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sabato 15 aprile 2017

L'ultima parola della vita umana è soltanto e sempre l'amore


Pasqua di Risurrezione
Atti 10,34a.37-43 • Sal 117 • Colossesi 3,1-4 [1Corinzi 5,6-8] • Giovanni 20,1-9
(Visualizza i brani delle Letture)


Appunti per l'omelia

Facciamo l'uomo a nostra immagine…
Il cammino della Quaresima si era aperto con lo sguardo lanciato agli inizi dell'umanità: il primo uomo e la prima donna, però, vinti dalle parole suadenti del serpente, avevano trasformato il rapporto di fiducia e di armonia con Dio in un rapporto di conflitto. Dio non era più colui che desiderava unicamente il loro bene, ma uno di cui avrebbero dovuto diffidare, uno che geloso del proprio benessere cerca di tenerne lontano chi potrebbe insidiarlo. Il "comando" di Dio viene visto non più come indicazione di luce, ma come imposizione, se non come minaccia di castigo.

L'uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui…
Il cammino ora si chiude con l'immagine di un altro uomo, non più accanto ad un albero, ma appeso ad un legno: un legno che risuona veramente di morte, di condanna, di sconfitta, di castigo. Una violenza che non solo proviene dall'uomo, ma che sembra provenire da Dio stesso.
Su quel legno si ripropone l'interrogativo del primo uomo e dell'uomo di sempre: «Ma è poi vero che Dio vuole unicamente il mio bene, la mia pace?». Quell'uomo, che è condannato proprio perché si è detto "Figlio di Dio", da quel legno grida, quasi urla quanto di più disperato si possa pensare: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Colui che nella vita non aveva fatto altro che proclamare il proprio rapporto di "figliolanza" con Dio («Io e il Padre siamo una cosa sola», «Io faccio sempre ciò che è gradito al Padre mio») non ha più lo sguardo interiore che sorregge questa certezza: il Padre è soltanto un Dio che lo abbandona al proprio destino.
Eppure, dal fondo di quel grido, emerge qualcosa di inaspettato: «Padre, nelle tue mani affido il mio spirito». Nonostante tutte le apparenze contrarie, quel Dio rimane il Padre a cui è possibile rinnovare il proprio "sì", una fiducia più forte di qualsiasi tradimento, di qualsiasi sconfitta, di qualsiasi rifiuto, di qualsiasi oscurità ...

Pace a voi! … Non abbiate paura…
Le prime parole pronunciate da quell'uomo, all'uscita sorprendente dall'ombra del sepolcro, nell'incontro con coloro che di lui si erano fidati e che in certo modo da lui si sentivano traditi, sono: «Pace a voi!». Parole che riecheggiano nell'invito rivolto alle donne accorse al sepolcro: «Non abbiate paura», «Non temete».
Gesù risorto è il segno più evidente che il rapporto con Dio non può essere un rapporto di paura, di diffidenza, di rancore: quel Dio che il "vecchio uomo" aveva visto come antagonista, l' "uomo nuovo" Gesù ce lo svela come Padre, uno di cui ci si può fidare al di là di ogni apparenza contraddittoria.
Dio non è uno che si diverte a "castigare" per poi donarci il premio: basta ripensare alle parole di Gesù di fronte al cieco nato. La sofferenza non è frutto di un "castigo", ma semmai di una "debolezza" di Dio stesso di fronte alla libertà dell'uomo.

Dio vide che era cosa molto buona…
La Pasqua dimostra che questo Dio, in Gesù, si è fatto carico di ogni "peso" dell'uomo: se l'uomo ha rotto il rapporto di armonia che lo lega al suo creatore (All'inizio della creazione "Dio vide che era cosa molto buona"), è Dio stesso che si fa carico della disarmonia e la ricompone. Il vuoto d'amore creato dal "no" del primo uomo e che si è ribaltato nel rapporto dell'uomo con l'uomo, dell'uomo con la natura, è riempito dal "sì" di Gesù.

La Pasqua allora non è tanto la vittoria della "potenza" di Dio, capace di far risorgere un morto, ma è la vittoria dell'amore. Forse questo è l'aspetto più difficile e, al tempo stesso, più affascinante della fede in Gesù: credere che l'ultima parola della vita umana è soltanto e sempre l'amore.


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Vedi anche:

Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
Entrò nel sepolcro... e vide e credette (Gv 20,8)
(vai al testo)

Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicate:
Andate a dire: È risorto dai morti (Mt 28,7) - (20/04/2014)
(vai al testo)
Andate a dire ai suoi discepoli: "È risorto dai morti" (Mt 28,7) - (24/04/2011)
(vai al testo)


Vedi anche i post Appunti per l'omelia:
  L'amore che non può essere annullato dalla morte (26/03/2016)
  "Doveva" risorgere (04/04/2015)
  La gioia piena che il Risorto ci dona (19/04/2014)
  È vivo, Lui la nostra speranza! (30/03/2013)
  È risorto! (07/04/2012)

Commenti alla Parola:
  di Cettina Militello (VP 3.2017)
  di Gianni Cavagnoli (VP 3.2014)
  di Marinella Perroni (VP 3.2011)
  di Enzo Bianchi

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