"Rilettura", alla fine del mese, della Parola di Vita di marzo.
«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 34,36).
Riempire il nostro cuore di misericordia. Se saremo misericordiosi potremo essere veramente artefici di pace e di unità. Dal momento che siamo tutti fragili è evidente che la pace e l'unità fra noi dipenderanno in primo luogo dal saperci comprendere e perdonare vicendevolmente. Dobbiamo concedere a chi ci ha offeso la possibilità di un ritorno. Allo stesso modo di come Dio fa con ciascuno di noi. Per questo è necessario riempire il nostro cuore di misericordia.
La fonte della misericordia è il cuore stesso di Gesù. È in Lui che dobbiamo cercarla; da Lui imparare. Perché figli di Dio, possiamo somigliargli in quello che lo caratterizza: l'amore, l'accoglienza, il saper aspettare i tempi dell'altro.
Il nostro amore di misericordia, per assomigliare un po' a quello di Dio, deve essere più grande del nostro peccato, più forte della debolezza dell'altro e superiore alla giustizia umana. La misericordia, infatti, è un amore che riempie il cuore e poi si riversa sugli altri, sui vicini di casa come sugli estranei, sulla società intera.
La misericordia è così importante che Dio la preferisce ai sacrifici. Avere un amore misericordia è testimoniare la bontà di Dio che continua in mezzo a noi alla ricerca di coloro che hanno più bisogno del suo amore. In concreto, il perdonarci l'un l'altro fa sì che cresciamo spiritualmente, avvicinandoci sempre di più a Dio. Occorre perciò non mantenere nel cuore residui di giudizio, di risentimenti, dove possono covare ira e odio, che ci allontanano dai fratelli. È vedere ognuno come fosse nuovo!
Per fare questo occorre saper dimenticare l'offesa ricevuta. Vale di più ricordare i bei momenti passati assieme che ricordare le offese ricevute. Dimenticare le offese ci fa ricordare che dobbiamo amare sempre.
Spesso le famiglie si sfasciano perché non si sa perdonare. Perdonare è dimenticare le offese, mentre amare deve essere l'unico nostro ricordo. Qualcuno pensa che il perdono sia una debolezza. Il perdono non consiste nell'affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male. Non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà che consiste nell'accogliere il fratello così come è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti.
Accogliere, appunto, l'altro così come è, e non come vorremmo che fosse, con un carattere diverso, con le nostre stesse idee politiche, le nostre convinzioni religiose, e senza quei difetti o quei modi di fare che tanto ci urtano.
Occorre, invece, dilatare il cuore e renderlo capace di accogliere tutti nella loro diversità, nei loro limiti e miserie.
Accogliere come Gesù ha accolto: peccatori, ammalati, poveri, stranieri. Chiunque gli si fosse avvicinato non si è mai sentito respinto. Siamo fratelli perché abbiamo un unico Padre, che è sempre alla ricerca dei suoi figli.
Ci rendiamo conto della serietà del nostro impegno verso Dio quando recitiamo la preghiera del Padre nostro. È un affare serio: chiediamo a Dio che perdoni i nostri peccati nella misura in cui perdoniamo coloro che ci hanno offeso. E questo non è facile. Bisogna chiedere a Dio la grazia dello Spirito Santo, perché con le nostre sole forze è impossibile. La Preghiera del Padre nostro, mentre ci apre il cuore a Dio, ci dispone anche all'amore fraterno. Questa apertura del cuore non si improvvisa. È una conquista quotidiana, una crescita costante nella nostra identità di figli di Dio.
Allora è estremamente importante ricostruire i legami incrinati o spezzati. Non guadagniamo niente con la rottura dei rapporti. Credendo di punire l'altro, in realtà finiamo per punire noi stessi. Le rotture non ci rendono felici.
Prima di presentarci all'altare per l'offerta, Gesù ci dice di riconciliarci con il nostro fratello: ciò piace a Dio e dà valore alla nostra offerta.
Innanzitutto occorre ricostruire ciò che si è rotto dentro di noi, nel nostro cuore, e poi andare dal fratello a ricomporre il rapporto incrinato. Da questo dipende la qualità della nostra unione con Dio. Se abbiamo fatto del male a qualcuno chiediamo coraggiosamente perdono e riprendiamo la strada. È un atto di grande dignità. Facciamo un atto di libertà da noi stessi e dai condizionamenti cominciando a ricostruire i legami incrinati o spezzati in famiglia, sul luogo di lavoro, nella comunità parrocchiale, nel partito politico.
Allora, fare sempre il primo passo verso l'altro; perché chi ama prende sempre l'iniziativa. È fare lo sforzo più impegnativo perché mette alla prova la propria autenticità e purezza nell'amare.
Fare il primo passo verso l'altro, guidati dall'amore, ci fa vivere una vita nell'armonia dei rapporti.
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