Ascensione del Signore (A)
Atti 1,1-11 • Salmo 46 • Efesini 1,17-23 • Matteo 28,16-20
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Appunti per l'omelia
Guardare a Gesù che ascende al cielo non significa soltanto pensare alla conclusione, più o meno immaginifica, più o meno mitica, della sua storia terrena.
C'è un significato profondo legato a questo distacco di Gesù dai suoi e dalla storia umana, che Gesù stesso aveva preannunciato la sera della cena con i suoi apostoli: «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito» (Gv 16,7).
E, secondo le parole stesse di Gesù, il compito di questo Paràclito, dello Spirito della verità sarebbe stato quello di guidare i discepoli alla scoperta della "verità tutta intera": «Quando egli verrà, vi guidare alla verità tutta intera. Egli non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).
E la verità di Gesù è che esiste un legame profondo tra lui e il Padre, dentro il quale siamo innestati anche noi: «In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (Gv 14, 20). È alla luce di queste promesse di Gesù che possiamo comprendere la profondità della missione che affida agli Apostoli: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20).
Il Battesimo non è soltanto un segno che indica l'appartenenza ad una chiesa, tanto meno è un rito quasi magico che libera da un male nascosto nel cuore dell'uomo: se proprio si vuole parlare di appartenenza, si appartiene ad un Dio che è comunione di persone nell'amore, nel senso che si è come innestati nella realtà vitale che è propria di Dio stesso.
Dire infatti "nel nome di ..." significa che la realtà stessa di quella persona viene riverberata nella vita di colui su cui è pronunciato quel nome, significa essere immersi nell'esistenza di ciò che il nome richiama: è la vita stessa di Dio che entra a far parte della storia umana o, meglio ancora, è la storia umana che riceve il suo senso pieno dall'amore del Dio-Trinità. Non per nulla Gesù ci invita a pregare: «si compia la tua volontà, come in cielo così in terra» (cf. Mt 6,10).
Sempre durante la cena, Gesù aveva pregato: «Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26).
Non è certo automatico questo passaggio dalla vita di Dio alla vita umana, anzi a volte sembra pura utopia o un pretesto di consolazione per un futuro oltre la vita terrena. Per questo Gesù aggiunge: «insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato».
Questo richiamo a vivere la sua parola, ad accoglierla, a farla propria è costante in Gesù: senza la sua parola non è possibile entrare nella realtà profonda di Dio: «Le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato» (Gv 17,8). «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15,10).
La comprensione della parola di Gesù è qualcosa che avviene a partire dal cuore stesso della persona: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv 14,21).
Proprio perché non è frutto prima di tutto di una conoscenza teorica, è un dono aperto a tutti: «Andate e fate discepoli tutti i popoli...». Non c'è persona, non c'è popolo che non sia candidato all'incontro con Dio: ciò che il peccato originale aveva rotto, l'armonia tra uomo e uomo, viene ricomposta dal dono dello Spirito che porta a scoprire in ogni persona un volto che ha gli stessi tratti fondamentali dell'altro. Anzi, c'è qualcosa di più ancora: quando, anche inconsapevolmente, si mette in atto ciò che il Vangelo dice, si attua già un'unità che va al di là anche delle stesse frontiere religiose. «Fai all'altro ciò che vorresti fosse fatto a te. Non fare agli altri ciò che non verresti fosse fatto a te» è una regola di vita che si ritrova in ogni grande religione. A questa regola il comandamento nuovo di Gesù «Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12) dà una evidenza ed una misura tutta nuova.
Tocca a noi credenti metterne in risalto la possibilità di attuazione, con la certezza che il cammino della storia umana è accompagnata dalla sua presenza: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
E chissà che questa "fine" non possa essere letta non tanto in senso cronologico, ma di augurio: «fino a che l'umanità non abbia completato il suo cammino».
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20)
(vai al testo…)
PDF formato A4, stampa f/r per A5:
Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
Io sono con voi tutti i giorni (Mt 28,20) - (28/05/2017)
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Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (M 28,19) - (01/06/2014)
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Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19) - (05/06/2011)
(vai al testo)
Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
• Ascensione, la festa del nostro destino (26/05/2017)
• Fare di ogni persona un discepolo (30/05/2014)
Commenti alla Parola:
• di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 5.2020)
• di Cettina Militello (VP 4.2017)
• di Gianni Cavagnoli (VP 4.2014)
• di Marinella Perroni (VP 5.2011)
• di Enzo Bianchi
• di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano
(Illustrazione di Bernadette Lopez)
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