4a domenica di Quaresima (C)
Giosuè 5,9a.10-12 • Salmo 33 • 2 Corinzi 5,17-21 • Luca 15,1-3.11-32
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Appunti per l'omelia
Un uomo aveva due figli…
Il figlio più giovane se ne va, un giorno, in cerca di se stesso, in cerca di felicità. Non a mani vuote, però, pretende l'eredità: come se il padre fosse già morto per lui. Probabilmente non ne ha una grande opinione, forse gli appare un debole, forse un avaro, o un vecchio un po' fuori dal mondo.
Il fratello maggiore intanto continua la sua vita tutta casa e lavoro, però il suo cuore è altrove, è assente. Lo rivela la contestazione finale al padre: io sempre qui a dirti di sì, mai una piccola soddisfazione per me e i miei amici. Neanche lui ha una grande opinione di suo padre: un padre, che si può o si deve ubbidire, ma che non si può amare.
Allora il figlio minore ritornò in se stesso…
L'obiettivo di questa parabola è precisamente quello di farci cambiare l'opinione che nutriamo su Dio. Il primo figlio pensa che la vita sia uno sballo, cerca la felicità nel principio del piacere. Ma si risveglia dal suo sogno in mezzo ai porci a rubare le ghiande. Il "ribelle" diventato servo, ritorna in sé… Riflette e decide di tornare. Non decide di ritornare perché si accorge di amare il padre, ma perché gli conviene. E si prepara la scusa per essere accolto, presentando le ragioni del padre e riconoscendo di essere stato uno stupido, di aver sbagliato... E continua a non capire nulla di suo padre.
Il padre ebbe compassione, gli corse incontro…
Ma il padre della parabola è un Padre che è il racconto del cuore di Dio: lascia andare il figlio anche se sa che si farà male, un figlio che gli augura la morte. Un padre che ama la libertà dei figli, la provoca, la attende, la festeggia, la patisce. Un padre che corre incontro al figlio, perché ha fretta di capovolgere il dolore in abbracci, di riempire il vuoto del cuore: per lui perdere un figlio è una perdita infinita. Un padre che non rinfaccia, ma abbraccia. Non sa che farsene delle scuse, le nostre ridicole scuse, perché il suo sguardo non vede il peccato del figlio, vede il suo ragazzo rovinato dalla fame. Ma non si accontenta di sfamarlo, vuole una festa con il meglio che c'è in casa, vuole reintegrarlo in tutta la sua dignità e autorità di prima: mettetegli l'anello al dito! E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti.
Il fratello maggiore non voleva entrare… Il padre uscì a supplicarlo…
Al padre non basta aver ritrovato il figlio perduto. È un padre che esce anche a pregare il figlio maggiore, alle prese con l'infelicità che deriva da un cuore non sincero, un cuore di servo e non di figlio. Tenta di spiegare e farsi capire, ma alla fine non si sa se ci sia riuscito...
Questo della parabola è un padre che non è giusto? È un padre non solo giusto, è di più: è amore, esclusivamente amore. E allora: Dio è così? Così eccessivo, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così! Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita.
(spunti da Ermes Ronchi)
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Vedi anche:
Parola-sintesi proposta (breve commento e una testimonianza):
E cominciarono a far festa (Lc 15,24)
(vai al testo) - (---> pdf, formato A4, stampa f/r per A5)
Vedi anche analoga Parola-sintesi a suo tempo pubblicata (10/03/2013)
Il Padre lo vide, ebbe compassione e gli corse incontro ( Lc 15,20)
(vai al testo)
Vedi anche il post Appunti per l'omelia:
La gioia di essere perdonati ed accolti (8/03/2013)
Commenti alla Parola:
• di Luigi Vari (VP 2.2016)
• di Marinella Perroni (VP 2.2013)
• di Claudio Arletti (VP 2.2010)
• di Enzo Bianchi
(Illustrazione di Giorgio Trevisan)
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