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domenica 28 luglio 2019

Non sono supplenti dei preti
  Diaconi. Che fare?


di Dario Vitali, docente alla Gregoriana

Diaconi. Che fare? È questo il titolo di un recente saggio sul diaconato, a firma del sottoscritto, pubblicato dalle edizioni San Paolo. Vita Pastorale mi chiede di farne una breve presentazione, per illustrare non solo i contenuti del libro, ma lo status quaestionis sul diaconato. Il libro, in effetti, nasce da un interrogativo intorno alla situazione attuale in cui versa il diaconato. È sotto gli occhi di tutti come, alla moltiplicazione esponenziale delle ordinazioni diaconali, non corrisponda un rilievo significativo di questo ministero nella vita della Chiesa. A parte lodevoli eccezioni, il diaconato tende a risolversi in un ruolo di supplenza dei presbiteri, in ambito soprattutto liturgico. Se questo è l'esito che si sperava, francamente non si vede dove stia l'utilità del ripristino, voluto dal concilio Vaticano II.
A partire da tale evidenza, l'interrogativo ulteriore è se questo profilo insufficiente dipenda dal Concilio, o se l'attuale situazione non derivi piuttosto da una debole recezione di quanto proposto nella costituzione dogmatica sulla Chiesa quando, superando la visione tridentina del diaconato come ordine transeunte verso il sacerdozio, lo ha qualificato come «grado proprio e permanente della gerarchia» (LG 29).
Per questo la prima parte del saggio è interamente dedicata a studiare il Concilio e la sua attuazione. Dallo studio degli Acta synodalia emerge con chiarezza un doppio livello del discorso: il tema del diaconato è entrato nella costituzione sulla Chiesa come richiesta dei vescovi nei Paesi di missione, i quali vedevano nel suo ripristino la possibilità di sopperire alla carenza di clero nelle diocesi. Ma nella discussione in aula il tema si è poi imposto a livello teologico, portando al recupero della visione del ministero ordinato dei primi secoli: «Il ministero divinamente istituito viene esercitato in ordini diversi da coloro che già in antico vengono chiamati vescovi, presbiteri, diaconi» (LG 28). Il paragrafo successivo (LG 29), interamente dedicato al diaconato, ne afferma la natura specificamente ministeriale: i diaconi non sono ordinati ad sacerdotium, ma ad ministerium. Ma proprio questa differenza ha faticato a imporsi nella disciplina post-conciliare. I vari documenti magisteriali tendevano a inquadrare il diaconato nella logica dell'agere in persona Christi capitis, tipico del ministero sacerdotale.
Solo con il passare del tempo è stata avvertita la differenza tra ministero sacerdotale e diaconale, evidenziando la natura ministeriale del diaconato. Tuttavia, il suo pirofilo teologico e sacramentale è sempre rimasto debole, anche per una difficoltà a ripensare il diaconato nel quadro del ministero ordinato e dei ministeri nella Chiesa. Per uscire da questo vicolo cieco, è stato necessario tornare alle origini: la seconda parte del libro è dedicata alla Sacra Scrittura e ai padri della Chiesa. L'indagine sul Nuovo Testamento attesta l'esistenza dei diaconi fin dall'epoca apostolica, come figure che emergono dentro il processo di strutturazione della Chiesa, nel passaggio dall'epoca apostolica a quella sub-apostolica. Processo che può dirsi concluso a fine II-inizio III secolo, quando in tutta la Chiesa si impone la struttura gerarchica costituita dal vescovo con il suo presbiterio e con i diaconi.

A favorire l'affermarsi dei diaconi è stato senz'altro il modello di Chiesa delle origini che, in un orizzonte marcatamente escatologico, si caratterizzava per la comunione dei beni, in modo che «nessuno tra essi fosse bisognoso». Gesù prima, gli Apostoli poi e a seguire i vescovi hanno avuto cura dei poveri e degli ultimi, come segno dell'avvento del Regno. In questa logica i diaconi diventano gli occhi e la mano del vescovo, per vedere e soccorrere le indigenze. Essi sono ordinati ad ministerium episcopi, non per la funzione liturgico-sacramentale, riservata al vescovo e al suo presbiterio, ma per il servizio al corpo ecclesiale, soprattutto dei poveri. Tutto ciò che riguarda la vita della comunità e dei suoi membri, dalla nascita alla morte, passa per il servizio dei diaconi.
Quando muterà il modello di Chiesa e si imporrà il cristianesimo quale religione dell'impero, tutte le funzioni gerarchiche di fatto verranno circoscritte nello spazio del sacro: il diaconato verrà a perdere il suo specifico, decadendo a funzione clericale subordinata e caratterizzata in senso soprattutto liturgico, configurata nel quadro degli ordini minori e maggiori sancito al concilio di Trento. La lezione della Tradizione permette di impostare un discorso teologico sulla natura del diaconato come ordine ad ministerium episcopi, dentro il quadro di un'ecclesiologia della Chiesa locale e di fornire proposte concrete per il ripensamento del ministero dei diaconi, sulla base soprattutto della formula conciliare, che li vede «dediti ai servizi della carità e dell'amministrazione» (LG 29).
Il quadro teologico e le proposte ministeriali che faccio partono tutte da questo quadro, ridisegnato a partire dall'ascolto delle fonti più antiche. Queste ci rimandano un profilo del diaconato complementare a quello dei presbiteri, in un servizio al Popolo di Dio nella Chiesa locale, negli ambiti soprattutto delle povertà, antiche e nuove. Il profilo che questo libro assegna al diaconato mostra che esso deve essere una risorsa e non un problema per la Chiesa.

(Fonte: Vita Pastorale, N. 8 Agosto-Settembre 2019)

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