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venerdì 1 agosto 2008

Povertà che diventa dono

3 agosto 2008 – 18adomenica del Tempo ordinario (A)

Parola da vivere


Non abbiamo che cinque pani e due pesci!
(Mt 14,17)


Gesù ha di fronte una grande folla, desiderosa di ascoltare la sua parola, e ne sente compassione.
Egli pieno di misericordia si china sui malati e li guarisce. Sul far della sera i discepoli suggeriscono a Gesù di congedare la folla: poteva andare nei villaggi vicini a comprarsi da mangiare. Ma Gesù non è dello stesso parere: "date loro voi stessi da mangiare". E gli apostoli: "qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci". I discepoli sperimentano la loro povertà e incapacità a dar da magiare alle folle, ma si fidano di Gesù. La loro povertà diventa dono e quando è vissuta come dono diventa sazietà piena per tutti.
La nostra insufficienza va portata da Gesù; ciò che ho, ciò che sono, poco o tanto che sia, quando diventa dono, è sempre sovrabbondante. Tutti noi l'abbiamo sperimentato. Nello stesso tempo possiamo cogliere che Gesù è il pane vero che soddisfa tutte le necessità umane. Gesù è il tutto e questo tutto ha bisogno del mio poco perché diventi abbondanza per molti. Sono chiamato a diventare dono. E divento dono vero quando Gesù diventa il tutto della mia vita.

Testimonianza di Parola vissuta

Insegno in una scuola elementare. Un giorno ho detto ai bambini: "Perché Dio avrà permesso che ci sia chi ha più capacità e chi meno? Perché così abbiamo occasione di aiutarci. Se ciascuno avesse tutto e non avesse bisogno di nulla, come potrebbe circolare l'amore?". Insieme abbiamo scoperto che tutti hanno qualcosa da dare: dona chi ha di più, ma dona anche chi ha meno, perché accettando di essere aiutato, dà agli altri la possibilità di amare. Con aria di novità ho cambiato i posti e ho messo i più bravi vicino a uno meno dotato. E abbiamo deciso che non solo ci si aiutasse tra compagni di banco, ma che tutta la classe progredisse e la riuscita di uno fosse sentita come propria da tutti.
Ho visto che i bambini poco a poco cambiavano mentalità e sentivano di essere un corpo solo dove tutto deve circolare: mettevano a disposizione i loro quaderni, le matite colorate, la merenda, i giochi. Così ho risolto il problema dei voti. Non servivano più alla soddisfazione personale, ma erano per tutti la misura del dislivello da colmare. Erano l'indice di quanto uno poteva dare e del bisogno degli altri. Non temevo di dare anche voti scadenti: avvertivano che non ci eravamo ancora amati e aiutati abbastanza.

(S.L.)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)

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