L'Editoriale del n. 3, marzo 2015, di Vita Pastorale, a cura di Paolo Antoci, è dedicato alla figura di san Giuseppe, «viandante della fede», un giovane «allegro di cuore, di mente e di viso», un «uomo della gioia», non «vecchio malinconico».
Ecco l'articolo che qui riporto.
«Che bello che i giovani siano "viandanti della fede", felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra!» (EG 106). È una delle bellissime affermazioni di Papa Francesco scritte nell'Evangelii gaudium, trattando della pastorale giovanile. Una semplice frase che mi ha portato a pensare a san Giuseppe, al giovane carpentiere di Nazaret.
Al virile sposo di Maria ridiamo quell'età giusta che gli si addice; d'altronde la Sacra Scrittura non ci ha mai riportato un'età adulta del santo patriarca, né tanto meno un'età senile. San Bernardino da Siena, a tal proposito, definì "sciocchi" quei pittori che raffiguravano il nostro santo come: "vecchio malinconioso", in realtà egli «era tutto il contrario, allegro di cuore, di mente e di viso, veggendosi in tanta grazia di Dio». Infatti, come Dio ha scelto per incarnarsi una giovane vergine nella perfetta e fiorente femminilità, perché non avrebbe scelto uno sposo che incarnasse anche lui la verginità, nella perfetta e integra mascolinità?
«La difficoltà di accostarsi al mistero sublime della loro comunione sponsale ha indotto alcuni, sin dal II secolo, ad attribuire a Giuseppe un'età avanzata ed a considerarlo il custode, più che lo sposo di Maria. È il caso di supporre, invece, che egli non fosse allora un uomo anziano, ma che la sua perfezione interiore, frutto della grazia, lo portasse a vivere con affetto verginale la relazione sponsale con Maria» (Giovanni Paolo II, 21.8.96). Che bello, dunque, riavere un san Giuseppe giovane!
Guardiamolo anche come "viandante della fede" perché è stato lui, dopo Maria santissima, a portare Gesù in ogni strada e in ogni piazza. E continua ancora questo compito, cioè a portare il Figlio di Dio in ogni angolo della terra, in quanto egli è il Protector sanctae Ecclesiae, il custode e patrono della Chiesa.
Immaginiamolo quando teneva in braccio il divino infante percorrendo strade e piazze di Betlemme, di Nazaret e di Gerusalemme; immaginiamolo già trentenne mentre accompagnava con la mano il suo ragazzo adolescente; immaginiamolo ancora quarantenne o cinquantenne al lavoro a fianco del Figlio di Dio diventato ormai suo "garzone" di bottega. Di Gesù, infatti, viene detto: «Non è costui il carpentiere?» (Mc 6,3), «il figlio del carpentiere?» (Mt 13,55), «il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22). I concittadini conoscevano Gesù come discendente davidico, conoscevano la sua storia patriarcale e regale, proprio perché egli era «figlio di Giuseppe di Nazaret» (Gv 1,45; 6,42) e nel Nazareno hanno riconosciuto il Messia, il Salvatore, «colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i profeti» (Gv 1,45).
Anche noi, oggi, possiamo ben dire che abbiamo conosciuto il Figlio di Dio per mezzo di san Giuseppe perché egli era il padre, non naturale ma neanche adottivo. «La crescita di Gesù in sapienza, in età e in grazia avvenne nell'ambito della santa famiglia sotto gli occhi di Giuseppe, che aveva l'alto compito di allevare, ossia di nutrire, di vestire e di istruire Gesù nella legge e in un mestiere, in conformità ai doveri assegnati al padre» (RC 16). «Nei vangeli è presentato chiaramente il compito paterno di Giuseppe verso Gesù.
Difatti, la salvezza, che passa attraverso l'umanità di Gesù, si realizza nei gesti che rientrano nella quotidianità della vita familiare. Giuseppe è colui che Dio ha scelto per essere l'ordinatore della nascita del Signore, colui che ha l'incarico di provvedere all'inserimento ordinato del Figlio di Dio nel mondo, nel rispetto delle disposizioni divine e delle leggi umane. Tutta la vita cosiddetta privata o nascosta di Gesù è affidata alla sua custodia» (RC 8).
Egli, dunque, è per noi tutti il giovane viandante della fede: «Egli è colui che è posto per primo da Dio sulla via della "peregrinazione della fede", sulla quale Maria andrà innanzi in modo perfetto» (RC 5). «La fede di Maria si incontra con la fede di Giuseppe. Se Elisabetta disse della madre del redentore: "Beata colei che ha creduto", si può in un certo senso riferire questa beatitudine anche a Giuseppe, perché rispose affermativamente alla parola di Dio, quando gli fu trasmessa in quel momento decisivo. Ciò che egli fece è purissima "obbedienza della fede". Si può dire che quello che Giuseppe fece lo unì in modo del tutto speciale alla fede di Maria: egli accettò come verità proveniente da Dio ciò che ella aveva già accettato nell'Annunciazione» (RC 4). «La via propria di Giuseppe, la sua peregrinazione della fede si concluderà prima. Tuttavia segue la stessa direzione, rimane totalmente determinata dallo stesso mistero, del quale egli insieme con Maria era divenuto il primo depositario» (RC 6). «Giuseppe, il quale sin dall'inizio accettò mediante "l'obbedienza della fede" la sua paternità umana nei riguardi di Gesù, seguendo la luce dello Spirito Santo, che per mezzo della fede si dona all'uomo, certamente scopriva sempre più ampiamente il dono ineffabile di questa sua paternità» (RC 21).
Guardiamolo anche come uomo della gioia. Un po' troppo ci soffermiamo normalmente sugli aspetti dolorosi della "via di fede" di san Giuseppe: premuroso di trovare un alloggio a Betlemme, impaurito nel fuggire in Egitto, preoccupato di tornare in Giudea, addolorato nel cercare suo figlio dodicenne rimasto a Gerusalemme. Eppure a questi aspetti sofferenti, la tradizione cristiana non ha mai trascurato di affiancare le allegrezze che il padre di Gesù ha vissuto nella sua "peregrinazione" terrena. Afferma infatti Papa Francesco all'inizio dell' Evangelii gaudium: «Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1).
È per questo che mi piace pensare al santo carpentiere non come un personaggio triste, silenzioso, malinconico, dormiente e distante, ma come colui che, nella sua giovane virilità, è stato felice perché era accanto a Gesù Cristo, fonte della nostra gioia e dunque non possiamo non immaginarlo come una persona gioiosa; gioiosa perché già beata, beata perché già uomo giusto (Mt 1, 19), cioè pio e santo.
È per questo che può essere di esempio e di aiuto per tutti noi. «Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie» (EG 6). Proprio come fece il santo patriarca.
La gioia della fede, la gioia del Vangelo, la gioia promessa dal Padre e realizzata nel Figlio, questa gioia san Giuseppe l'ha ricevuta in dono in una stalla a Betlemme, l'ha custodita nella sua casa a Nazaret, l'ha offerta nel Tempio a Gerusalemme, l'ha fatta conoscere al mondo in Egitto, la porta ogni giorno a ognuno di noi, a ogni persona che riesce ad accogliere in cuor suo il celebre invito: "Ite ad Joseph", "Andate da Giuseppe". Per tale motivo lo sposo di Maria è il nostro giovane viandante della fede!
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