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lunedì 13 marzo 2017

Quaresima 2017:
 La Parola è un dono. L'altro è un dono [5]


Riprendo il Messaggio di papa Francesco per la Quaresima di quest'anno per poter mettere a fuoco meglio il mio cammino di totale adesione alla sequela di Gesù.

«La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole». Ma perché la Parola ci illumini e ci riscaldi il cuore, occorre farla propria in modo che entri nella nostra vita e sia criterio unico di discernimento: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 118,105).
La Parola genera Cristo in noi… Ci fa "vedere"…
Vedere anche le contraddizioni della nostra vita, della vita di chi ha messo la ricchezza quale "motore" della propria esistenza, servitore di un dio che ci condiziona e ci toglie la libertà interiore, dandoci l'illusione che il denaro rende liberi, perché indipendenti e quindi potenti.
Ma la figura del ricco della parabola, è un «personaggio che, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come "ricco". La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso esagerato». «La ricchezza di quest'uomo è eccessiva… esibita ogni giorno, in modo abitudinario: "Ogni giorno si dava a lauti banchetti". In lui si intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l'amore per il denaro, la vanità e la superbia».
«L'avidità del denaro - dice san Paolo (1Tm 6,10) - è la radice di tutti i mali. È il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti».
Il denaro come possesso, divide; mentre se diventa possibilità di condivisione, unisce e crea comunione.
«Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico. Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all'amore e ostacola la pace». Il denaro è un dio che ci rende schiavi, che rende la nostra vita «prigioniera dell'esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell'esistenza», mascherando «il vuoto interiore».
«L'uomo ricco simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale». Perché al centro di tutto è «il proprio io», dimostrando con la sua «superbia», il proprio «degrado morale».
«Il frutto dell'attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione», «le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo».
Forte è il monito di Gesù, che non lascia ombra di dubbio (per tutti, credenti e non): "Non potete servire Dio e la ricchezza; nessuno può servire a due padroni" (cf Mt 6,24)!

(Illustrazione di Odo Tinteri)

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