VI domenica di Pasqua (C)
Appunti per l'omelia
"Paolo e Barnaba dissentivano e discutevano animatamente contro coloro che obbligavano a vivere secondo l'usanza di Mosè" (cf At 15,1-2). La comunità cristiana si sviluppa e si espande anche fuori dei confini di Israele, accogliendo nel suo grembo molti pagani. Ma si manifesta presto un pericolo mortale per la sua vita e la sua crescita: una forte corrente al suo interno pretende che quanti dal paganesimo approdano alla fede cristiana osservino la legge di Mosè e accettino di farsi circoncidere. In pratica, rinunciare alla propria cultura diventando "ebrei", quale condizione necessaria per la salvezza. Come dire che la fede in Cristo non è sufficiente! È come obbligare a estraniarsi dal proprio ambiente di origine per inserirsi forzatamente in una situazione culturale diversa, col risultato che la Chiesa cristiana diventi semplicemente una setta giudaica. La fede in Cristo invece è necessaria, ed è anche sufficiente!
La presenza della Chiesa in mezzo agli uomini diventa così manifestazione dell'amore di Dio per ogni persona a qualsiasi razza e cultura appartenga, impegno serio e coraggioso di superamento di tutte le disuguaglianze. La Chiesa è la nuova Gerusalemme che, con umiltà e con fatica, cammina lungo i secoli, in attesa di risplendere nella gloria di Dio. Nella visione di Giovanni, la famiglia umana è ormai definitivamente dentro la famiglia divina della Trinità, godendo della stessa gioia. L'unità con Dio e tra fratelli è perfetta. Il sogno eterno di Dio nei confronti degli uomini, come pure il desiderio di unione con Dio, che costituisce l'essere profondo di ogni uomo, sono pienamente realizzati (cf Ap 21,10-14.22-23).
È la realizzazione della promessa di Gesù prima di ritornare al Padre. Gesù annuncia che con la sua morte non si apre per i suoi discepoli un tempo vuoto, caratterizzato dalla sua assenza. Essi invece sperimenteranno la presenza nuova del Maestro insieme al Padre e vivranno con loro una relazione intensa di intimità e di amore: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
I discepoli si aspettavano che Gesù si sarebbe manifestato in modo pubblico e spettacolare. Egli invece dichiara che tale manifestazione sarà interiore e profonda: sarà una semplice e straordinaria venuta della Trinità nel cuore del cristiano.
I discepoli non saranno abbandonati a se stessi. Godranno della compagnia permanente del Padre e del Figlio. Godranno della presenza attiva del "Consolatore", lo "Spirito Santo", che il Padre "manderà nel nome" di Gesù.
La missione dello Spirito del Padre e del Figlio sarà in relazione a Gesù, sarà legata strettamente a quella di Gesù; agirà in rapporto alla persona e all'opera di Gesù: «Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26). Non aggiungerà nuove rivelazioni, perché Gesù ha detto tutto, ma richiamerà alla mente ogni parola di Gesù, spiegandola nel profondo, facendola comprendere, gustare, vivere.
In ultima istanza, è "amare" Gesù, che comporta l'amore reciproco. È "essere amati" da Lui e dal Padre nello Spirito Santo. È questa la realtà più vera della Chiesa, il dinamismo profondo che anima i cristiani. È qui che siamo chiamati a investire il meglio di noi stessi e ogni nostra risorsa, perché a questa esperienza è legata la pace, quella pace che Gesù ci dona, non come il mondo la dà. Per questo il nostro cuore non è turbato e con Lui è superata ogni paura. È la gioia che deriva dal poter appartenere alla famiglia di Gesù (cf Gv 14,27).
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Non sia turbato il vostro cuore (Gv 14,27)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)
Commenti alla Parola:
• di Marinella Perroni (VP 2013)
• di Claudio Arletti (VP 2010)
• di Enzo Bianchi
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