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mercoledì 2 aprile 2014

La sofferenza, via di salvezza


Nono anniversario della "partenza" per il Cielo dell'amatissimo Giovanni Paolo II, fra pochi giorni proclamato santo.
Pensando a lui, in questo giorno, nell'affidarmi alla sua intercessione, ho fatto mio un suo pensiero, che ho preso dalla Lettera apostolica Salvifici doloris, e mi accompagni nella mia diaconia, nel mio "essere per gli altri", nell'incontrare Gesù nell'incontro con le persone che Dio mi pone accanto o per le quali prego ed ho in cuore, pur non incontrandole direttamente.
L'uomo, infatti, è la "via della Chiesa", è la via dell'incontro con Dio.
Giovanni Paolo II ha scritto che «in Cristo ogni uomo diventa la via della Chiesa. Si può dire che l'uomo diventa in modo speciale la via della Chiesa, quando nella sua vita entra la sofferenza. … La sofferenza sembra essere, ed è, quasi inseparabile dall'esistenza terrena dell'uomo.
Dato dunque che l'uomo, attraverso la sua vita terrena, cammina in un modo o nell'altro sulla via della sofferenza, la Chiesa in ogni tempo dovrebbe incontrarsi con l'uomo proprio su questa via. La Chiesa, che nasce dal mistero della redenzione nella Croce di Cristo, è tenuta a cercare l'incontro con l'uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In un tale incontro l'uomo diventa la via della Chiesa, ed è, questa, una delle vie più importanti» (Salvifici doloris, 3).
Questo anche, e soprattutto, perché Gesù stesso ha preso su di sé tutta la nostra sofferenza, redimendola, illuminandola, facendola diventare fonte e strumento di salvezza.
Così anche noi, soffrendo con Cristo, partecipiamo «alla redenzione dell'uomo»; ed «ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo» (Salvifici doloris, 19)

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