Guardando al 2015, agli avvenimenti che lo hanno caratterizzato e che ha tenuto tutti col fiato sospeso, verrebbe da chiedersi se oggi il dialogo sia ancora possibile. Eppure l'esperienza, magari non enfatizzata dai media, che spinge molti, ragazzi, giovani, adulti, professionisti, consacrati, gente impegnata in parrocchia e nelle diocesi, scettici ed agnostici, seminaristi, fanno dire il contrario.
Un anno difficile, è vero, ma anche un momento in cui ora più che mai dobbiamo dimostrare che il dialogo è possibile. Oggi si parla di terrorismo, ma soprattutto di fondamentalismo, o come sarebbe più giusto dire, di 'fondamentalismi'. Ciò di cui forse non ci siamo ancora resi conto, soprattutto noi occidentali, è che, nonostante i processi di secolarizzazione, la religione è sempre più di moda, è tornata a far parte delle nostre vite, nel bene e nel male. Ma quale religione, e Dio, c'entra davvero con questa religione?
Il Concilio Vaticano II aveva pubblicato il più breve dei documenti, ma, forse, quello che aveva richiesto più tempo per arrivare ad una redazione condivisa, Nostra Aetate. A cinquant'anni di distanza quelle quattro pagine ci insegnano che «nel nostro tempo in cui il genere umano si unifica di giorno in giorno più strettamente e cresce l'interdipendenza tra i vari popoli, (…) i vari popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra hanno anche un solo fine ultimo, Dio». Questo è il Dio della vera religione che non esclude nessuno e che ci fa camminare insieme verso la Verità.
Ce lo insegna papa Francesco con il suo pellegrinare in Paesi toccati da guerre, terrorismo, fondamentalismi. Dovunque, Francesco si è fatto apostolo di dialogo e ha invitato tutti ad un «dialogo aperto e rispettoso che si rivela fruttuoso. Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso: rispettare il diritto altrui alla vita, all'integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione». Francesco lo chiama dialogo dell'amicizia che ci aiuta ad «alzare lo sguardo per andare oltre». Infatti, ha affermato in diversi toni, che «il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell'accoglienza dei migranti, nell'attenzione a chi è escluso».
Il dialogo non è finito! E l'augurio fatto da papa Francesco a quattrocentocinquanta musulmani e cristiani, che il 13 dicembre scorso in piazza San Pietro hanno vissuto un momento di fraternità come "costruttori di pace, insieme" ne è la conferma: «Andate avanti! Andate avanti con coraggio nel vostro percorso di dialogo e di fraternità, perché tutti siamo figli di Dio!».
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