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venerdì 20 aprile 2018

Il dono di un servizio a "tempo pieno"


Ricorre oggi l'anniversario della mia ordinazione diaconale.
Contemporaneamente ricorre anche il venticinquesimo anniversario della morte di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta. Papa Francesco recandosi oggi presso la tomba di don Tonino ha evidenziato del vescovo di Molfetta "il desiderio di una Chiesa per il mondo: non mondana, ma per il mondo. Una Chiesa monda di autoreferenzialità ed estroversa, protesa, non avviluppata dentro sé".
Uno stimolo per una diaconia che si rivolge "fuori", che esca dal "recinto del sacro" ed incontri l'uomo, ogni uomo e donna, nei posti lì dove si trova e vive.

Oggi, nel ringraziare il Padre per il dono del diaconato, ringrazio anche tutti quei "fratelli" che mi hanno accompagnato in questo servizio alla Chiesa per il mondo. Uno di questi è don Tonino.
Voglio riportare la lettera che il vescovo di Molfetta indirizzò a Sergio, il primo diacono permanete ordinato della diocesi di Molfetta il 4 ottobre 1989.



Carissimo Sergio,
te l'ho detto a voce, ma voglio ripetermi. Tecnicamente, l'appellativo diacono permanente si dà a colui che, una volta salito sul primo dei gradini dell'ordine sacro, il diaconato appunto, si ferma in modo stabile lì, senza la prospettiva di ascendere, in seguito, agli altri due livelli: del presbiterato, cioè, e dell'episcopato.
La spiegazione non mi piace. Mi sa malinconicamente di negativo. Mi dà troppo il sapore di binario morto. Allude in modo molto scoperto ai galloni di quei soldati scelti che, non dovendo fare carriera, rimangono appuntati per tutta la vita.
Sembra, insomma, più il traguardo ultimo che recide le illusioni dell'«oltre», che lo «status» di chi annuncia con gioia che tutta la vita deve essere messa al servizio di Dio e dei fratelli.
Ti voglio dire, allora, qual è la disposizione d'animo con la quale tra giorni ti imporrò le mani sul capo.
Vedi, Sergio, desidero che tu sia per la nostra Chiesa locale il segno luminoso della sua diaconia permanente. L'icona del suo radicale rifiuto per ogni mentalità da «part-time». Il simbolo dell'antiprovvisorietà del suo servizio. Il richiamo contro tutte le tentazioni di interpretare con moduli di dopolavoro l'impegno per i poveri. La negazione di ogni precariato che voglia includere, non solo nella diaconia della carità, ma anche in quella della Parola e della lode liturgica, la banalità aziendale del «turn-over».
Auguri, Sergio.
I laici, vedendoti, si sentano messi in crisi per l'incapacità di dare al loro servizio ecclesiale lo spessore del tempo pieno e, forse, neppure quello del tempo prolungato.
I religiosi ti sperimentino come provocazione alla totalità di una scelta, che è permanente non tanto perché impedita di far passi in avanti quanto perché esorcizzata dal pericolo di far passi all'indietro, con quelle quotidiane ritrattazioni di fedeltà che a poco a poco si rimangiano la bellezza del dono.
I presbiteri ti accompagnino per leggere nella tua vita il filo rosso che deve attraversare tutto l'arco della loro esperienza sacerdotale: la completezza dell'offertorio, la stabilità della consacrazione, il servizio della comunione.
E anche il tuo vescovo, invocando lo Spirito su di te, comprenda che il diaconato permanente, se è il gradino più basso nella gerarchia dell'ordine sacro, è, però, la soglia più alta che l'avvicina a Cristo, «diacono di Jahvè».
Dai, Sergio.
Con me ti benedice tutto il popolo di Dio.
+ Don Tonino, vescovo


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Rimando ad altri post relativi alla mia ordinazione diaconale.

Seguimi! (20/04/2017)
Gratitudine! (20/04/2016)
Stare nella tua casa (20/04/2015)
Chiara, mia moglie (26/04/2011)
Il diacono e il suo vescovo (20/04/2011)
Modello di ogni diaconia (19/04/2011)
Il mio sì (20/04/2010)
Ricordando quel giorno (19/04/2009)
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