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mercoledì 30 gennaio 2019

Giusto è colui che ama il fratello


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di gennaio.

«La giustizia e solo la giustizia seguirai» (Dt 16,20).

Giusto è colui che ama il fratello. Non si può amare né l'errore né l'ingiustizia: l'amore infatti si manifesta sempre nella verità. Allo stesso tempo l'amore trova sempre il modo di correggere senza ferire e di essere giusto senza condannare, amando anche il fratello che ha sbagliato.
Chi ama non pecca per omissione alla verità, poiché il suo parlare è "sì sì" e "no no". Niente è più liberatorio della verità detta per amore. Attraverso Gesù si apre per noi la strada per mettere in pratica e diffondere la misericordia e il perdono, fondamento anche della giustizia sociale.
Essere giusti significa anche difendere chi è perseguitato. Essere perseguitato è una categoria di "beatitudine", secondo le parole di Gesù, perché Dio entra con forza nel mondo e colma di gioia quelli che subiscono ingiustizie e sono nel pianto. Le parole di Gesù non sono consolatorie, ma hanno la reale capacità di cambiare il cuore. Così, se la nostra intenzione è di amare tutti senza distinzioni, difendere coloro che sono perseguitati deve essere una priorità nel nostro parlare e nel nostro agire.
Essere giusti significa anche riconciliarci con il fratello. Infatti, rompere il rapporto con il fratello è lo stesso che romperlo con Dio. Dio non vuole che andiamo da lui da soli. Anche quando siamo soli nella preghiera, Lui ci ripete sempre: "Dovìè tuo fratello?" (cf Gen 4,9). Rompere con il fratello è come ucciderlo dentro di noi. E lentamente moriamo anche noi spiritualmente. Ma quando ci riconciliamo con il fratello, la nostra relazione con Dio viene immediatamente ripristinata. Dio non compie la sua giustizia distruggendo Caino, ma piuttosto si preoccupa di proteggerlo perché riprenda il cammino. La giustizia di Dio è dare vita nuova.
Allora è una logica conseguenza riconoscere nel prossimo un fratello da amare. E per fare ciò non posso etichettare le persone per categorie, età, appartenenza… e qualsiasi altra qualificazione buona o meno buona. Il mio dovere è di avvicinare ognuno senza alcun pregiudizio. Amare il prossimo, infatti, è fare qualsiasi cosa sapendo che Gesù lo ritiene fatto a sé. E questo è amare Dio con tutto noi stessi, perché per Dio l'amore è tutto e indiviso.
Dio è giusto e chiunque opera la giustizia è generato da Lui (cf 1Gv 2,29). Chi pratica la giustizia dimostra di essere generato da Dio e che la sua pratica della giustizia è, in realtà, il frutto della giustizia di Dio della quale egli stesso proviene. Seguire la giustizia è impegnarsi a cercare le vie della riconciliazione, prima di tutto tra cristiani. Mettendoci poi al servizio di tutti, risaneremo efficacemente le ferite dell'ingiustizia. Fare ciò che è giusto è chiedersi sempre se ciò che faccio è amore per gli altri. Se è puro amore e vero servizio, sicuramente Dio stesso dirà che siamo giusti.
Quindi, amare significa servire. Gesù ce ne ha dato l'esempio. Intanto con la sua morte in croce ha servito l'umanità intera, che è, che era e che sarà; ma poi lo ha fatto nella quotidianità. Lavando i piedi agli apostoli ne ha dato l'esempio. Se Dio ha lavato i piedi a noi, anche noi possiamo lavarci i piedi l'un l'altro. Servire tutti. Chi serve ha dei padroni. Se noi siamo servi, gli altri sono padroni. Dio, attraverso le nostre azioni, costruisce cieli nuovi e terra nuova. Ma occorre mettersi al servizio di tutti.
Inoltre occorre riconoscere la dignità di ogni persona. Davanti a Dio siamo tutti uguali in dignità, anzi, quando ci riconosciamo indegni e peccatori, è Dio stesso che ci rende degli della sua infinita misericordia. Allora, guardare le persone come nostri simili: chi ne riconosce l'uguaglianza, riconosce anche la dignità. Così, qualunque cosa vogliamo che gli altri facciano a noi, noi dobbiamo farla a tutti. È la "regola d'oro". In altre parole è: "Ama il prossimo tuo come te stesso", che significa anche crescere nella comunione fra tutti. Crescere in comunione è vivere per l'altro. È mettere in comune le proprie idee, risorse, talenti, bisogni, dolori e gioie. È una comunione di vita. Tutti siamo chiamati alla comunione, ciascuno secondo la sua misura. La comunione è diversa dal dare. Ciò che viene messo in comune non appartiene all'uno o all'altro, appartiene a tutti. Quando c'è comunione materiale e spirituale, diventiamo un solo corpo e un solo spirito. È Gesù fra noi.
L'amore reciproco ci spinge anche a lasciarci aiutare dal fratello. E non solo dobbiamo lasciarci aiutare, ma, in una vita di comunione, dobbiamo sapere quando chiedere aiuto e condividere i nostri bisogni con i fratelli. Un aiuto che può essere una preoccupazione condivisa, un orientamento, un'assistenza spirituale o materiale. Tutto questo richiede umiltà. Lasciare che il fratello ci aiuti è fare le cose insieme; è voler andare oltre e raggiungere l'obiettivo; è vivere l'amore al fratello al contrario, lasciarci, cioè, aiutare nel bisogno. È vivere l'amore reciproco in tutte le sue sfumature.

venerdì 25 gennaio 2019

L'eu-anghelion, il «lieto annuncio»


3a domenica del Tempo ordinario (C)
Neemìa 8,2-4.5-6.8-10 • Salmo 18 • 1 Corinzi 12,12-30 • Luca 1,1-4; 4,14-21
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio
Il lieto annuncio era l'assicurazione che Jahvè stava per riprendere in mano le sorti del suo popolo in esilio. Sulla bocca di Gesù queste parole significano, come Lui stesso afferma: la promessa di Dio è giunta a compimento. In altre parole egli affermerà: "Il regno di Dio è arrivato: convertitevi e credete al vangelo", a questo "lieto annuncio".
Per i "poveri" questo diventa lieto annuncio, perché sono abolite le leggi ferree e spietate che permettono a chi è ricco e potente di avere sempre ragione, di opprimere il debole e, in alcuni casi, farsi chiamare anche benefattore. Però, non nel senso che i poveri diventano i nuovi ricchi, ma nel senso che cambia il metro di valutazione: il valore è il servizio, l'essere, non l'avere. Infatti, l'essere "povero" non è anzitutto uno stato sociale, il semplice fatto di non avere beni e di essere alla mercé di altri, come nel caso del "povero Lazzaro". Ma un atteggiamento dello spirito, che suppone una povertà di fatto ma non si identifica con essa. Isaia e i profeti parlano dei "poveri di Jahvè", coloro che sono poveri "davanti a Dio", che nella loro afflizione e povertà si ricordano di lui e in lui ripongono la loro speranza e fiducia; che non confidano "nei carri e nei cavalli" e neppure nelle loro opere di giustizia. Questa povertà non è principalmente un modo di essere di fronte agli uomini, ma un modo di stare dinanzi a Dio: come il pubblicano nel tempio, come Maria, come la prima comunità cristiana dopo la Pasqua: "umili sotto la potente mano di Dio" (cfr. 1Pt 5,6). La povertà evangelica non è separabile dall'umiltà, come ci insegna Francesco d'Assisi.

Entrò di sabato nella sinagoga … aprì il rotolo …
Senza Gesù, il Cristo, il testo sacro è un libro chiuso, gli oracoli dei profeti rimangono incomprensibili: solo Lui è in grado di dare senso alle Scritture. Per questo le Scritture si interpretano a partire da Gesù, non viceversa. Luogo privilegiato per l'ascolto è l'incontro comunitario. Nel Suo giorno (il dies Domini) il Risorto rivolge la sua Parola alla comunità riunita.
Già nei primi secoli si ripeteva con insistenza il richiamo: "Non vogliate anteporre alla parola di Dio i bisogni della vostra vita temporale, ma in giorno di domenica, mettendo da parte ogni cosa, affrettatevi alla chiesa. Infatti, quale giustificazione potrà presentare a Dio chi non si reca in questo giorno in assemblea ad ascoltare la parola di salvezza?" (Didachè).

Oggi si è compiuta questa Scrittura
Gesù non commenta il testo, ne proclama la realizzazione.
Oggi inizia l'anno di grazia, la festa senza fine, perché a tutti è destinato il lieto annuncio della salvezza gratuita e senza condizioni, come è successo al brigante sulla croce: "Oggi sarai con me in paradiso".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Oggi si è compiuta questa Scrittura (Lc 4,21)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Lo Spirito del Signore è sopra di me (Lc 4,18) - (24/01/2016)
(vai al testo…)
 Oggi si è compiuta questa Scrittura (Lc 4,21) - (27/01/2013)
( vai al testo…)
 Il corpo è uno solo e ha molte membra (1Cor 12,12) - (22/01/2010)
(vai al post "L'unità, armonia del corpo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Dio è sempre dalla parte dell'uomo (22/01/2016)
  La Parola si compie, oggi (25/01/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Claudio Arletti (VP 1.2010)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

lunedì 21 gennaio 2019

Il diaconato, germoglio per una Chiesa dai frutti nuovi


Si è celebrato ieri, 20 gennaio 2019, presso la Pia Società San Gaetano di Vicenza (fondata da don Ottorino Zanon), il cinquantesimo anniversario dell'ordinazione dei primi diaconi permanenti in Italia.
La congregazione è formata da religiosi, preti e diaconi, che vivono insieme in comunità assumendo in modo corresponsabile la cura delle parrocchie.
A loro si associano le "Sorelle nella diaconia", donne consacrate che vivono in comunità. Sull'esempio di Maria, la Serva del Signore, partecipano e animano la vita della comunità cristiana insieme ai religiosi. Vivono del loro lavoro, inserite soprattutto nelle attività sociali educative e caritative.

La celebrazione del cinquantesimo dell'ordinazione dei primi sette diaconi ha avuto il suo momento culmine con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Vicenza, mons. Beniamino Pizziol, preceduta da una Tavola Rotonda.
Hanno partecipato, oltre ai membri della Pia Società san Gaetano, anche i diaconi permanenti di Vicenza e una rappresentanza dei diaconi del Triveneto.

Tavola rotonda di testimoni (moderata da don Luca Garbinetto, religioso della PSSG):
Il diaconato della Pia Società San Gaetano: germoglio di una Chiesa per una Chiesa dai frutti nuovi.
«Don Ottorino Zanon e la sua intuizione del diaconato permanente sbocciano come segni e strumenti dello Spirito nel vivace contesto della Chiesa vicentina degli anni che precedono il Concilio Vaticano II. I suoi figli missionari, religiosi preti e diaconi della Pia Società San Gaetano, mantengono sempre uno stretto legame di stima, collaborazione, reciprocità con le Chiese locali a cui sono inviati. Quali doni si possono scambiare tra loro una Congregazione religiosa missionaria e una Chiesa diocesana, nell'ambito dei cambiamenti epocali che la società e la Chiesa tutta stanno vivendo?» (dal Dépliant).

Intervengono:
il diacono Beppino Creazza, religioso, ordinato a Crotone 50 anni fa, testimone delle prime esperienze diaconali della Pia Società San Gaetano;
don Luciano Bertelli, religioso, teologo, esperto del pensiero di don Ottorino sul diaconato;
don Giovanni Sandonà, della diocesi di Vicenza, delegato episcopale per il diaconato.

Anche Papa Francesco ha inviato un telegramma a firma del segretario di Stato, il card. Piero Parolin, esprimendo "vivo compiacimento" per i 50 anni di ordinazione dei primo sette diaconi, rendendo "gloria a Dio per i maturi frutti umani e spirituali scaturiti dall'azione dello Spirito Santo mediante l'istituzione del diaconato permanente, provvida iniziativa nata dal cuore dei padri conciliari".

Il vescovo di Vicenza, mons. Beniamino Pizziol, all'omelia (il Vangelo del giorno era il miracolo alle nozze di Cana) ha messo, tra l'altro, l'accento sulla figura dei servitori (diaconi), testimoni della diaconia della fede, obbedienti alla Parola loro offerta: col loro agire, significato nel segno liturgico di versare il vino e le gocce d'acqua nel calice, animano quell'umanità che è chiamata a trasformarsi nel vino nuovo che è Cristo con la sua pace, di cui i diaconi sono i primi operatori.

Significativi gli echi di chi, in vario modo, ha potuto partecipare. Un saggio:
«Ho partecipato commosso via streaming , col rammarico di non poter essere presente, ma con la gioia di poter essere partecipe della Grazia del diaconato» (un diacono).
«Orgogliosa di aver conosciuto il diaconato e tanti diaconi. Auguri per un futuro intriso di servizio a Lui e ai fratelli» (una signora).
«Grazie di cuore a tutti. È stato un pomeriggio di festa e una celebrazione molto sentita. Il Signore continui a benedire la vocazione diaconale nella Chiesa» (un sacerdote).










domenica 20 gennaio 2019

Diaconi profezia a servizio della bellezza del creato e dell'uomo





Il diaconato in Italia n° 212
(settembre/ottobre 2018)

Diaconi profezia a servizio della bellezza del creato e dell'uomo
«…cercare la bellezza per costruire una convivenza pacifica tra i popoli enella custodia del creato» (EG 257)





ARTICOLI
Per essere a se4rvizio della creazione (Giuseppe Bellia)
Per la cura del creato )Papa Francesco)
Diaconizzare l'uomo e il creato (Giovanni Chifari)
La natura e il desiderio infinito (Angelo Scola)
L'ambiguo rivelarsi di Dio nella natura e nella storia (Giuseppe Bellia)
Si può essere diaconi della bellezza? (Luigi Vidoni)
L'estetica della carità e le sue insidie (Giorgio Agagliati)
Custode del creato (Francesco Giglio)
Il bel pastore (Andrea Spinelli)
L'arte sacra: diaconia di profezia e di bellezza (Maria Pina Rizzi)
La rivalutazione creaturale cosmica della liturgia (Enzo Petrolino)
La comunità in assemblea ad Assisi (Gualtiero Bassetti)
Il silenzio sul diaconato (Carmelo Brigandì)
Diaconi costruttori di pace (Gaetano Marino)

RASSEGNE
Nei canti di san Francesco (Giovanni Chifari)
L'autorivelarsi di Dio (Giuseppe Barbaglio)
La cultura contemporanea (Giuseppe Barbaglio)

TESTIMONIANZE
A servizio di una carità di popolo (Francesco Nicastro)
Per i diaconi e le loro mogli (Alfredo Guzzi)

(Vai ai testi…)

venerdì 18 gennaio 2019

Lo Sposo che offre il vino nuovo


2a domenica del Tempo ordinario (C)
Isaia 62,1-5 • Salmo 95 • 1 Corinzi 12,4-11 • Giovanni 2,1-11
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Il brano evangelico di questa domenica (Gv 2,1-11) è un brano apparentemente semplice che nasconde un messaggio profondo e pone alcuni problemi: ad esempio, perché Giovanni inizia il suo Vangelo con un fatto apparentemente banale al quale, invece, dà tanta importanza?

La festa di nozze
Il nome Israele, per noi al maschile, in ebraico è al femminile. Questo ha permesso ai profeti di utilizzare il simbolismo coniugale per descrivere il rapporto del popolo con Jahvè: il Signore è lo sposo fedele, mentre Israele è sposa infedele.
I profeti, in modo particolare Osea, parlano dell'amore di Dio senza riserva verso la sua sposa: «Ti farò mia sposa per sempre» (Os 2, 18). Vedi anche la prima lettura proposta (Is 62,1-5): «… il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo … come gioisce lo sposo per la sposa così il tuo Dio gioirà per te».
Eppure, al tempo di Gesù, Israele aveva ripreso gli atteggiamenti della schiava, non quelli della sposa.
Una delle caratteristiche della religione pagana era proprio la paura della divinità, paura che si tentava di esorcizzare attraverso un groviglio di obbligazioni, norme, osservanze, proibizioni, espiazioni…
Questo rapporto errato con Dio ricompare ogni volta che la "fede" si trasforma in religione dei precetti, del legalismo, delle minacce. È una religione che toglie il sorriso, genera ansie, angosce, scrupoli. La "festa di precetto" associa, o sostituisce, la gioia del ritrovarsi con i fratelli all'idea dell'obbligo e della paura del peccato.

Non hanno vino
Nella Bibbia è condannata l'ebbrezza, ma il vino è simbolo della felicità e dell'amore (cfr. Ct 4,10). Una festa senza vino non ha senso: niente canti, danza, allegria, solo musi lunghi, gente insoddisfatta e nervosa.
Anche al tempo di Gesù il regno di Dio, tanto aspettato, sembra lontano. Il popolo è triste come chi celebra una festa di nozze senza vino. I suoi rapporti con Dio non sono più quelli della sposa, felice di godere delle tenerezze dello sposo, ma quelli della schiava, costretta ad obbedire agli ordini del padrone. La religione insegnata è quella dei "meriti": li acquista chi è fedele alla Legge, non chi ama. Lo slancio d'amore sponsale verso Dio è stato sostituito con l'adempimento di disposizioni giuridiche.
Siamo chiamati a ristabilire con il Signore (Padre, sposo…) un rapporto di amore filiale, sponsale e accogliere l'acqua trasformata in vino, lo Spirito di Gesù, come l'autentica fonte di gioia. Il miracolo da lasciar compiere allo Spirito di Gesù è di trasformare l'abitudine, fatta di tristezza, noia, mancanza di slancio, osservanza rigida e fredda di regole, in "abitudine" (cioè "habitus = vestito, modo di essere e di vivere) di gioia, generosità, fraternità…

Riempite d'acqua le anfore
Le anfore vuote rappresentano la religione delle purificazioni, l'insieme di pratiche e di riti incapaci di comunicare serenità e gioia.
Non è a partire da quest'acqua che deriva il vino migliore, ma da quella che Gesù ordina di attingere (che è l'acqua del Battesimo, l'immersione nel suo Spirito).
Anche in un matrimonio può accadere che l'entusiasmo e la gioia iniziali, come il vino di Cana, col passare dei giorni e degli anni si consumino e vengano meno. Anche qui può subentrare l'abitudine "mostro che riduce in polvere tutti i nostri sentimenti". A quegli invitati alle nozze, che sono i figli, non si ha più nulla da offrire se non la propria stanchezza, la freddezza reciproca e, spesso, la propria amara delusione.
Invitare Gesù alle nozze, ascoltare "qualunque cosa egli dica": sono i passi da fare perché Lui compia anche oggi il "segno" di passare da un amore tentato dall'istinto e dall'eros all'amore che è agape, dono, gratuità, certezza di poter sempre ricominciare.
Ecco spiegato il perché di questo brano all'inizio del Vangelo di Giovanni. È Gesù lo sposo, che viene per celebrare le nozze con l'umanità. La festa è appena iniziata.
Sul Calvario, lo sposo manifesterà tutto il suo amore dando la vita per la sposa. A Cana è l'inizio di ciò che farà; dal costato trafitto, sulla croce, zampilla l'acqua per la "vita eterna".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Parola-sintesi proposta a suo tempo pubblicata:
 Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5) - (17/01/2016)
(vai al testo…)
 I suoi discepoli credettero in Lui (Gv 2,11) - (20/01/2013)
( vai al testo…)
 Qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5) - (15/01/2010)
(vai al post "Guardare al figlio…")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Colui che riempie le anfore vuote del cuore (15/01/2016)
  Gesù, lo Sposo (18/01/2013)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 11 gennaio 2019

Figli amati, come Gesù


Battesimo del Signore (C)
Isaia 40,1-5.9-11 • Salmo 103 • Tito 2,11-14;3,4-7 • Luca 3,15-16.21-22
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Chi riceveva il battesimo da Giovanni, si riconosceva peccatore, bisognoso di essere perdonato e purificato da Dio, e manifestava pubblicamente la volontà di percorrere un cammino di conversione, per prepararsi ad accogliere il Messia. Non poteva non suscitare stupore e scandalo il fatto che Gesù, il Figlio di Dio, si fosse mescolato con i perduti.

Discese sopra di lui lo Spirito Santo
L'Incarnazione non è soltanto il farsi uomo del Figlio di Dio, ma il farsi fratello dei peccatori, prendendo su di sé la loro realtà e accettandone tutte le conseguenze. La Croce sarà l'ultimo traguardo di questo "sprofondare" del Figlio di Dio, fino a sperimentare l'esperienza umana di lontananza e separazione da Dio. Il battesimo manifesta la scelta di essere uno di noi, uno con noi.
Tuttavia, colui che per amore si identifica con i suoi fratelli, il Padre lo riconosce e lo manifesta come il proprio Figlio, donandogli lo Spirito. "Il cielo si aprì": la comunicazione tra Dio e gli uomini, interrotta dal peccato, si fa nuova ed intensa. "Discese sopra di lui lo Spirito Santo": nell'Antico Testamento lo Spirito del Signore investiva temporaneamente i suoi servi e li rendeva capaci di svolgere la missione che era loro affidata. Lo Spirito avrebbe, poi, "riposato" sul Messia.

Tu sei il Figlio mio, l'amato
La voce di Dio proclama: "Tu sei il Figlio mio, l'amato…". Il Padre rivela l'identità di Gesù non solo come Messia, ma come il Figlio unico, oggetto di tutto il suo amore. Il battesimo rappresenta per Gesù una svolta decisiva: ricevendo lo Spirito e ascoltando la voce del Padre, ha inizio la sua missione.
Il battesimo di Gesù diventa, in questo modo, simbolo e anticipo di quello cristiano. Col Battesimo Gesù ci lega a sé per sempre. Anche su di noi scende lo Spirito, invadendoci col suo amore. Anche su di noi il Padre, abbracciandoci con tenerezza, dichiara: "Questi è figlio mio". Comincia la più grande avventura, la più bella storia d'amore che possa essere vissuta, tra il Padre e ognuno dei suoi figli. Nella "famiglia" dei figli di Dio non si vale per le opere, per quello che si produce, si vale solo perché Dio ci ama. E l'amore di Dio è eterno: il battesimo non può essere ripetuto, perché è una parola d'amore di Dio su di noi. Un amore che ci fa figli e mai nulla, neppure il nostro tradimento, può cancellare il fatto che siamo figli suoi.
Forse per molti il Battesimo rimane il "tesoro nascosto" che uno possiede in casa, ma non lo sa o non ha interesse a cercarlo: assomiglia ad uno di quei pacchi-dono che si ricevono a Natale e che per incuria rimane incartato. Perché non andare, allora, alla scoperta del tesoro?
L'appartenenza a Gesù, prodotta dal battesimo, ci impegna a vivere come Lui, che "passò beneficando e risanando tutti". Prima di fare qualunque cosa, viene il mio "essere di Cristo": senza la relazione vitale con lui cade e si svuota anche l'attività più intensa e brillante. Momento privilegiato in cui far memoria del Battesimo è l'Eucaristia domenicale.
Anche a noi, come a Gesù, il Padre ripete: "Tu sei mio figlio, amato!".

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Tu sei il Figlio mio, l'amato (Lc 1,11)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anno C:
 In te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22) - (10/01/2016)
(vai al testo…)
 In te ho posto il mio compiacimento (Lc 3,22) - (13/01/2013)
(vai al testo…)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata - Anni A e B:
 Gesù venne da Giovanni per farsi battezzare(Mt 3,13) - (8/01/2017 – Anno A)
(vai al testo…)
 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (12/01/2014 – Anno A)
(vai al testo…)
 In lui ho posto il mio compiacimento (Mt 3,17) - (9/01/2011 – Anno A)
(vai al testo…)
 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11)(Mc 1,11) - (7/01/2018 –Anno B)
(vai al testo…)
 Tu sei il Figlio mio, l'amato (Mc 1,11) - (11/01/2015 – Anno B)
(vai al testo…)
 Vide lo Spirito discendere verso di lui (Mc 1,10) - (8/01/2012 – Anno B)
(vai al testo…)
 Lui vi battezzerà con lo Spirito Santo (Mc 1,8) - (9/01/2009 –Anno B)
(vai al post "Battezzati nello Spirito santo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anno C):
L'aprirsi del Cielo (8/1/2016)
Essere scelti dall'amore eterno di Dio (11/1/2013)

Vedi anche i post Appunti per l'omelia (Anni A e B):
Siamo diventati Cristo (10/1/2014 - Anno A)
Lo "sprofondare" del Figlio di Dio… per farci figli (9/1/2015 - Anno B)
Il Compiacimento del Padre (7/1/2012 - Anno B)

Commenti alla Parola (Anno C):
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Marinella Perroni (VP 11.2012)
  di Claudio Arletti (VP 11.2009)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
  di Letture Patristiche della Domenica

Vedi anche Commenti alla Parola (Anni A e B):
  di Cettina Militello (VP 11.2016 – Anno A)
  di Gianni Cavagnoli (VP 11.2013 – Anno A)
  di Marinella Perroni (VP 11.2010 – Anno A)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018 - Anno B)
  di Luigi Vari (VP 1.2015 – Anno B)
  di Marinella Perroni (VP 1.2012 – Anno B)
  di Claudio Arletti (VP 1.2009 – Anno B)
  di Enzo Bianchi (Anno A)
  di Enzo Bianchi (Anno B)
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano (Anno B)
  di Letture Patristiche della Domenica (Anno B)

(Illustrazione di Stefano Pachì)

venerdì 4 gennaio 2019

Alla ricerca della "stella"


Epifania del Signore
Isaia 60,1-6 • Salmo 71 • Efesini 3,2-3a.5-6 • Matteo 2,1-12
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

L'Epifania per le Chiese d'Oriente è la vera e propria celebrazione del Natale, cioè della "manifestazione" del Cristo nella carne dell'uomo. La tentazione, già antica, è quella di perdere di vista la meta cui conduce questa pagina di Matteo per fermarci sui volti dei protagonisti, i Magi. Sulla base di questa curiosità la tradizione li ha trasformati in re, li ha contati in tre, li ha fatti diventare l'uno bianco, l'altro giallo e il terzo nero, ha attribuito loro nomi diversi (in occidente Gaspare, Melchiorre e Baldassarre), ha disseminato le loro reliquie da Milano a Colonia, nei loro doni ha visto significati reconditi (oro per la regalità di Cristo, incenso per la sua divinità e mirra per la sua morte).
Il mondo può cercare le luci sfavillanti della pubblicità natalizia e le apparenze splendenti del consumismo, ma non trova il bambino Gesù; il cristiano sa dove trovare la vera luce.

Riguardo alla stella, al di là delle varie ipotesi formulate dai vari ricercatori, dobbiamo cercarla non in cielo ma nella Bibbia. Nel libro dei Numeri (24,17) leggiamo questa frase: "Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele". Anche il Cristo, nell'Apocalisse (22,16) è costantemente circondato da stelle: "Io sono la radice… la stella radiosa del mattino". Sant'Ignazio di Antiochia, nel 107, mentre viene condotto a Roma per essere esposto alle belve, scriveva ai cristiani di Efeso: "Una stella brillò in cielo oltre ogni stella alla nascita di Cristo. La sua luce fu oltre ogni parola".
Presentandoci i Magi dell'Oriente che vedono la stella, l'evangelista dice ai suoi lettori che dalla stirpe di Giacobbe è spuntato l'atteso liberatore, Gesù. È Lui la stella.
Quindi spieghiamo ai nostri figli che la stella non è un astro del cielo, ma è Gesù, è Lui che illumina ogni uomo: "Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9).

Il viaggio dei Magi è la storia di un viaggio dello spirito, di una conversione al Cristo. La stella indica la via della fede. Una strada fatta di distacco, di sequela, di ricerca come avvenne quel giorno sul litorale di Galilea: "Seguitemi … E lasciate le reti, lo seguirono".
Chi invece resta legato ai pesi delle cose, dei vari attaccamenti, degli egoismi; chi è convinto di possedere tutto e di avere il monopolio della verità; chi è troppo ben insediato nel suo potere, come Erode, non ha bisogno di Betlemme. Anzi, Betlemme, il bambino Gesù, gli appare come Nazareth, un insignificante villaggio dal quale non può venire nulla di buono.

I Magi si prostrarono in adorazione. Matteo dice che i pagani, venuti da lontano, iniziato un cammino alla ricerca della verità, riconoscono come loro re e loro Dio il bambino di Betlemme e a lui offrono i loro doni, la loro vita.
Il racconto dei Magi ci ricorda il bisogno che l'uomo ha di cercare la verità. I Magi non hanno paura della verità, di Gesù. Infatti, "si prostrarono in adorazione". A chi lo cerca con cuore sincero Dio si fa incontro; e ogni uomo, a qualunque popolo o nazione appartenga, se è onesto, lo può incontrare.

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Siamo venuti per adorare il Signore (Mt 2,2)
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Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata:
 Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? (Mt 2,2) - (6/01/2018)
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 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 3,13) - (6/01/2017)
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 Videro il bambino… si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11) - (6/01/2016)
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 Siamo venuti ad adorarlo (Mt 2,2) - (6/01/2015)
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 Siamo venuti ad adorare il Signore (Mt 2,2) - (6/01/2013)
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 Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2,10) - (6/01/2012)
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 Videro il Bambino con Maria sua madre (Mt 2,11) - (6/01/2011)
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 Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra (Sal 71) - (5/01/2009)
(vai al post "Il centro dell'universo")

Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
Le preferenze di Dio: gli ultimi, i lontani (5/1/2017)
Il cammino per l'incontro don Dio (5/1/2016)
Nel "Nulla d'amore" di Dio (5/1/2015)
Essere "epifania" di Dio (4/1/2014)
L'incontro con Gesù, nella "casa", con Maria (4/1/2013)
Guardare oltre, con nel cuore il mondo (5/1/2012)

Vedi anche i post:
La Stella, il dono che porta (6/1/2011)
Lo scambio dei doni (5/1/2010)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2019)
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 1.2018)
  di Cettina Militello (VP 11.2016)
  di Luigi Vari (VP 11.2015)
  di Luigi Vari (VP 1.2015)
  di Gianni Cavagnoli (VP 2013)
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Marinella Perroni (VP 2011)
  di Marinella Perroni (VP 2010)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Claudio Arletti (VP 2008)
  di Enzo Bianchi (vol. A)
  di Enzo Bianchi (vol. B)
  di Enzo Bianchi (vol. C)

(Illustrazione di Stefano Pachì)

martedì 1 gennaio 2019

La giustizia di Dio è dare vita nuova


Parola di vita – Gennaio 2019
(Clicca qui per il Video del Commento)
(…Ed anche qui…)

«La giustizia e solo la giustizia seguirai» (Dt 16,20).

Il Libro del Deuteronomio si presenta come una serie di discorsi pronunciati da Mosè al termine della sua vita. Egli ricorda alle nuove generazioni le leggi del Signore, mentre contempla da lontano la Terra Promessa verso la quale ha coraggiosamente guidato il popolo di Israele.
In questo Libro, la "legge" di Dio è presentata prima di tutto come la "parola" di un Padre che si prende cura di tutti i suoi figli. È un cammino di vita, che Egli dona al suo popolo per realizzare un progetto di Alleanza. Se il popolo la osserverà fedelmente, per amore e gratitudine più che per paura dei castighi, continuerà a gustare la vicinanza e la protezione di Dio.
Uno dei modi per realizzare concretamente questa Alleanza ricevuta in dono da Dio consiste nel perseguire con decisione la giustizia. Il fedele la attua quando ricorda con gratitudine la scelta che Dio ha fatto del suo popolo ed evita di adorare chiunque se non il Signore, ma anche quando rifiuta benefici personali che gli oscurano la coscienza davanti alle necessità del povero.

«La giustizia e solo la giustizia seguirai»

L'esperienza quotidiana ci mette davanti a tante situazioni di ingiustizia, anche gravi, soprattutto a danno dei più deboli, di coloro che sopravvivono ai margini delle nostre società. Quanti Caino usano violenza sul fratello o la sorella!
Lo sradicamento di disuguaglianze ed abusi è una fondamentale esigenza di giustizia, a cominciare dal nostro cuore e dai luoghi della nostra vita sociale. Eppure Dio non compie la sua giustizia distruggendo Caino, ma piuttosto si preoccupa di proteggerlo perché riprenda il cammino [1].
La giustizia di Dio è dare vita nuova. Come cristiani abbiamo incontrato Gesù. Con le sue parole e i suoi gesti, ma soprattutto con il dono della vita e la luce della Risurrezione, Egli ci ha svelato che la giustizia di Dio è il suo amore infinito per tutti i suoi figli. Attraverso Gesù si apre anche per noi la strada per mettere in pratica e diffondere la misericordia e il perdono, fondamento anche della giustizia sociale.

«La giustizia e solo la giustizia seguirai»

Questo versetto della Scrittura è stato scelto per celebrare la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2019 che, nell'emisfero nord, ricorre dal 18 al 25 gennaio. Se anche noi accoglieremo questa Parola, potremo impegnarci a cercare le vie della riconciliazione, prima di tutto tra cristiani. Mettendoci poi al servizio di tutti, risaneremo efficacemente le ferite dell'ingiustizia.
È quanto da alcuni anni sperimentano cristiani di varie chiese, che insieme si dedicano ai detenuti nella città di Palermo (Italia). L'iniziativa è nata da Salvatore, membro di un'associazione evangelica: "Mi sono reso conto dei bisogni spirituali ed umani di questi nostri fratelli. Molti di essi non avevano familiari in grado di aiutarli. Confidai in Dio e parlai di ciò a tanti fratelli della mia chiesa e di altre chiese». Aggiunge Christine, della chiesa anglicana: «Poter aiutare questi fratelli bisognosi ci rende contenti perché rende concreta la provvidenza di Dio che vuole far arrivare il Suo Amore a tutti, tramite noi». E Nunzia, cattolica: «Ci è sembrata un'occasione sia per aiutare i fratelli nel bisogno sia per contribuire ad annunciare Gesù anche con le piccole cose materiali».
È una realizzazione di quanto espresso da Chiara Lubich nel 1998, nella chiesa evangelica di Sant'Anna ad Augsburg, durante un incontro ecumenico:
«[…] Se noi cristiani diamo uno sguardo alla nostra storia […] non possiamo non rimanere addolorati nel costatare come essa è stata spesso un susseguirsi di incomprensioni, di liti, di lotte. Colpa certamente di circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali …; ma anche del venir meno fra i cristiani di quell'elemento unificatore loro tipico: l'amore. Un lavoro ecumenico sarà veramente fecondo in proporzione di quanto chi vi si dedica vedrà in Cristo crocifisso e abbandonato che si riabbandona al Padre, la chiave per capire ogni disunità e per ricomporre l'unità […]. E l'unità vissuta ha un effetto […]. Si tratta della presenza di Gesù fra più persone, nella comunità. "Dove due o tre - ha detto Gesù - sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Gesù fra un cattolico ed un evangelico che si amano, fra anglicani e ortodossi, fra un'armena e una riformata che si amano. Quanta pace sin d'ora, quanta luce per un retto cammino ecumenico!» [2].

Letizia Magri

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[1] C. Lubich, Cf. Gen 4, 8-16.
[2] C. Lubich, "Preghiera ecumenica per l'Avvento", Augsburg (Germania), 29 novembre 1998.


Fonte: Città Nuova n. 12/Dicembre 2018