“L’elemosina educa alla generosità dell’amore”. Eloquente e “significativo l’episodio evangelico della vedova” che dona a Dio “non tanto ciò che ha, ma quello che è. Tutta se stessa".
Gesù “si è fatto povero per arricchirci della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9)”; ha dato tutto se stesso per noi. “Alla sua scuola possiamo imparare a fare della nostra vita un dono totale; imitandolo riusciamo a renderci disponibili, non tanto a dare qualcosa di ciò che possediamo, bensì noi stessi. L’intero Vangelo non si riassume forse nell’unico comandamento della carità? Pertanto l’elemosina diviene un mezzo per approfondire la nostra vocazione cristiana. Quando gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell’esistenza, ma l’amore. Ciò che dà valore all’elemosina è dunque l’amore”.
Alle volte noi diaconi siamo sproporzionatamente preoccupati di quello che facciamo, o meglio di quello che ci fanno o ci lasciano fare. E siamo insoddisfatti! Molto spesso frustrati. Alcuni, per mancanza di “lavoro”, si chiudono in loro stessi in un continuo lamentarsi.
Mi ha salvaguardato da questa penosa situazione la certezza che non vale tanto quello che faccio, ma quello che sono. Non dare tanto del tempo, magari tolto alla famiglia, ma noi stessi! E in qualsiasi posto o situazione io venga a trovarmi cerco di “dare me stesso”: so chi sono (a quale grazia sono stato chiamato) e quindi agisco di conseguenza. Nello sforzo di ricominciare sempre daccapo, cerco di amare chi mi sta accanto nel momento presente, sapendo che posso “amare da Gesù”, “essendo Gesù”; sforzandomi di farmi prossimo con chi mi sta accanto, cercando di farmi “vuoto” davanti a lui, accogliendolo senza riserve dentro di me, mettendolo così a suo agio.
E senza accorgermi costato che la comunità che sono chiamato a servire si compone e impara che prima di tutto (ante omnia) è la carità reciproca che dobbiamo coltivare e far crescere.
si la carità, benedetta carità, santa carità...i diaconi e la carità. "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna".
RispondiEliminaEcco, per evitare ciò tutti siamo chiamati e i diaconi fra questi. Ma il diaconato come ministero, forse, ha anche bisogno di qualcosa che va oltre. Non basta essere autoreferenziali occorre che altri si accorgano di questa presenza e della sua necessità nella Chiesa e per la Chiesa ma anche nel mondo e tra questo e la Chiesa.
E' importante che "si accorgano di questa presenza"... Molta responsabilità ce l'abbiamo anche noi diaconi: se non ci vedono o ci vedono in un'ottica sbagliata è anche perché ci vedono come noi ci presentiamo...
RispondiEliminaIntanto incomincio da me, nel posto dove sono... e lì sperimento che "è vero" quello che vivo. Il desiderio che a livello chiesa questo si realizzi sempre di più deve essere supportato dalla fede che è "lo Spirito che parla alle chiese" e che noi siamo "strumenti", e, per quanto possibile, docili.
Grazie, Vincenzo.
Luigi