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mercoledì 30 gennaio 2019

Giusto è colui che ama il fratello


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di gennaio.

«La giustizia e solo la giustizia seguirai» (Dt 16,20).

Giusto è colui che ama il fratello. Non si può amare né l'errore né l'ingiustizia: l'amore infatti si manifesta sempre nella verità. Allo stesso tempo l'amore trova sempre il modo di correggere senza ferire e di essere giusto senza condannare, amando anche il fratello che ha sbagliato.
Chi ama non pecca per omissione alla verità, poiché il suo parlare è "sì sì" e "no no". Niente è più liberatorio della verità detta per amore. Attraverso Gesù si apre per noi la strada per mettere in pratica e diffondere la misericordia e il perdono, fondamento anche della giustizia sociale.
Essere giusti significa anche difendere chi è perseguitato. Essere perseguitato è una categoria di "beatitudine", secondo le parole di Gesù, perché Dio entra con forza nel mondo e colma di gioia quelli che subiscono ingiustizie e sono nel pianto. Le parole di Gesù non sono consolatorie, ma hanno la reale capacità di cambiare il cuore. Così, se la nostra intenzione è di amare tutti senza distinzioni, difendere coloro che sono perseguitati deve essere una priorità nel nostro parlare e nel nostro agire.
Essere giusti significa anche riconciliarci con il fratello. Infatti, rompere il rapporto con il fratello è lo stesso che romperlo con Dio. Dio non vuole che andiamo da lui da soli. Anche quando siamo soli nella preghiera, Lui ci ripete sempre: "Dovìè tuo fratello?" (cf Gen 4,9). Rompere con il fratello è come ucciderlo dentro di noi. E lentamente moriamo anche noi spiritualmente. Ma quando ci riconciliamo con il fratello, la nostra relazione con Dio viene immediatamente ripristinata. Dio non compie la sua giustizia distruggendo Caino, ma piuttosto si preoccupa di proteggerlo perché riprenda il cammino. La giustizia di Dio è dare vita nuova.
Allora è una logica conseguenza riconoscere nel prossimo un fratello da amare. E per fare ciò non posso etichettare le persone per categorie, età, appartenenza… e qualsiasi altra qualificazione buona o meno buona. Il mio dovere è di avvicinare ognuno senza alcun pregiudizio. Amare il prossimo, infatti, è fare qualsiasi cosa sapendo che Gesù lo ritiene fatto a sé. E questo è amare Dio con tutto noi stessi, perché per Dio l'amore è tutto e indiviso.
Dio è giusto e chiunque opera la giustizia è generato da Lui (cf 1Gv 2,29). Chi pratica la giustizia dimostra di essere generato da Dio e che la sua pratica della giustizia è, in realtà, il frutto della giustizia di Dio della quale egli stesso proviene. Seguire la giustizia è impegnarsi a cercare le vie della riconciliazione, prima di tutto tra cristiani. Mettendoci poi al servizio di tutti, risaneremo efficacemente le ferite dell'ingiustizia. Fare ciò che è giusto è chiedersi sempre se ciò che faccio è amore per gli altri. Se è puro amore e vero servizio, sicuramente Dio stesso dirà che siamo giusti.
Quindi, amare significa servire. Gesù ce ne ha dato l'esempio. Intanto con la sua morte in croce ha servito l'umanità intera, che è, che era e che sarà; ma poi lo ha fatto nella quotidianità. Lavando i piedi agli apostoli ne ha dato l'esempio. Se Dio ha lavato i piedi a noi, anche noi possiamo lavarci i piedi l'un l'altro. Servire tutti. Chi serve ha dei padroni. Se noi siamo servi, gli altri sono padroni. Dio, attraverso le nostre azioni, costruisce cieli nuovi e terra nuova. Ma occorre mettersi al servizio di tutti.
Inoltre occorre riconoscere la dignità di ogni persona. Davanti a Dio siamo tutti uguali in dignità, anzi, quando ci riconosciamo indegni e peccatori, è Dio stesso che ci rende degli della sua infinita misericordia. Allora, guardare le persone come nostri simili: chi ne riconosce l'uguaglianza, riconosce anche la dignità. Così, qualunque cosa vogliamo che gli altri facciano a noi, noi dobbiamo farla a tutti. È la "regola d'oro". In altre parole è: "Ama il prossimo tuo come te stesso", che significa anche crescere nella comunione fra tutti. Crescere in comunione è vivere per l'altro. È mettere in comune le proprie idee, risorse, talenti, bisogni, dolori e gioie. È una comunione di vita. Tutti siamo chiamati alla comunione, ciascuno secondo la sua misura. La comunione è diversa dal dare. Ciò che viene messo in comune non appartiene all'uno o all'altro, appartiene a tutti. Quando c'è comunione materiale e spirituale, diventiamo un solo corpo e un solo spirito. È Gesù fra noi.
L'amore reciproco ci spinge anche a lasciarci aiutare dal fratello. E non solo dobbiamo lasciarci aiutare, ma, in una vita di comunione, dobbiamo sapere quando chiedere aiuto e condividere i nostri bisogni con i fratelli. Un aiuto che può essere una preoccupazione condivisa, un orientamento, un'assistenza spirituale o materiale. Tutto questo richiede umiltà. Lasciare che il fratello ci aiuti è fare le cose insieme; è voler andare oltre e raggiungere l'obiettivo; è vivere l'amore al fratello al contrario, lasciarci, cioè, aiutare nel bisogno. È vivere l'amore reciproco in tutte le sue sfumature.

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