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venerdì 18 gennaio 2013

Gesù, lo Sposo


2a domenica del T.O. (C)

Appunti per l'omelia

Dopo la manifestazione di Gesù in occasione del suo battesimo, un altro "mistero di luce" è il miracolo alle nozze di Cana (cf Gv 2,1-11): "Cristo, cambiando l'acqua in vino, apre alla fede il cuore dei discepoli grazie all'intervento di Maria, la prima dei credenti" (RVM 21). Operando tale "segno", il primo, Gesù «manifestò la sua gloria», cioè la sua realtà più profonda, la sua identità di Messia e di Figlio di Dio, suscitando in tal modo la fede iniziale nei suoi discepoli.
Nel racconto evangelico tutta l'attenzione è su Gesù, il grande protagonista. La sua presenza, come invitato, a una festa di nozze mostra che il Figlio di Dio "incarnato" condivide l'esperienza umana in tutti i suoi momenti, non solo di sofferenza ma anche di gioia, riconoscendo, in questo contesto, il valore dell'amore umano e del matrimonio, santificandolo nel contempo ed offrendosi agli sposi come compagno di viaggio nella loro avventura.
Il testo, però, secondo lo stile dell'evangelista Giovanni, ci offre un livello più profondo di comprensione, prettamente simbolico, oltre al semplice fatto contingente. Ci rimanda alle parole di Isaia (cf Is 62,1-5), dove l'intervento di Dio nella storia in favore del suo popolo attraverso il Messia era atteso come una festa di nozze, nella quale i suoi beni sarebbero stati donati in abbondanza, simboleggiati in modo speciale nel il vino. Gesù, quindi, a Cana inaugura la festa nuziale della Nuova Alleanza, portandovi il "nuovo" e il "migliore".
L'acqua delle giare, che serviva per la purificazione rituale dei Giudei, viene trasformata in vino: simbolo del passaggio dal regime della Legge alla realtà nuova portata da Gesù. Un vino nuovo ed abbondante!
Un fatto singolare in questa festa di nozze: la sposa non appare mai e lo sposo una volta soltanto e marginalmente. È Gesù il vero sposo della festa nuziale, il Messia Sposo che offre i beni messianici nuovi e abbondanti: il Vangelo, l'Eucaristia, lo Spirito Santo che distribuisce una grande varietà di doni e di servizi (cf 1Cor 12,4-11).
C'è poi un altro particolare da sottolineare: Gesù, nella risposta che dà a sua madre, parla della sua "ora", che nel contesto del vangelo di Giovanni indica il momento in cui Gesù manifesterà la sua gloria attraverso la croce e la risurrezione, rimandando quindi Maria a tale evento.
Gesù è lo Sposo che si dona per amore, dove le nozze evocano l'amore nuziale, e si dona sulla croce. È qui che la sua autodonazione sponsale raggiunge il suo vertice. Ed è da qui che scaturiscono i beni messianici. Tale autodonazione di Cristo, con i beni che ne derivano, è resa attuale e presente nell'Eucaristia, che viene richiamata in modo velato dai simboli del vino e del banchetto nuziale.
Se nel racconto tutto ruota attorno a Gesù, Maria però svolge un ruolo decisivo. Ciò che Gesù compie, rivelando la sua "gloria", avviene alla sua presenza e in seguito al suo intervento. Maria - come sarà intimamente associata al proprio figlio sul Calvario - così già in questa rivelazione iniziale è presente in modo partecipe ed attivo.
La domanda poi di Gesù alla madre in questo scenario simbolico, «Donna che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4), ci riposta al suo significato biblico che esprime un certo dissenso e disaccordo. Gesù fa capire a Maria che il suo influsso e la sua autorità di madre su di Lui sono cessate ed Egli in modo autonomo deve dedicarsi al disegno del Padre. Maria sta pensando al vino del banchetto, mentre Gesù è interessato ai beni superiori che il vino può significare. Maria è quindi invitata a fare uno scatto nella fede. E lei rinuncia al legame precedente con Gesù, non si rivolge cioè più a Lui da madre, ma interviene da credente, come viene evidenziato dalle parole che rivolge ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5): richiamo alla professione di fede con cui il popolo di Israele si era impegnato nel concludere l'alleanza col Signore al Sinai: «Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo!» (Es 19,8).
Poi troviamo questo appellativo, "Donna", con il quale Gesù si rivolge alla madre, appellativo strano sulla bocca di un figlio.
Israele non di rado viene raffigurato nella Bibbia come una "donna" in rapporto allo Sposo che è il Signore. Ora Maria, la Donna, personifica il vero e nuovo popolo di Dio nel momento in cui il Signore lo lega a sé nella Nuova Alleanza. Rappresenta e impersona la Chiesa sposa di Cristo. È la prima discepola, modello di docilità alla Parola per tutta la Chiesa. Anzi Maria svolge quasi un ruolo materno nei confronti dei "servi", che diventano simbolo di quanti nella Chiesa servono e obbediscono alla parola di Gesù. Da quel momento «i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11).



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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
I suoi discepoli credettero in Lui (Gv 2,11)
(vai al testo) - (pdf, formato A5/A4c)

Commenti alla Parola:
  di Marinella Perroni (VP 2012)
  di Claudio Arletti (VP 2009)
  di Enzo Bianchi


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