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sabato 9 giugno 2012

La formazione dei diaconi e …dei preti



Faccio seguito a quanto scritto su questo blog il 16 maggio scorso con un intervento dal titolo Diaconi e presidenza nelle celebrazioni (vai all'articolo) in riferimento ad una lettera di don Walter Lazzarini, delegato della diocesi di Pescia (Pt) per i diaconi permanenti, apparsa sul numero 5/2012 della rivista Vita Pastorale. Intervento pacato, saggio e concreto, che mi ha confermato ancora di più sulla giusta modalità dell'esercizio del ministero diaconale in piena armonia ed unità con quello presbiterale. E di questo ringrazio don Walter.
Nel numero 6/2012 di giugno della rivista Vita Pastorale leggo ancora una corrispondenza di don Walter Lazzarini a completamento di quanto scritto precedentemente.
Riporto anche questo scritto, nello spirito di un sempre maggior approfondimento della dimensione diaconale del ministero ordinato.

Ecco l'articolo:

«Spinto da diverse sollecitanti telefonate e lettere di diaconi da varie parti d'Italia a causa del mio articolo sul diaconato, pubblicato su VP 5/12 alle pp. 10-11, desidero completare la mia riflessione aggiungendo alcune osservazioni.
Sin da subito tengo a precisare che il mio intervento scritto non era assolutamente contro il diaconato in sé, quanto invece contro una modalità operativa delle persone ordinate/diacono, le quali talvolta arrivano a pretendere troppo e strafanno. In secondo luogo è bene che si possa riflettere ulteriormente sulla realtà diaconale (messa attualmente tra parentesi e non a caso) e soprattutto sulla sua realizzazione visiva pastorale e storica. Troppo spesso ci si lascia andare a entusiasmi oltremodo tracimanti. In terzo luogo i suggerimenti venutimi per telefono, mi spingono a sottolineare questo.
La persona ordinata diacono è opportuno che conosca bene gli ambiti precisi entro cui svolge la propria condizione di ordinato e di saperli apprezzare e osservare diligentemente. Inoltre è chiaro che, per avere persone/diacono capaci di osservare quello che compete al loro ministero, è doveroso che le stesse vengano preparate al loro ruolo, alla loro funzione, al contenuto specifico posseduto dal diaconato in sé. Questo è possibile se si predispone un percorso formativo chiaro e selettivo da parte degli incaricati.
Si richiede anche che la classe presbiterale, con cui il diacono facilmente collabora, si autoformi al valore e al significato del diaconato, accostandosi alle fonti antiche, al magistero, alla teologia dell'ordine rinnovata per le implicazioni teologiche a causa del ripristino autonomo del grado del diaconato.
Se per la riflessione teologica sostanzialmente niente è cambiato, quello che più manca nelle nostre menti presbiterali è la conoscenza della grande tradizione dei Padri della Chiesa che ancor oggi, soprattutto dopo il concilio Vaticano II, fanno scuola e ci insegnano la modalità e la prassi autentica del vivere in comunità credenti.
Inoltre, un'ultima parola sul ruolo di "presidenza" svolto o affidato talvolta al diacono. È opportuno che esso si svolga secondo le indicazioni date dalle serie di interventi più o meno autorevoli che suggeriscono un'attitudine diaconale liturgica, sì, ma con le dovute cautele.
Tutti i diaconi devono ricordarsi che la loro presidenza è per delega, non compete nativamente al sacramento del diaconato in sé, poiché esso è sorto, secondo la più bella e veneranda tradizione antica, per il servizio alle mense (da intendersi in senso lato) e per lasciare liberi i presbiteri e i vescovi per la predicazione e la preghiera. Non è forse un bell'impegno?
Certamente anche i diaconi possono predicare, ma sicuramente sono chiamati alla preghiera, alla meditazione, all'esercizio amorevole di un servizio non sempre considerato adeguatamente.
Don Walter Lazzarini - parroco»



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