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giovedì 29 novembre 2018

Dal Dio che abita in noi, al fratello che amiamo per Lui


"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di novembre.

«Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20).

L'essere vigilanti nell'ascolto della voce del Signore è una costante della nostra vita, non solo nei momenti di preghiera. È far tacere le voci dentro di noi per poter ascoltare la sua voce. IL silenzio interiore, poi, favorisce l'ascolto della voce del Signore. Far tacere i rumori è la condizione per riconoscer ed ascoltare la sua voce, il suo Spirito, l'unico capace di sbloccare le nostre paure e farci aprire la porta del cuore.
Ma c'è un altro modo per ascoltare la voce dello Spirito, non solo dentro di noi, ma anche quella di Lui presente fra noi, uniti nel Risorto. La voce dello Spirito, infatti, per Gesù fra noi, è come un altoparlante della sua voce in noi.
Allora, per aprire la porta al Signore occorre aprile la porta del nostro cuore al fratello, non lasciando che si senta frustrato bussando ad una porta che non si apre, cercando piuttosto di essere attenti al fratello che ci viene incontro coi i suoi bisogni. Non è importante riuscire a risolvere il suo problema, importa invece aprirgli la porta del nostro cuore per accoglierlo. Una porta che si apre e dimostra fraternità è l'inizio di un percorso che conduce alla pace, alla solidarietà, al rispetto della dignità dell'altro e alla convivenza fraterna.
Per accogliere così il fratello che bussa alla nostra porta, occorre avere Dio nel nostro cuore. Avere la consapevolezza che Dio abita il mio cuore è il primo passo per agire di conseguenza verso il fratello. Così, ogni mia azione, pensiero o parola, sia conseguenza, effetto, della presenza di Dio in me. Attraverso di me Dio busserà alla porta del cuore di ogni fratello che incontro con la sua inconfondibile tenerezza. Tutti siamo invitati ad accogliere il Signore che bussa per uscire, insieme a Lui, verso chi ci sta vicino.
Occorre, però, riconoscere la voce di Dio dentro di noi. È quella voce sottile che ci sprona e illumina, linfa che sale dal fondo dell'anima, che è sapienza, che è amore. E l'amore va dato. Occorre essere nell'amore, per riconoscere la voce di Dio. Per ascoltarla chiaramente occorre far tacere la voce dell'odio, del rancore, della vendetta. Sarà il Signore stesso a farsi spazio nella nostra vita, con la sua presenza.
È l'amore che ci dà il coraggio nelle nostre scelte, perché ci dà la certezza che non siamo soli. Quando si ama, si sente la presenza di Dio in noi; abbiamo la coscienza che non agiamo da soli. E questo dà coraggio. Dio è amore ed è luce nei momenti di oscurità e di debolezza, è consolazione nell'ora della sofferenza, è vita davanti alla morte. Quando amo, so chi sono, so da dove vengo e dove vado. L'amore mi dà pace, mi dà forza, mi dà coraggio.
Allora possiamo vincere le nostre paure amando. Non c'è metodo migliore che mettersi nell'atteggiamento di amare sempre. Amare significa uscire da sé e pensare all'altro. Quasi senza rendercene conto possiamo superare molte nostre paure, perché la nostra mente è occupata con qualcosa di più importante di esse: l'amore al prossimo. Anche quando la paura è reale, l'amore ci dà pace e serenità per risolvere i problemi. Perché chi ama vede. Vede la soluzione e non il problema.
Essere nell'amore è una grazia che ci viene dallo Spirito, che è un dono che entra in noi e fa fruttificare, perché noi possiamo darlo agli altri. È proprio dello Spirito Santo, dunque, decentrarci dal nostro io per aprirci al "noi" della comunità: ricevere per dare. Non siamo noi al centro: noi siamo uno strumento di quel dono per gli altri.
Dobbiamo incoraggiarci e sostenerci a vicenda. E questo significa non chiuderci nel proprio recinto, ma aprirsi a tutti, anche a quelli che non la pensano come noi. È essere attenti alle sofferenze altrui per portare, come il cireneo, la croce con chi fa più fatica, aiutandoci reciprocamente ad affrontare con coraggio ogni difficoltà. Dimostriamo così che siamo pronti a dare la vita, che siamo insieme nella gioia e nel dolore: "Da questo infatti riconosceranno che siete miei discepoli…". Nell'amore reciproco possiamo esser come Lui e con Lui, testimoni della presenza di Dio nelle vicende della storia anche nei nostri giorni.
Essere servitori del prossimo è andare oltre il dovere e fare tutto ciò che l'amore ci suggerisce. E questo farlo con umiltà, senza causare imbarazzo all'altra persona per il fatto di metterci in una posizione di superiorità, non agendo per interesse aspettandoci dei vantaggi, ma mossi soltanto dal desiderio di amare e servire. Come Gesù che è venuto per servire e non per farsi servire.
Per amare con il cuore di Dio, occorre aprigli il nostro cuore e lasciare che Lui ne prenda possesso. Ma per lasciasi guidare da Lui occorre far tacere tutto in noi per scoprire in noi la Voce dello Spirito. E bisogna estrarre questa Voce come si toglie un diamante dal fango: ripulirla, metterla in mostra e donarla a tempo opportuno, perché è Amore e l'Amore va dato: è come il Fuoco che, comunicato con paglia o altro, arde, altrimenti si spegne.

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