Riprendo il messaggio di Benedetto XVI per questo cammino quaresimale, dove fede e carità si intrecciano, e l'una è finalizzata all'altra, reciprocamente: "non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità".
Ho cercato di rivedere, alla luce delle parole del Papa, la genuinità della mia diaconia, del mio essere al servizio degli altri.
La mia carità ha la sua motivazione profonda nella carità di Dio? In altre parole: il mio amore per Dio è la radice del mio amore per il prossimo? Se la fede mi introduce ad un rapporto intimo con Dio, la mia vita è tutta plasmata da questa fiducia in Lui e dal mio abbandonarmi in Lui?
È un "prendere coscienza dell'amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto di Gesù sulla croce", che "suscita a sua volta l'amore. Esso è la luce - in fondo l'unica - che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire. Tutto ciò ci fa capire come il principale atteggiamento distintivo dei cristiani sia proprio «l'amore fondato sulla fede e da essa plasmato»".
Allora, il mio cammino spirituale si inserisce in "un continuo salire il monte dell'incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l'amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio".
C'è, a questo riguardo, uno scritto di Chiara Lubich che mi dà tanta luce. Esso dice tra l'altro: «Noi abbiamo una vita intima e una vita esterna. L'una dell'altra una fioritura; l'una dell'altra radice; l'una dell'altra chioma dell'albero della nostra vita.
La vita intima è alimentata dalla vita esterna. Di quanto penetro nell'anima del fratello, di tanto penetro in Dio dentro di me; di quanto penetro in Dio dentro di me, di tanto penetro nel fratello.
"Dio-io-il fratello": è tutto un mondo, tutto un regno...
Noi abbiamo una vita intima (Gesù dentro di noi) e una esterna (Gesù nel fratello). L'una dell'altra una fioritura, l'una dell'altra radice.
La vita intima produce una fioritura nella vita esterna.
La vita esterna (con Gesù nel fratello) provoca una fioritura nella vita intima.
Ma in che modo si può pensare la vita intima con Gesù come una fioritura, come una chioma? Non è la vita interiore unione con Dio, punto e basta? Lo è, ma c'è unione e unione. E questo tutti noi lo sappiamo, perché ognuno sperimenta, poco o tanto, la sua particolare unione con Dio.
Ma quando poter definire questa vita intima come fioritura o chioma, quindi come alcunché di ricco e compatto? Quand'essa è nel suo completo sviluppo, nel suo massimo splendore. [Per esempio, quando sperimentiamo] una pace stabile e tale da dominare su tutto, da emergere sopra ogni dolore, per quanto acuto e diffuso esso sia. Ma, non solo pace. La fioritura completa, la chioma dell'albero della nostra vita interiore ha altri particolari. Per esempio: l'unione con Dio è tale da poterla avvertire in ogni istante della nostra vita. Quando si va in fondo al cuore, in cerca di Dio (nella preghiera o durante la giornata) Egli, Gesù, è sempre lì e Lo si avverte coi sensi dell'anima. È lì, che ci attende, per ascoltare quanto Gli diciamo e per dirci (se sappiamo afferrare il suo linguaggio silenzioso) quanto Egli vuole comunicarci. […]
Pace, dunque, e continua piena unione con Dio, due modi di essere della fioritura, della chioma della nostra vita interiore. Anche se non i soli frutti.
E come si possono raggiungere? La vita intima in noi fiorisce, si fa chioma su una radice: l'amore al fratello, a Gesù nei fratelli. La vita intima è alimentata dalla vita esterna. Di quanto penetro nel fratello, di tanto penetro in Dio.
Si può arrivare, dunque, a tanta pace, a tanta unione con Dio, amando i fratelli, Gesù nei fratelli».
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