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martedì 12 marzo 2013

L'eredità di Benedetto XVI


Con nel cuore la figura di Benedetto XVI ed i suoi ultimi discorsi, in attesa dell'elezione del nuovo Papa, riporto due contributi, quello di Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto; e quello di Maria Voce, presidente dei Focolari.

Monsignor Bruno Forte ha pubblicato su Il Sole 24 Ore di domenica 10 marzo, un editoriale dal titolo Se l'eredità di Benedetto diventa agenda (anche su Zenit). Il vescovo si pone la domanda quale eredità Benedetto XVI lasci al suo successore, elencando quattro compiti prioritari, che desume a partire dalle stesse parole con cui il Pontefice ha motivato la sua rinuncia: "questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di Pietro e annunciare il Vangelo".
"La prima delle urgenze dunque la vita di fede… Ha insistito sul primato di Dio e sull'obbedienza da dare a Lui in ogni cosa… Rinnovare la Chiesa nell'amore a Cristo, nella fede incondizionata in Lui e nella testimonianza generosa e appassionata della Sua bellezza agli uomini. Convinto che la vera riforma non è anzitutto quella delle strutture o delle forme esteriori, Benedetto XVI, anche a costo di pagare un prezzo altissimo nel rinunciare all'apparenza giustificatrice per obbedire alla verità, ha ricordato alla Chiesa la necessità assoluta di piacere a Dio".
Connessa alla prima, una seconda priorità: la nuova evangelizzazione: "…necessità di offrire una risposta particolare al momento di crisi della vita cristiana… vedere tanti allontanarsi dal tesoro del Vangelo o mostrarsi indifferenti ad esso. Il nuovo Papa dovrà trovare forme e modi perché la bellezza della fede affascini nuovamente i cuori e la speranza del Vangelo diventi per tanti luce nella notte di un tempo, in cui troppi sembrano non soffrire più della mancanza di Dio".
"Una simile impresa non potrà certamente essere condotta da una sola persona: si profila qui la terza delle priorità con cui dovrà misurarsi chi succederà a Benedetto XVI, l'esercizio della collegialità episcopale. Ad essa si riferisce il bisogno di provvedere adeguatamente al governo della Chiesa, cui il Pontefice accennava nella dichiarazione circa la sua rinuncia.
Questa comunione collegiale, pur nella diversità dei ruoli e delle funzioni del Romano Pontefice e dei Vescovi, è a servizio della Chiesa e dell'unità nella fede, dalla quale dipende in notevole misura l'efficacia dell'azione evangelizzatrice nel mondo contemporaneo".
"Infine, l'annuncio rinnovato del Vangelo al mondo non potrà avvenire in maniera adeguata senza che si realizzino due condizioni, che formano la quarta priorità: il dialogo, con riferimento da una parte al rilancio dell'ecumenismo, dall'altra a un atteggiamento sempre più incisivo di fiducia e amicizia verso l'intera famiglia umana".
Un dialogo "che riesca a rimotivare nelle diverse confessioni cristiane la passione per l'unità per cui Gesù ha pregato"; un dialogo, "in un mondo sempre più globalizzato", "con le culture e in generale con il mondo contemporaneo", un dialogo "con i non credenti e i lontani, per costruire ponti di simpatia e di amicizia, capaci di attrarre i cuori e di avviare dialoghi significativi e collaborazioni efficaci".


Ho letto un'altra intervista al riguardo (su Focolari e su Zenit), quella di Maria Voce, presidente dei Focolari, dove colgo analoghe riflessioni:
"Anzitutto l'evidenziare il primato di Dio, il senso che la storia è guidata da Lui. E ancora, l'indirizzarci a cogliere i segni dei tempi e a rispondervi con il coraggio di scelte sofferte, ma innovative. Con una chiara nota di speranza per la certezza che la Chiesa è di Cristo.
"A quale Chiesa Benedetto XVI guardava? Penso di non sbagliare additando la "Chiesa-comunione", frutto del Vaticano II".
Inoltre, si sa, "la Chiesa è per il mondo". Per questo, (il nuovo Papa), di fronte alle esigenze di riforma ad intra, mi sembra debba privilegiare il guardare fuori di sé, intensificare il dialogo con la società. Tale contatto vitale le permetterebbe di far sentire la sua voce chiara nella fedeltà al Vangelo e nel contempo ascoltare le istanze degli uomini e delle donne di questo tempo. Col risultato di trovare nuove risorse e insospettata vitalità anche al suo interno".
"Occorrerà insistere certamente sul dialogo ecumenico, sul grande tema dell'unione visibile tra le Chiese, cercando di arrivare a definizioni della fede e della prassi ecclesiale accettabili da tutti i cristiani".
"Universalità e apertura ai dialoghi saranno perciò due note che dovranno essere raccolte dal nuovo papa".
"Auspicherei poi una Chiesa più sobria, sia in rapporto al possesso di beni che nelle espressioni liturgiche e nelle sue manifestazioni; proporrei una comunicazione più fluida e diretta con la società contemporanea, che consenta alla gente di rapportarsi con essa con più facilità, e un atteggiamento di maggiore accoglienza anche nei confronti di chi la pensa diversamente".

Il nuovo Papa, "affinché possa rispondere a queste enormi sfide, lo immaginiamo uomo di profonda spiritualità, unito a Dio per cogliere dallo Spirito Santo le soluzioni ai problemi, nell'esercizio costante della collegialità, coinvolgendo altresì i laici, uomini e donne, nel pensare e nell'agire della Chiesa".

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