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venerdì 19 aprile 2019

La beatitudine del servire


Siamo nel cuore del Triduo Santo. Giorno della manifestazione concreta dell'amore del Padre per noi nell'offerta della Vita del Figlio. Gesù muore in maniera drammatica emanando quel "grido" prima di "rendere lo spirito", di quello Spirito che ci dona la Vita. Amore senza fine, fino alla fine!
Alle "sette" parole di Gesù sulla croce, menzionate nei vangeli, ce n'è una ottava, che non è propriamente una parola, ma un grido inarticolato. Per Marco l'ultima parola è: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Ma dopo questa ecco improvviso, terribile, inatteso, un forte grido: «Gesù, dando un forte grido, spirò». Anche per Matteo, dopo l'ultima identica parola: «Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito».
L'ultima parola… Non una parola, ma un grido, con tutto il fiato che gli rimane, l'ultimo. Quell'urlo, più di tutte le altre parole, lascia intuire quello che Gesù può aver vissuto. Gesù ha fatto suo ogni grido, ogni angoscia, ogni disperazione… Quel grido, senza parole articolate, dice il mistero d'amore che si sta compiendo… È talmente grande che è indicibile!

Dare la vita! L'amore vero, quello "più grande", sull'esempio di Gesù! L'umanità aspetta la testimonianza dei seguaci del Maestro, la testimonianza di ogni uomo e donna di buona volontà… Ogni "diaconia" prende la sua vitalità e la sua linfa in quel "grido" estremo dell'amore di Dio!

È in questo contesto che ricordo il giorno della mia ordinazione diaconale, che ricorre domani 20 aprile. Il cuore è pieno di gratitudine!
Ieri sera, nel fare memoria della Cena del Signore, l'invito di Gesù a lavarci i piedi l'un l'altro diventa ancora più pressante: «Vi ho dato l'esempio perché anche voi facciate altrettanto». E l'evangelista Giovanni continua: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica». È una beatitudine, quella di cui parla Gesù, non passeggera o momentanea, ma esprime la realizzazione piena e profonda della persona, del suo essere "salvato".
È una beatitudine che si realizza nel "mettere in pratica", è una beatitudine rivolta ad un servizio concreto. Per di più esprime la reciprocità del servizio reso ai fratelli: «Anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri».
È la beatitudine che deriva dall'amarci gli uni gli altri, come Gesù ci ha amato, «affinché il mondo creda». Ed è in quel "grido", in quella "parola inarticolata", che prende vita la nostra diaconia.


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Vedi anche altri post a suo tempo pubblicati sul Triduo Santo:
  Partecipi della Sponsalità di Cristo (28/03/2018)
  Gesù abbandonato: mistero di Dolore e di Amore (12/04/2017)
  Il dolore e la sofferenza sono "solo" germogli di rinascita (23/03/2016)
  Pasqua, passaggio di Dio e passaggio dell'uomo (01/04/2015)
  Il mistero di quei tre giorni (18/04/2014)
  Il Servo di Jahwè (15/04/2014)
  Nati da quel Sangue (6/04/2012)
  Li amò sino alla fine (2/04/2010)
  Il nostro modello (30/03/2010)
  Nel deserto del mondo… (9/04/2009)
  Quel seme che muore per dar vita (6/04/2009)
  Il sepolcro vuoto (19/03/2008)


Rimando ad altri post relativi alla mia ordinazione diaconale:
Il dono di un servizio a "tempo pieno" (20/04/2018)
Seguimi! (20/04/2017)
Gratitudine! (20/04/2016)
Stare nella tua casa (20/04/2015)
Chiara, mia moglie (26/04/2011)
Il diacono e il suo vescovo (20/04/2011)
Modello di ogni diaconia (19/04/2011)
Il mio sì (20/04/2010)
Ricordando quel giorno (19/04/2009)
Eccomi (19/04/2008)
Per conoscerci… (la nostra esperienza) (24/02/2008)

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