimento


Soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo

(Dal Commento alla prima lettera di San Giovanni: 5,7; di Sant'Agostino)

«[…] Chiunque è nato da Dio, non pecca, perché in lui rimane il seme di Dio. Il seme di Dio è la parola di Dio, per cui l'Apostolo può dire: Io vi ho generato per mezzo del Vangelo (1Cor 4,15). Quest'uomo non può peccare, perché nato da Dio. Ma ci dica l'Apostolo in che senso non può peccare. A questo segno sono riconoscibili i figli di Dio ed i figli del diavolo. Chi non è giusto, non viene da Dio ed altrettanto chi non ama il proprio fratello (1Gv 3,10). È ormai certo chiaro perché dice: Chi non ama il proprio fratello. Solo l'amore dunque distingue i figli di Dio dai figli del diavolo. Se tutti si segnassero con la croce, se rispondessero amen e cantassero tutti l'Alleluja; se tutti ricevessero il battesimo ed entrassero nelle chiese, se facessero costruire i muri delle basiliche, resta il fatto che soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo. Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. È questo il grande criterio di discernimento. Se tu avessi tutto, ma ti mancasse quest'unica cosa, a nulla ti gioverebbe ciò che hai; se non hai le altre cose, ma possiedi questa, tu hai adempiuto la legge. Chi infatti ama il prossimo - dice l'Apostolo -, ha adempiuto la Legge; e il compimento della Legge è la carità (Rm 13,8.10). La carità è, a mio parere, la pietra preziosa, scoperta e comperata da quel mercante del Vangelo, il quale per far questo, vendette tutto ciò che aveva (cf. Mt 13,46). La carità è quella pietra preziosa, non avendo la quale nessun giovamento verrà da qualunque cosa tu possegga; se invece possiedi soltanto la carità, ti basterebbe essa sola. Adesso vedi nella fede ma un giorno vedrai direttamente. Se noi amiamo fin da adesso il Signore che non vediamo, come l'ameremo quando lo vedremo direttamente? Ma in quale campo dobbiamo esercitare questo amore? In quello della carità fraterna. Potresti dirmi che non hai mai visto Dio; non potrai mai dirmi che non hai visto gli uomini. Ama dunque il tuo fratello. Se amerai il fratello che tu vedi, potrai contemporaneamente vedere Dio, poiché vedrai la carità stessa, e Dio abita nella carità. […]».

venerdì 17 maggio 2019

Da questo tutti sapranno…


5a domenica di Pasqua (C)
Atti 14,21b-27 • Salmo 144 • Apocalisse 21,1-5a • Giovanni 13,31-33a.34-35
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato
Compare ben cinque volte il verbo "glorificare". Che significa? Ricevere approvazione, lode dagli uomini? In Gesù non è così. Gesù parla della sua "glorificazione" proprio in un momento strano: quando Giuda esce per accordarsi con i sommi sacerdoti su come arrestare il Maestro. La "gloria di Dio" appare quando Gesù si incammina verso la passione e la morte, si consegna nelle mani degli uomini e viene condannato alla croce. La "gloria" di Gesù coincide con il momento in cui, donando la vita, rivela al mondo qual è il disegno del Padre sull'umanità: un disegno di amore e di salvezza.

Figlioli…
È la parola che di solito il padre, prima di morire, rivolge ai suoi figli. Sono, quindi, parole importanti che i figli devono ricordare. E queste sono le parole importanti che Gesù affida agli Apostoli e tramite loro ai suoi discepoli: "Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri".
Come sappiamo vivere questo "come"? come sappiamo amare?
Facciamo fatica a sopportare i nostri limiti, i nostri difetti, le nostre miserie. Se commettiamo un errore, se facciamo una brutta figura, se compiamo un gesto di cui vergognarci, arriviamo a scoraggiarci, ad autopunirci. Gesù ha amato anche i nostri peccati, i nostri limiti.
Non ci è spontaneo amare chi non lo merita o chi non può ricambiare. Non è normale, per noi, fare del bene a chi ci è "nemico". Gesù ha amato anche chi l'ha condannato, ha perdonato, ha offerto un cammino "nuovo" a chi era rifiutato o giudicato dagli altri.
Nel mondo, le società sono fondate sovente sulla competizione, sulla meritocrazia, sul denaro, sul potere… Gesù propone un "servizio" come il suo: "Se io vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri".
La "glorificazione" del cristiano è quando sa vivere l'amore col quale è stato amato da Cristo.

Da questo sapranno…
Dall'amore reciproco tra i discepoli si rende visibile il volto di Dio rivelatosi come "Amore". La Chiesa è chiamata ad essere "icona" di Dio che è Amore. Si tratta di essere dei testimoni, delle persone capaci di creare rapporti nuovi caratterizzati dalla fraternità e dall'amore.
Non si tratta di andare in cerca dell'ultima novità, di diffondere religioni del "fai da te", di legare la fede a emotività o sentimentalismi…, ma di vivere la quotidianità alla luce del comandamento nuovo.
E qui siamo tutti in cammino. Nessuno può sentirsi arrivato o sentirsi autorizzato a giudicare gli altri, ma ciascuno e tutti insieme ci dobbiamo domandare: viviamo "come" Gesù, dando la nostra vita per tutti? Siamo chiamati a costruire nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle associazioni, nella società umana, nelle scuole, negli uffici, nei condomini, delle cellule vive, fondate sull'amore scambievole, che con la loro vita danno gloria al Padre.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (24/04/2016)
(vai al testo)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (28/04/2013)
( vai al testo…)
 Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34) - (30/04/2010)
(vai al post "Il distintivo del cristiano")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Amarci con lo "stile" di Gesù (22/04/2016)
  La fisionomia inconfondibile della comunità cristiana (27/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 4.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Bernadette Lopez)

martedì 14 maggio 2019

Convegno – Vicenza 2019


Comunità del Diaconato in Italia

XXVII Convegno Nazionale
Vicenza, 31 Luglio-3 Agosto 2019


Diaconato - Periferie - Missione
Diaconi custodi del servizio
Dispensatori di carità


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PRESENTAZIONE

L'incontro che la Comunità del Diaconato in Italia tiene ogni due anni avrà per tema:
DIACONATO - PERIFERIE - MISSIONE
Diaconi custodi del servizio
Dispensatori di carità




SEDE DEL CONVEGNO
FIERA DI VECENZA – VIA OREFICERIA 16

Mezzi di trasporto e parcheggio
AEREO:
Verona - Valerio Catullo (68 km)
Venezia - Marco Polo (82 km)
Treviso - Antonio Canova (99 km)

TRENO:
Dalla stazione di Vicenza (a 4,5 km dalla Fiera) sono previsti collegamenti autobus con la Fiera, da Viale Roma Linea 12/14

AUTO:
Nord - tramite A4
Centro - tramite A1/E35
Sud - tramite A1 e E45
Adriatica - A14

Interverranno al Convegno:

mons. Francesco MORAGLIA, Patriarca di Venezia
mons. Beniamino PIZZIOL, Vescovo di Vicenza
mons. Renato MARANGONI, Vescovo di Belluno-Feltre
mons. Domenico CANCIAN, Vescovo di Città di Castello e Membro Commissione Episcopale Clero
mons. Francesco SODDU, Direttore Caritas Italiana
dott. Paolo BECCEGATO, Vicedirettore Caritas Italiana
diac. Massimo SORACI, Vicedirettore Caritas di Roma
card. Luis Antonio TAGLE, Presidente di Caristas Internazionalis
diac. Enzo PETROLINO, Presidente della Comunità del diaconato in Italia
don Giovanni SANDONÀ, Delegato per il diaconato, diocesi di Vicenza
don Flavio MARCHESINI, Vicario per la pastorale, diocesi di Vicenza
don Venanzio GASPARONI, Superiore della Pia Società San Gaetano
don Luciano BERTELLI, Pia Società San Gaetano
diac. Giuseppe CREAZZA, Pia Società San Gaetano
don Dino BRESSAN, Responsabile del Coordinamento dei diaconi del Triveneto
diac. Tiziano CIVETTINI, Segretario del Coordinamento dei diaconi del Triveneto
Prof.ssa Simona SEGOLONI, Docente di Ecclesiologia all'Istituto Teologico di Assisi
Carla DALL'OSTO, Psicologa
Suor Rita GIARETTA, Casa Rut
don Calogero CERAMI, Responsabile Centro Formazione Clero, Sicilia
don Dario VITALI, Docente di Dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana, Roma
dott. Enzo ROMEO, Giornalista Vaticanista RAI2
Lectio a cura di p. Giulio MICHELINI ofm, Docente di teologia biblica, Responsabile diocesi di Perugia della formazione dei candidati al diaconato

NORME DI PARTECIPAZIONE

Il Convegno è aperto a tutti: presbiteri, diaconi e candidati, religiosi e laici.
• Iscrizione: la quota di iscrizione è fissata in 40,00 euro (ad esclusione delle mogli e dei figli) e dovrà essere versata alla COMUNITÀ DEL DIACONATO IN ITALIA con versamento c/c postale: 14284426
o bonifico bancario: IBAN IT65C0335901600100000014951
indicando come causale del versamento "XXVII Convegno diaconi 2019".

- I non residenti potranno iscriversi direttamente il giorno di inizio del Convegno presso la segreteria.
- La quota per alloggio (non divisibile per l'intera durata del Convegno dalla cena di Mercoledì 31 luglio al pranzo di Sabato 3 agosto, comprese bevande), è fissata:

In camera doppia (a persona)   € 290,00
In camera singola                     € 385,00

Riduzioni:
3° e 4° letto:
:
- bambini fino a 3 anni gratuiti
- bambini da 4 a 12 anni compiuti - 50%

• Le relative richieste devono essere inoltrate compilando ed inviando la scheda di prenotazione versando come caparra di quota soggiorno 60,00 euro, indicando come causale del versamento "XXVII Convegno nazionale diaconi 2019" entro il 30 Giugno.
La scheda di iscrizione può essere compilata dal sito "Comunità del Diaconato in Italia [scaricabile anche da questo post] e, assieme alla copia del versamento, inviata via e-mail a: diaconatoinitalia@libero.it
• Il saldo della quota di alloggio dovrà essere versato 14 giorni prima dell'inizio del Convegno con bonifico bancario o bollettino postale.
• Le richieste di alloggio saranno evase secondo l'ordine di arrivo, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
• Coloro che, dopo aver prenotato l'alloggio, intendessero ritirarsi, dovranno disdire entro il 1° Luglio altrimenti perderanno l'importo della caparra.


Per informazioni:
Segreteria organizzativa Comunità del Diaconato in Italia
Tel.: +39 349 400 2311
e-mail: diaconatoinitalia@libero.it
www.comunitadiaconato.it

venerdì 10 maggio 2019

Nella "sua" mano


4a domenica di Pasqua (C)
Atti 13,14.43-52 • Salmo 99 • Apocalisse 7,9.14b-17 • Giovanni 10,27-30
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Non andranno mai perdute
Siamo nella "sua" mano: Gesù è il "buon pastore", non ha paura di lottare fino a dare la propria vita per le pecore che ama. La salvezza delle pecore è garantita non dalla loro docilità ma dalla sua iniziativa, dal suo coraggio, dal suo amore gratuito e incondizionato. Questa è la bella notizia della Pasqua, che il cristiano è chiamato ad accogliere e comunicare ad ogni uomo. Anche a chi ha sbagliato tutto nella vita, egli può assicurare: le tue miserie, le tue manchevolezze, le tue scelte di morte non riusciranno a sconfiggere l'amore di Cristo.

Chi sono le pecore?
- L'unico Pastore è Gesù: Egli è l'agnello che ha immolato la propria vita. Sue pecore sono tutti coloro che hanno il coraggio di seguirlo in questo dono della vita.
- Sarebbe opportuno evitare l'equivoco di identificarsi con "il gregge di Cristo": esistono zone d'ombra nella nostra vita di cristiani e della Chiesa, che ci autoescludono dal regno di Dio perché in esse è presente il peccato, l'egoismo.
- Discepolo del buon Pastore è anche chi, pur non conoscendo Gesù, si sacrifica per il povero, pratica la giustizia, la fraternità, l'ospitalità, la fedeltà, la sincerità, il rifiuto della violenza, il perdono dei nemici, l'impegno per la pace.
- Siamo chiamati a vigilare sugli autocompiacimenti…

Come si diventa membri del gregge di Cristo?
"Le mie pecore ascoltano la mia voce": Come riconoscere, fra tante voci, quella del vero Pastore? È necessario abituarvi l' "orecchio". Chi, ad esempio, ascolta una persona solo per qualche minuto e poi per mesi o anni non la sente più, troverà difficoltà a distinguere la sua voce in mezzo alla folla. C'è il rischio che il Vangelo diventi un libro che fa bella mostra in biblioteca, ma non è mai utilizzato, cioè messo in pratica.
- Gesù non promette successi, trionfi, vittorie, come invece fanno altri "pastori". Gesù chiede il dono di sé, propone il dare non l'avere, esige la rinuncia al proprio tornaconto, domanda perfino il sacrificio della vita.

Io e il Padre siamo una cosa sola
Siamo chiamati a diventare uno con Gesù, per avere l'unità col Padre. Gesù ci dona di far nostro il suo modo di pensare, di amare, il suo stile di vita.
- Questa dovrebbe essere la "pastorale" nella Chiesa: non contrapposizione tra preti e laici, ma un unico popolo che segue l'unico Pastore e in lui diventa uno con il Padre.
- Perciò, ricerca comune del progetto di Dio: "che tutti siano uno". Non solo qualcuno, ma tutti. E questo lo si può realizzare quando ciascuno e tutti insieme si è pronti a perdere la propria idea per costruire insieme il regno di Dio.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io do la vita eterna (Gv 10,28)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (17/04/2016)
(vai al testo)
 Io conosco le mie pecore ed esse mi seguono (Gv 10,27) - (21/04/2013)
( vai al testo…)
 Le mie pecore ascoltano la mia voce (Gv 10,27) - (23/04/2010)
(vai al post "Ascoltare quella voce")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Il mio nome è scritto sul palmo della sua mano (15/04/2016)
  Nell'unità del Padre e del Figlio (19/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione: "Il buon pastore", acquarello di Maria Cavazzini Fortini, maggio 2019)

mercoledì 8 maggio 2019

Il Diaconato in Italia – Indice 2019


Il Diaconato in Italia
Periodico bimestrale di animazione per le chiese locali

Indice 2019 (anno 51°)







Titolo dell'annata:
DIACONATO E CHIAMATA ALLA SANTITÀ
Siate santi perché io sono Santo



Temi monografici:

n° 214 – gennaio/febbraio 2019
Il ministero diaconale tra santità e parressia

n° 215 – marzo/aprile 2019
Nella diaconia agli ultimi il ministero di santità dei diaconi

n° 216 – maggio/giugno 2019
Le Beatitudini: tra discernimento e formazione la santità diaconale

n° 217 – luglio/agosto 2019
Il ministero diaconale tra santità e missionarietà

n° 218/219 – settembre/dicembre 2019
Diaconato - Periferie - Missione
Diaconi custodi del servizio, dispensatori di carità
(Atti del XXVI Convegno Nazionale - Vicenza, 31 luglio - 3 agosto 2019)

Vai ai testi…

venerdì 3 maggio 2019

Una parola che "ricostruisce"


3a domenica di Pasqua (C)
Atti 5,27b-32.40b-41 • Salmo 29 • Apocalisse 5,11-14 • Giovanni 21,1-19
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

L'apparizione di Gesù avviene in giorno feriale, mentre gli apostoli sono intenti al lavoro. Hanno, dunque, ripreso la vita di ogni giorno. Gli occupanti della barca sono sette, numero che indica la completezza. Sembrano rappresentati i vari tipi di cristiani che, nonostante limiti e mancanze, hanno diritto di cittadinanza nella Chiesa:
quelli che hanno difficoltà a credere, come Tommaso; quelli un po' fanatici, come i due figli di Zebedeo; quelli che hanno rinnegato il Maestro, come Pietro; quelli legati alle tradizioni del passato, ma onesti e aperti ai segni dei tempi, come Natanaele; e anche quelli che non sono conosciuti da nessuno, come i due discepoli senza nome.

Gettate la rete dalla parte destra … la rete non si squarciò
In quella notte non solo manca la luce, manca anche Gesù. Anzi, per Giovanni, non c'è la luce proprio perché non c'è Gesù. Pietro e i suoi amici si impegnano allo spasimo, ma non concludono nulla, constatando la verità delle parole del Maestro: «Senza di me non potete far nulla». Ma, anche se Gesù non è sulla barca, è presente: è già sulla terra ferma, che è come la condizione definitiva dei "risorti". E spunta l'alba, giunge la luce, «quella vera che illumina ogni uomo». Il Risorto parla loro dalla riva e guida la loro attività, il loro lavoro. Non appena gli apostoli si fidano, contro tutte le logiche umane ottengono un risultato stupefacente.
Giovanni vuole incoraggiare i cristiani delle sue comunità facendo loro vedere che Gesù, stando nella gloria del Padre, è accanto a loro e tutti i giorni continua a far risuonare la sua voce. Chiama, parla, indica loro ciò che devono fare. Il risultato della missione della Chiesa è indicato dalla straordinaria quantità di pesci. La comunità cristiana porterà a compimento la sua missione di salvezza a condizione che si lasci sempre guidare dalla voce del Risorto.
La rete non si spezza: la parola di Gesù è in grado di fare unità. Senza di essa c'è rottura, disunità.
Nella comunità cristiana si elaborano a volte programmi pastorali ambiziosi, in famiglia si mettono in atto tecniche psicologiche aggiornate per educare meglio i figli, si fanno progetti. Non sempre ne emergono i risultati sperati. Nasce la domanda: quanto è "illuminato" dal Vangelo?
Può capitare qualcosa di simile a ciò che è successo ai sette discepoli dopo la Pasqua: persone preparate, esperte, volenterose, hanno lavorato un'intera notte, ma non hanno ottenuto nulla. Hanno agito al buio, senza la luce della parola del Risorto.
Una parola che sembra dare a volte orientamenti diversi dalla logica umana, contrari al buon senso, in controcorrente: costruire un mondo di pace senza l'uso della violenza, porgere l'altra guancia, amare il nemico, rifiutare la competizione e la contrapposizione, farsi poveri, essere puri… La scelta può diventare (in certo senso, lo è sempre) tra fidarsi o affannarsi senza giungere a risultati capaci di rinnovare e illuminare la vita.

Signore, tu sai che ti voglio bene
In definitiva, l'unica logica capace di dare un senso nuovo a tutto è quella dell'amore.
L'unica logica capace di essere veramente produttiva: «Pasci la mie pecore». Pascere, non dominare: costruire rapporti nuovi con tutti.
Il "miracolo" che ci aspettiamo da Gesù non è quello esteriore, ma il cambiamento del cuore capace di produrre "strutture" e logiche di comportamento a servizio di ogni persona!

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
È il Signore! (Gv 21,7)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 È il Signore! (Gv 21,7) - (10/04/2016)
(vai al testo)
 Simone, mi ami? (Gv 21,16) - (14/04/2013)
( vai al testo…)
 Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17) - (16/04/2010)
(vai al post "Il primato dell'amore")

Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
  Mi vuoi bene? (08/04/2016)
  L'amore al di sopra di tutto! (12/04/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2019)
  di Luigi Vari (VP 3.2016)
  di Marinella Perroni (VP 3.2013)
  di Claudio Arletti (VP 3.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Maria Cavazzini Fortini)


mercoledì 1 maggio 2019

Mandati a testimoniare il nostro incontro con il Risorto


Parola di vita – Maggio 2019
(Clicca qui per il Video del Commento)

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21).

L'evangelista Giovanni, dopo il racconto tragico della morte di Gesù in croce, che ha gettato i discepoli nella paura e nello smarrimento, annuncia una novità sorprendente: Egli è risorto ed è tornato dai suoi! Il Risorto, infatti, la mattina del giorno di Pasqua si è fatto vedere e riconoscere da Maria di Magdala. La sera stessa si mostra ad altri discepoli, chiusi in casa per quel profondo senso di smarrimento e sconfitta che li ha invasi.
Egli va a cercarli, vuole di nuovo incontrarli. Non ha importanza che lo abbiano tradito o siano fuggiti davanti al pericolo; piuttosto si mostra con i segni della passione: mani e petto feriti, trapassati, lacerati dal supplizio della croce. La Sua prima parola è un augurio di pace, un vero dono che scende nell'anima e trasforma la vita.
Ed ecco che i discepoli finalmente lo riconoscono e ritrovano la gioia; si sentono anche loro sanati, consolati, illuminati, di nuovo con il loro Maestro e Signore.
Poi il Risorto affida a questo gruppetto di uomini fragili un compito impegnativo: andare sulle strade a portare nel mondo la novità del Vangelo, come ha fatto Egli stesso. Che coraggio! Come il Padre si è fidato di Lui, così Gesù dà loro tutta la sua fiducia.
Infine, aggiunge Giovanni, Gesù "soffia su di loro", cioè condivide con loro la sua stessa forza interiore, lo stesso Spirito d'amore che rinnova cuori e menti.

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Gesù ha attraversato l'intera esistenza umana: ha sperimentato la gioia dell'amicizia e il dolore del tradimento, l'impegno del lavoro e la stanchezza del cammino; sa di cosa siamo fatti, conosce i limiti, le sofferenze e i fallimenti che ci accompagnano giorno per giorno. Come con i discepoli nella stanza buia, continua a cercare ognuno di noi nelle nostre oscurità, nelle nostre chiusure, a credere in noi.
Gesù Risorto ci propone di fare insieme a Lui un'esperienza di vita nuova e di pace, perché possiamo poi condividerla con gli altri. Egli ci manda a testimoniare il nostro incontro con Lui, ad "uscire" da noi stessi, dalle nostre sicurezze fragili e dai nostri confini, ad estendere nel tempo e nello spazio la stessa missione ricevuta dal Padre: annunciare che Dio è Amore.

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Così Chiara Lubich commenta questa stessa Parola di Vita, nel maggio del 2005: «Oggi non bastano più le parole. […] L'annuncio del Vangelo sarà efficace se poggia sulla testimonianza di vita, come quella dei primi cristiani che potevano dire: "Vi annunciamo quello che abbiamo veduto e udito…" [1]; sarà efficace se, come di loro, si potrà dire anche di noi: "Guarda come si amano, e l'un per l'altro è pronto a morire" [2]; sarà efficace se concretizzeremo l'amore dando, rispondendo a chi si trova nel bisogno, e sapremo dare cibo, vestiti, case a chi non ne ha, amicizia a chi si trova solo o disperato, sostegno a chi è nella prova. Vivendo così sarà testimoniato nel mondo il fascino di Gesù e, divenendo altri Cristo, la sua opera, anche per questo contributo, continuerà» [3].

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».

Possiamo anche noi andare a cercare Gesù negli uomini e nelle donne prigionieri del dolore e della solitudine. Possiamo offrirci, con rispetto, di essere loro compagni nel cammino della vita, verso la pace che Gesù dona, come fa M. Pia con i suoi amici che, in un piccolo centro del Sud Italia, si impegnano al servizio dei migranti. Da quei volti traspaiono storie di dolore, di guerra, di violenze subite.
«Io cosa cerco?» confida M. Pia. «È Gesù che dà senso alla mia vita e so che posso riconoscerlo ed incontrarlo soprattutto nei fratelli più feriti e, attraverso la nostra associazione, - racconta - abbiamo offerto corsi di lingua italiana e aiuto nella ricerca di casa e lavoro, venendo incontro ai bisogni materiali. Abbiamo chiesto se avessero necessità anche di sostegno spirituale e questa proposta è stata accolta con gioia dalle donne ortodosse della scuola di italiano. In un centro di accoglienza per immigrati sono arrivati anche cristiani della Chiesa Evangelica Battista. D'accordo con il pastore battista, ci siamo organizzati per accompagnarli la domenica nel loro luogo di culto, che distava parecchi chilometri. Da questo amore concreto fra cristiani, è nata un'amicizia che si è consolidata anche attraverso incontri culturali, tavole rotonde e concerti. Ci siamo scoperti un "popolo" che cerca e trova nuovi percorsi di unità nella diversità, per testimoniare a tutti il Regno di Dio».

Letizia Magri

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[1] Cf. 1 Gv 1,1.
[2] Tertulliano, Apologetico, 39,7.
[3] C. Lubich, Parola di Vita maggio 2005, in Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma 2017), pp.750-751.


Fonte: Città Nuova n. 4/Aprile 2019