C'è un pensiero che mi ha colpito della "Lettera ai Romani" di san'Ignazio di Antiochia, di cui oggi facciamo memoria. È questo suo desiderio di morire per essere in Dio: «Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c'è più in me nessun'aspirazione per le realtà materiali, ma un'acqua viva mormora dentro di me e mi dice: "Vieni al Padre"».
Ma come, ora, posso essere anch'io in questa "tensione" per Dio? Come progredire, nella esperienza quotidiana al servizio di Dio e dei fratelli, nell'unione con Dio?
La risposta mi è sembrata di scorgerla nel seguito di quella Lettera: «Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile».
Ogni giorno posso essere messo a contatto con la "carne di Cristo" che è l'Eucaristia, resa tangibile, come ci dice papa Francesco, nell'incontro con la "carne di Cristo" dei nostri fratelli poveri, bisognosi, malati. "Toccando" loro, tocchiamo la carne di Cristo, della "stirpe di Davide": non una carne spirituale, ma una realtà concreta.
Noi diaconi, quali "ministri del Calice", sperimentiamo quanto essenziale è per la nostra vita questa "bevanda, il suo sangue, che è la carità incorruttibile".
Sperimentiamo così, nella morte continua di noi stessi per essere sempre nell'amore, che il prossimo, nostro fratello, è la via maestra per l'unione con Dio!
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