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sabato 27 aprile 2013

La fisionomia inconfondibile della comunità cristiana


V domenica di Pasqua (C)

Appunti per l'omelia

Paolo e Barnaba, ritornando nelle comunità da loro fondate, confermano i discepoli e li esortano a restare saldi nella fede. E riferiscono "tutto quello che Dio aveva operato per messo loro" (cf At 14,21-27). È il coinvolgimento della comunità cristiana che in tutte le sue componenti si sente cointeressata e responsabile, è il comunicare l'esperienza di quanto Dio opera in noi e attraverso di noi: tutto rientra nello stile e nello spirito di famiglia che deve caratterizzare la comunità dei discepoli di Gesù.
Questa comunità, infatti, porta in sé la novità, unica, dell'esperienza del Signore risorto. Ha in sé il germe di un rinnovamento che investe il proprio essere ed il proprio agire nella misura in cui cresce il nostro rapporto con Lui. La grande novità finale, mentre l'attendiamo nella speranza e nella gratitudine, possiamo quindi già sperimentarla come in anticipo. Ed il segreto e lasciar vivere Gesù risorto in noi e fra noi, attuando il suo "comandamento nuovo".
Nel vangelo odierno (cf Gv 13,31-35) viene riportato l'inizio di un lungo discorso di addio che Gesù nell'ultima cena tiene ai discepoli, dai quali la morte sta per separarlo. Morte che inaugura la "glorificazione", cioè la manifestazione e comunicazione piena di Dio e del suo amore attraverso di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35).
È "nuovo", questo modo di amare, perché è innovativo, perché è reciproco. Ha il suo modello, la sua misura e la sua sorgente inesauribile nell'amore stesso di Gesù. Non: come ami te stesso. Ma: come ci ama Gesù. Questo "come", se lo prendo sul serio, è inquietante. Non dà pace. Non consente una sosta, un attimo di respiro per me. Questo "come" significa "fino al dono della propria vita": «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,3); ed ancora: «...li amò sino alla fine» (Gv 13,1). La profondità e la forza provocatoria di questo "come" Gesù l'aveva mostrata col gesto di lavare i piedi ai discepoli e con l'appello «come ho fatto io, così fate anche voi». (cf Gv 13,14-15). Ma il "come" ha anche un significato causale. Cioè: siccome, poiché io vi ho amato, questo amore, che vi comunico e che vi invade, riversatelo gli uni sugli altri. Nessuno può dire "mi è impossibile amare", perché Gesù ci dona l'amore con cui amare e ce lo dona soprattutto quando lo incontriamo nella sua Parola e nei Sacramenti. Un'altra caratteristica poi di questo amore è: tale amore, praticato dai discepoli, manifesta al mondo l'amore vissuto da Gesù. Se infatti i cristiani si amano come Gesù li ama e con l'amore stesso che Gesù partecipa loro, chiunque li avvicina non potrà non avvertire l'amore stesso di Gesù, che è poi l'amore della Trinità.
È un modo nuovo di vivere e di amare, che è il modo di vivere e di amare di Gesù, cioè l'amore trinitario.
Non ci sono altri segni che permettono di identificare i cristiani. «Da questo tutti sapranno che siete i miei discepoli». Discepoli non di un morto, ma di uno che vive in mezzo a loro, perché risorto. Lo scopriranno «tutti», anche i più distratti e i più disperati. Lo riconosceranno non dai bei discorsi che sapremo fare, dalla nostra capacità organizzativa, dalla nostra attività instancabile… Ma lo scopriranno «dall'amore che avrete gli uni per gli altri».
Questa testimonianza definisce la fisionomia inconfondibile della comunità cristiana, senza possibilità di equivoci.



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Amatevi anche voi gli uni gli altri (Gv 13,34)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2013)
  di Claudio Arletti (VP 2010)
  di Enzo Bianchi



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