Pensando alla festa del Battesimo di Gesù, che abbiamo celebrato ieri e che, chiudendo le festività del Natale e contemporaneamente aprendo quel tempo nel quale la testimonianza del mistero di Gesù si fa presente nella vita quotidiana nella sua ordinarietà, sono rimasto colpito da questo atteggiamento di Gesù che ha voluto associarsi pubblicamente alla folla dei peccatori desiderosi di purificazione. È l'atteggiamento di chi inizia e poi esercita un ministero pubblico: questo immergersi nell'umanità fino ad "annullarsi" sulla croce; modello per chi vuol seguire Colui "che è venuto per servire e dare la vita".
Si legge nel "Direttorio" dei diaconi, al nr. 45:
«In particolare, per i diaconi la vocazione alla santità significa "sequela di Gesù in questo atteggiamento di umile servizio, che non s'esprime soltanto nelle opere di carità, ma investe e modella tutto il modo di pensare e di agire", per cui, "se il loro ministero è coerente con questo spirito, essi mettono maggiormente in luce quel tratto qualificante del volto di Cristo: il "servizio", per essere non solo "servi di Dio", ma anche servi di Dio nei propri fratelli».
Questo essere servi di Dio nei propri fratelli significa farsi uno di loro, calandosi nella loro umanità, come Gesù, che ha iniziato il suo ministero "umiliandosi" col battesimo di Giovanni, assieme a tutti coloro che desideravano "purificarsi" per una vita di conversione a Dio. Gesù è uno di noi! Per questo ci chiama fratelli e ci fa entrare in comunione con il Padre.
Il "servizio" del diacono è innanzitutto questo essere "uomo fra gli uomini" nella misura di Gesù.
In questo Suo e nostro umiliarsi, l'umanità riceve la grazia dello Spirito che squarcia i cieli e discende per rimanere con noi, con la certezza della figliolanza divina.
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