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venerdì 28 agosto 2020

Come seguire Gesù


22a domenica del Tempo ordinario (A)
Geremia 20,7-9 • Salmo 62 • Romani 12,1-2 • Matteo 16,21-27
(Visualizza i brani delle Letture)

Appunti per l'omelia

Pietro, e con lui la Chiesa, che poco prima ha confessato la sua fede in Gesù ricevendone in cambio le chiavi del regno, ora viene provato nella sua fede. Quando riconosce in Gesù il figlio di Dio, egli diventa suo discepolo; quando però non accetta il mistero di morte che segna il destino di Gesù, come segna quello della Chiesa, egli diventa un "satana". Anche qui, come nella descrizione dell'apostolo Pietro che cammina sulle acque, si rimane colpiti dal contrasto tra la sua fede e la sua mancanza di fede.
Gesù è stato riconosciuto da Pietro come il Cristo, il Messia atteso. Ma in che modo? Senza dubbio nella gloria di una regalità vittoriosa. Ed ora il Maestro si presenta come il servo sofferente di Isaia, che riscatta il suo popolo attraverso la passione e la morte. Anche e soprattutto attraverso la risurrezione, certo, ma non è ancora chiaro che cosa egli intenda con questa parola. Allora Pietro, l'impulsivo, spinto da un amore poco illuminato, si ribella all'apparente crudeltà del piano divino. E all'improvviso assistiamo a un totale capovolgimento della sua situazione. Lo stesso Gesù che gli aveva detto: «Beato te!» dopo la sua professione di fede, ora lo rimprovera aspramente: «Va' dietro a me, Satana!». Un momento prima l'apostolo era una «pietra» abbastanza solida perché Gesù potesse costruirvi la propria Chiesa, e adesso viene trattato come un ostacolo, una pietra d'inciampo sulla strada del messia. Gesù, che gli aveva detto: «Il Padre mio che sta nei cieli te l'ha rivelato», ora afferma: «tu non pensi secondo Dio!».
L'ingiunzione rivolta a Pietro, «Passa dietro a me!», può essere interpretata da ogni cristiano come un invito a seguire il Maestro: come il Cristo, il discepolo non può eliminare dalla propria vita la croce della salvezza. Davvero i pensieri di Dio non sono quelli degli uomini. «Non bisogna salvare la propria anima come si salva un tesoro. Bisogna salvarla come si perde un tesoro. Spendendola» (Ch. Péguy).

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me…».
A Pietro Gesù ha detto "torna a metterti dietro di me"; adesso gli dice come: «rinneghi se stesso» (il che non significa frustrare la propria esistenza, ma rinunciare a ideali di ambizione), prenda la sua croce e mi segua».
La croce non è come comunemente si dice "data da Dio" ma "scelta dagli uomini". La croce è il patibolo, il supplizio, che non è che Dio dà a tutti quanti, ma coloro che liberamente, volontariamente, per amore, vogliono seguire Gesù, la devono sollevare, da sé.
Per andare dietro a Gesù, il discepolo deve fare tre cose: anzitutto dire di no alla propria mentalità, al proprio progetto; poi avere il coraggio di rischiare la condanna a morte; e infine accogliere la proposta del Maestro e imitarne la vita.
La frase più strana è la seconda: «prendere la propria croce». L'abbiamo fatta diventare un luogo comune, per dire che ci vuole pazienza e ognuno deve sopportare la propria difficile situazione; ma questo significa intendere la parola "croce" in senso metaforico, mentre al tempo di Gesù la croce era semplicemente un patibolo, uno strumento di uccisione orribile. L'espressione «prendere la propria croce» era facilmente compresa dalla gente di quel tempo come una immagine per indicare il rischio di una condanna a morte e proprio questo intendeva dire Gesù ai suoi: seguirlo significava mettere in conto anche di lasciarci la pelle. «Se qualcuno vuole venirmi dietro - dice - si prepari al peggio, perché non gli propongo una vittoria facile, né una buona sistemazione, ma gli prospetto un rischio molto serio, addirittura quello di essere condannato a morte». Quindi, se uno è disposto a lasciare la sua mentalità e a rischiare la vita, vada dietro a Gesù e lo imiti.
La croce non viene data ma viene presa per seguire Gesù. La croce non sono tanto le sofferenze o le malattie che la vita, inevitabilmente, ci fa portare, ma nel linguaggio biblico significava, essendo una pena di morte riservata ai rifiuti della società, la perdita totale della propria reputazione. Allora Gesù dice: "se qualcuno consegue desideri di successo, di ambizione, non pensi a venirmi dietro, perché seguire me significa perdere completamente la propria reputazione".

(dalla Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano, a cui si rimanda per il testo completo)

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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24)
(vai al testo…)

PDF formato A4, stampa f/r per A5:


Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata
 Se qualcuno vuol venire dietro a me… (Mt 16,24) - (03/09/2017)
(vai al testo)
 Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso (Mt 16,24) - (31/08/2014)
(vai al testo…)
 Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente (Ger 20,29) - (21/08/2011)
(vai al testo…)
 Il Figlio dell'uomo (…) renderà a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16,27) - (29/08/2008)
(vai al post "Essere dono")


Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  Perdere per trovare: noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo donato (02/09/2017)
  Andare dietro a Gesù (29/08/2014)

Vedi anche il post:
  La passione del profeta (28/08/2011)

Commenti alla Parola:
  di L'Amicizia presbiterale "Santi Basilio e Gregorio" (VP 8.2020)
  di Cettina Militello (VP 7.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 7.2014)
  di Marinella Perroni (VP 7.2011)
  di Enzo Bianchi
  di Lectio divina: Abbazia Santa Maria di Pulsano

(Immagine: Vieni dietro a me, di Bernadette Lopez)

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