Dalle pagine dell'Osservatore Romano del 21 marzo 2020 leggiamo la riflessione (che riporto di seguito) del card. Kevin Joseph Farrel, Prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita centrata sulla forza insita nella relazione consacrata degli sposi e sul modo di vivere in famiglia questo tempo di pandemia, uno sperimentare concretamente il proprio essere "chiesa domestica".
«La presenza del Signore abita nella famiglia reale e concreta, con tutte le sue sofferenze, lotte, gioie e i suoi propositi quotidiani» (Amoris Laetitia 315).
Nella Chiesa abbiamo un tesoro nascosto: la famiglia. Il Signore ha sempre accompagnato ogni crisi del suo popolo con messaggi straordinari e sembra farlo anche di fronte a questa pandemia, che costringe tutti noi ad un forzato ritiro nelle nostre case. Le celebrazioni sono sospese, molte Chiese sono chiuse ed è rischioso raggiungerle. Ci sentiamo soli, isolati ed è proprio in questo isolamento che lo Spirito ci suggerisce di riscoprire il sacramento del matrimonio, in forza del quale le nostre case, per la presenza costante di Cristo nella relazione consacrata degli sposi, sono una piccola Chiesa domestica.
Nelle case, infatti, gli sposi garantiscono la presenza di Gesù ventiquattro ore al giorno. Una verità che papa Francesco sottolinea in Amoris Laetitia al nr. 67: «Cristo Signore "viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio" e con loro rimane». Gesù non se ne va, ma rimane con gli sposi ed è presente nella loro casa non solo quando sono riuniti e pregano, ma in ogni istante.
In forza di questa realtà, possiamo mettere a frutto questo tempo particolare come il tempo in cui ogni famiglia cristiana può riscoprire ciò che è: manifestazione genuina del mistero, che è la Chiesa come corpo di Cristo. Gli sposi infatti "edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica" (Amoris Laetitia 67). Di questo corpo, ogni famiglia è una parte essenziale, che si costruisce a partire dai piccoli gesti quotidiani, dove Gesù è stabilmente presente.
È un tempo di allenamento, quello che ci sta offendo il Signore, in attesa di sconfiggere questo male. Un tempo nel quale, vivendo stretti nelle nostre case, siamo chiamati a fare continui esercizi di carità. Quante volte al giorno in queste ore il Signore ci dà l'opportunità di guardare con tenerezza i nostri figli, con pazienza amorevole il nostro coniuge; di moderare il tono della voce anche se intorno a noi regna un disordine inaspettato, di educare i nostri bambini all'uso buono di questo tempo dilatato in casa, che sembra non passare mai; di educarli ad un dialogo fatto di ascolto donato all'altro, di calma interiore, di rispetto, anche se l'altro è diverso da come vorrei che fosse? È un tempo di crescita, questo, per ciascuno di noi, in cui dobbiamo imparare a scandire il ritmo delle giornate, non più controllate dal lavoro frenetico e da una gestione familiare dominata dal "fare". Ore consegnate alla nostra capacità di lasciare spazio all'altro tra le mura ristrette delle nostre case. Quanto è importante, in questa nuova dimensione in cui siamo gettati, che marito e moglie sappiano guardarsi negli occhi e parlarsi, pianificando insieme le ore della giornata, consapevoli che tra le mura domestiche c'è una presenza bella che scaturisce dalla loro relazione: Gesù. Perché questo non è solo un tempo di allenamento umano, ma anche spirituale. È un tempo di pre-evangelizzazione, nelle case e per mezzo delle case, come all'epoca delle prime comunità cristiane, durante il quale il Signore ci invita a riunirci come famiglie, a pregare insieme, intorno ad una candela accesa, per ricordarci che c'è Qualcuno che ci tiene uniti e che, in questo frangente di smarrimento, ci vuole bene. Un tempo che ci permetterà poi di tornare a celebrare nelle Chiese, più consapevoli e forti della presenza di Gesù nelle nostre vite quotidiane.
Sforziamoci, dunque, di cogliere l'invito che ci rivolge il Signore nelle nostre case: riuniamoci, come famiglia, la domenica, per celebrare in modo più solenne quella liturgia domestica che abitualmente, in virtù della presenza di Gesù, si compie attraverso i gesti tra gli sposi («i gesti d'amore vissuti nella storia di una coppia di coniugi, diventano una «ininterrotta continuità del linguaggio liturgico», e «la vita coniugale diventa, in un certo senso, liturgia» (Amoris Laetitia 215).
Come farlo è semplice: possiamo ritrovarci tutti insieme in una stanza, recitare un Salmo di lode, chiederci perdono a vicenda con una parola o un gesto tra coniugi e tra genitori e figli, leggere il Vangelo della domenica, esprimere un pensiero su ciò che la Parola suscita in ciascuno, formulare una preghiera per le necessità della famiglia, di coloro che amiamo, della Chiesa e del mondo. E infine, affidare alla cura di Maria la nostra famiglia ed ogni famiglia che conosciamo.
Tutte le famiglie possono farlo, poiché Gesù ha detto: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). E perché non provare a fare comunità, pregando la domenica con più famiglie, via skype, o con altri sistemi di audio o video conferenza, usufruendo dei vantaggi della moderna tecnologia? A turno possiamo far leggere i nostri bambini, o alternare le voci di coppie e famiglie collegate.
Ricordiamoci che gli sposi sono il segno del Mistero pasquale che si celebra in ogni Eucaristia («Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce», Amoris Laetitia, 72); essi sono profezia, annuncio incarnato in una quotidianità fatta di piccoli gesti, che esprimono il dono di sé, come ha fatto Gesù. Approfittiamo di questo tempo un po' strano per accogliere e vivere lo Spirito nelle nostre case e riscoprire la ricchezza e il dono delle nostre Chiese domestiche insieme a Gesù, che abita con noi.
(Immagine da: https://www.diocesidicremona.it)
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