La rivista Il Diaconato in Italia dedica il n° 193 al tema I diaconi e la cura delle famiglie ferite.
Nel riportare i vari articoli nel mio sito di testi e documenti, segnalo questi interventi.
Curare credendo nella Parola (Editoriale)
di Giuseppe Bellia
Sui dramma delle famiglie ferite e sulle proposte di sostegno avanzate per aiutarle, la riflessione pastorale, in verità più attenta agli aspetti morali che a quelli teologici, negli ultimi due anni ha registrato un confronto acceso non privo di asperità. È sotto gli occhi di tutti che il dibattito si sia radicalizzato, anche a causa di un'informazione maldestra e fuorviante, pronta a consegnare al popolo cristiano notizie sommarie e, spesso, di parte. […]
Verità e carità nella fede della Chiesa non sono realtà discordi e contrapposte ma elementi distinti e inseparabili di un ossimoro teologale che vede nella generazione del Figlio e nella processione dello Spirito i terminali dell'autorivelarsi luminoso di Dio e il dono di grazia riversato come amore nel cuore del credente (Rm 5,5). Una corretta visione trinitaria preserva la gratuità del libero e nascosto agire di Dio, permettendo di coniugare, per mezzo dello Spirito, l'irrinunciabile santità della trascendenza divina con la scandalosa storicità dell'immanenza del Verbo. […]
Per l'insorgere fraudolento della zizzania nel campo di Dio, non si deve dimenticare il buon grano da Lui seminato nel mondo (Mt 13,24-30 e 36-43), anche se i discepoli in ogni tempo sembrano più impressionati dall'apparire del loglio che dalla crescita del frumento. D'altra parte anche nel racconto delle nozze di Cana si accenna alla lacunosa condizione del matrimonio; una corretta traduzione fa dire a Maria, la donna-madre, che gli sposi, nel pieno della festa, «non hanno vino» (Gv 2,3). […]
Maria, non può anticipare l'ora della gloria, l'ora delle nozze escatologiche ma, accogliendo le condizioni ancora sconosciute della nuova e definitiva Alleanza, dispone i diaconi/servitori a fare qualunque cosa Egli, il Figlio, dirà loro. […]
Senza ingrandire oltre misura il valore simbolico che il racconto di Cana può avere riguardo al matrimonio, si può dire che la chiesa, come Maria con la sua fiducia, e come gli inservienti/diaconi con la loro obbedienza attiva, gli unici a sapere dell'accaduto, hanno la possibilità di cooperare a conservare nel matrimonio il vino buono sino al presente.
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Le nostre comunità offrono punti di riferimento (Intervista)
di Giorgio Agagliati
Mons. Giuseppe Anfossi, vescovo emerito di Aosta, è uno dei massimi esperti di pastorale familiare della Chiesa italiana, e ha ricoperto l'incarico di delegato arcivescovile per la famiglia e i giovani nella Diocesi di Torino, per poi diventare, nel 1992, direttore dell'Ufficio nazionale Pastorale della Famiglia della CEI. Dal 2005 ha presieduto la Commissione Episcopale per la Famiglia e la Vita. Giorgio Agagliati lo ha intervistato per i nostri diaconi.
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Il diacono è prima di tutto un animatore della comunità. Quali indicazioni può dare perché ci sia attenzione e sensibilità verso le famiglie ferite?
Molti diaconi sono testimoni, magari non tutti, ma molti sì. Ma non possono agire da soli. Devono contribuire a individuare e mettere in gioco quel qualcosa in più che consente di intervenire nelle situazioni concrete. Mi spiego: se c'è una comunità, ci sono dei gangli, dei punti di riferimento, persone in coppia in grado di giocare un valido ruolo di aiuto. Primo compito del diacono è quindi quello di sostenerli e farli emergere. […]
Le linee del Magistero sull'importanza di accogliere e accompagnare le famiglie e i singoli che vivono l'esperienza di un divorzio e di un nuovo matrimonio sono chiare. Ma nel concreto le nostre comunità sono realmente accoglienti e sanno come porsi verso queste situazioni?
Le linee del Magistero sono note soprattutto agli "addetti ai lavoro", ma forse non sono abbastanza conosciute e abbastanza chiaramente spiegate alla generalità delle persone nelle nostre comunità. […]
Qui il diacono può veramente far sì che la comunità sia più accogliente, che vuoi dire anche rispettare i tempi, favorire colloqui di lui e lei anche singolarmente, offrire un accompagnamento che non sia solo quello dell'avvocato divorzista, che spesso finisce per essere l'unico punto di riferimento e l'unico argomento di dialogo per le coppie in fase di separazione o divorzio. Il diacono può aiutare le coppie a rispondere alla domanda: "com'è il mio rapporto personale con il Signore?". Penso al rapporto che tocca la fede. […]
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Un incontro del tutto speciale (Incontri)
di Enzo Petrolino
Il primo giugno lasciando la sede dell'Elemosineria in Vaticano dopo aver incontrato Monsignor Konrad Krajewski, Elemosiniere di papa Francesco, ho pensato al tema che sarà trattato in questo numero della Rivista: I diaconi e la cura delle famiglie ferite. Il Sinodo ci ha certamente proiettati verso i problemi della famiglia di oggi che molto spesso riguardano separazioni, incomprensioni, assenza di valori, ma le persone che vengono da lontano, sbarcando numerosi sulle coste della nostra bella Italia, non sono forse famiglie ferite anche loro? […]
È stato molto drastico l'Elemosiniere nel dire che la figura del diacono, come d'altronde andiamo dicendo da anni, non si può esaurire nell'ambito celebrativo, o perlomeno non è quello il suo ruolo primario e fontale. Mi ha parlato di un'esperienza bellissima che un parroco del centro di Roma sta facendo nella sua parrocchia con la mensa due volte al giorno all'interno della chiesa stessa. In questo servizio chiederebbe concretamente l'aiuto dei diaconi. Pur condividendo totalmente il suo richiamo che scaturiva solo dall'urgenza di essere presenza il più possibile, di essere volto e segno di quel Cristo Servo che non si è risparmiato su nulla, tuttavia mi sono sentito piccolo piccolo nel constatare che mi stava dicendo una grande verità: il nostro ministero prezioso ed insostituibile, ha bisogno di tornare alle origini, ha bisogno di respirare alla fonte, di farsi prossimo, di essere presenza ed umile servizio non solo nella nobiltà della liturgia, dove tra l'altro i primi a portare all'altare dovrebbero essere i poveri, ma anche nell'umiltà dei bisogni più umili ed umilianti. […]
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