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venerdì 20 giugno 2008

Non abbiate paura!

22 giugno 2008 – 12a domenica del Tempo ordinario (A)

Parola da vivere

Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo
ma non hanno potere di uccidere l'anima
(Mt 10,28)


Gesù, nel Vangelo di oggi, ci ripete tre volte: "Non abbiate paura!". Non lo dice per convenienza, come facciamo noi spesso, per far coraggio a qualcuno. Lo afferma con la testimonianza della sua vita, come uno che ha un unico costante riferimento nell'amore del Padre: "lo e il Padre siamo uno. Mio cibo è fare la volontà del Padre mio!".
Per questo ci è vicino con la sua paura nelle tentazioni, con l'angoscia nell'orto degli ulivi, con lo strazio disperato sulla croce che lo fa gridare: "Mio Dio, perché mi hai abbandonato?".
Ha paura insieme a noi per portarci con lui all'abbandono tra le braccia del Padre: "Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito". Se la nostra fede è divenuta talmente essenziale da esprimersi tutta con un solo atto di amore: "Sei tu, Signore, l'unico mio bene!", allora non temiamo più niente. Come quei passeri da due soldi che con la loro serenità ci dicono che nessuno, per quanto piccolo, è dimenticato dal Padre.
Identificati con Gesù, figli nel Figlio, siamo certi che la verità è Dio e mai potrà essere a lungo oscurata e nascosta.
Se siamo e viviamo da Gesù, il Padre ci identificherà con Lui, ci riconoscerà e ci farà partecipi della sua famiglia. Diversamente non ci conoscerà, non ci sarà posto per chi non è figlio nel Figlio.

Testimonianza di Parola vissuta


A 11 anni ho avuto la fortuna di incontrare chi mi ha fatto conoscere Dio Amore, facendone l'Ideale della nostra vita.
Visti i gravi problemi che ha attraversato il Burundi dagli anni detti dell'indipendenza fino ad oggi, mi rendo conto che, se sono ancora vivo, lo devo a questo Ideale. L'arte dell'amore cristiano è stata la mia forza e la mia luce in ogni circostanza. Una sera, dopo una pioggia torrenziale, sono uscito da casa in periferia per andare in città. All'improvviso ho visto un soldato bagnato dalla testa ai piedi che sembrava smarrito. Era notte e non c'era illuminazione pubblica. La prima reazione è stata quella di non fidarmi e tirare diritto perché - lo sappiamo - i militari riescono sempre a ritrovare la loro strada. Inoltre, aveva un fucile con sé. Nel momento preciso in cui stavo decidendo di allontanarmi, mi ha chiamato e chiesto aiuto dicendomi che si era perso. Era talmente ubriaco da non poter camminare senza appoggiarsi a stento sul suo fucile. Ho capito che non dovevo far caso se era dell'altra etnia, ma solo considerare che era a Gesù che avrei rifiutato il mio aiuto. Così l'ho accompagnato.
In fondo alla strada c'erano due ponti da attraversare, fatti di tronchi di alberi. Lui non ce la faceva e ha cominciato a gridare, sedendosi sui tronchi. Mi è passato per la mente che quei soldati sono senza pietà. Ma un'altra voce mi suggeriva che non tutti sono così e che, senza il mio aiuto, avrebbe rischiato di precipitare nel fiume. E così con una mano gli ho sorretto il braccio e con l'altra il fucile. Arrivati in città non saprei dirvi ciò che gli altri hanno pensato, ma lui mi ha ringraziato ed anch'io ero contento.

(Dieudonné, Burundi)


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)

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