20a domenica del T. O. (B)
Appunti per l'omelia
Da qualche domenica stiamo ascoltando un lungo discorso dove Gesù presenta se stesso come "il pane della vita". L'unico, cioè, che può saziare completamente la fame di ogni uomo: fame di verità, di vita, di felicità; desiderio di Dio, in definitiva, di cui è impastato il cuore umano. L'unico in grado di comunicargli una vita che supera la barriera della morte, anzi una vita "eterna", la vita che è propria di Dio stesso.
Condizione necessaria da parte dell'uomo è "mangiare" questo pane, cioè accogliere nella fede la parola di Gesù e ricevere la sua persona nell'Eucaristia: "il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51).
La sua "carne", cioè la sua persona: Egli la dona liberamente per amore, anzi la offre in sacrificio a Dio per la salvezza del mondo! La sua "carne": donata come "pane" da "mangiare", cioè da ricevere con fede nel Sacramento, lasciandosi nutrire dalla sua pienezza di vita.
Gesù sottolinea con forte insistenza soprattutto l'aspetto di cibo che comunica la vita divina. In particolare è la sua "carne" (in seguito preciserà "carne e sangue", col riferimento più marcato alla morte sacrificale) il nutrimento carico di vita. E nell'Eucaristia il credente si nutre del "Verbo fatto carne".
L'affermazione di Gesù provoca una reazione molto forte nei Giudei. Se precedentemente "mormoravano" (v. 41) per la sua "pretesa" di essere "il pane della vita... disceso dal cielo", ora disputano accanitamente, anzi "combattevano": "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Ma Gesù non attenua la sua affermazione, e con la massima forza dichiara che "mangiare la sua carne e bere il suo sangue", cioè riceverlo con fede nell'Eucaristia, è una necessità per vivere.
Si tratta di un vero "mangiare" e di un vero "bere". E l'effetto è la vita divina che qui Gesù presenta come una vita attuale, reale, all'interno dell'uomo: "...non avrete in voi la vita...". Questa vita, poi, che avrà il suo sviluppo completo nella risurrezione finale: "e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54).
Mediante l'Eucaristia si compie una specie di "compenetrazione" reciproca fra Gesù e il credente: "...dimora in me e io in lui": "Non soltanto ciascuno di noi riceve Cristo, ma anche Cristo riceve ciascuno di noi. Egli stringe la sua amicizia con noi". (Eccl. de Euch. 22). In senso più profondo, potremmo intendere così: la più stretta unione personale e lo scambio reciproco fra Gesù e il fedele sono frutto del "mangiare" e cioè della vita divina che tale cibo comunica. Ora la vita divina è essenzialmente "comunione trinitaria", dove le Tre Persone sono reciproco dono di sé, che le fa abitare l'una nell'altra. Di conseguenza il rapporto con Gesù che l'Eucaristia produce consiste nel partecipare alla dinamica della vita trinitaria, che è intima e infinita "compenetrazione" di Tre Persone distinte e profondamente unite.
A questo punto Gesù fa una delle affermazioni più dense e più belle di tutto il Vangelo: "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me" (Gv 6,57). Come in Gesù l'origine della vita divina, che possiede, è il Padre "vivente", allo stesso modo Gesù è l'origine della vita per chi lo mangia.
Una sola vita divina, quella che il Padre riversa nel Figlio Gesù, attraverso Gesù passa nel credente che lo riceve nell'Eucaristia e dilaga in lui. In altri termini, come Gesù "vive per il Padre", cioè tutta la sua vita la riceve dal Padre che semplicemente vive la sua vita in Lui, così chi lo riceve nell'Eucaristia "vive di Gesù", ha in sé la vita di Gesù che semplicemente vive la sua vita in Lui, la vita trinitaria.
"Chi mangia questo pane vivrà in eterno" (Gv 6,58).
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51)
(vai al testo) - (pdf, formato A5)
Commenti alla Parola:
• di Marinella Perroni (VP 2012)
• di Claudio Arletti (VP 2009)
• di Enzo Bianchi
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