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martedì 4 agosto 2015

Vivendo la Parola


Sfogliando il blog (In… visibile) dell'amico Tanino Minuta, ho ritrovato una sua esperienza - dal titolo Vivendo la Parola -, una sua esperienza di quando doveva passare il controllo alla frontiera con l'Ungheria ai tempi della "cortina di ferro".
Mi sono venuti così alla mente alcuni nostri incontri, parecchi anni fa: ci incontravamo alla stazione ferroviaria di Trieste (io abitavo in quella città) e Tanino era in attesa della coincidenza del treno che lo avrebbe portato "oltre".

Quanto scrive nel suo blog è sempre un balsamo per lo spirito.


Questa è l'esperienza che trascrivo:

«Quando in Ungheria vigeva il regime comunista, uno dei pericoli era l'Occidente con il suo sfrenato consumismo, con la sua pornografia, con le sue idee sovvertitrici. Così per entrare nel Paese il controllo era molto meticoloso.
Ogni volta che viaggiavo il passaggio della dogana era un'operazione chirurgica: Per chi questi regali? Come mai nella sua rubrica ci sono tutti questi ungheresi? Come mai li conosce? Quanti litri di alcol? Quanto caffè?...
Ogni volta uno stillicidio di domande e le risposte erano sempre prese con sospetto.
Tutti potevano essere nemici, soprattutto gli stranieri portatori del virus capitalista.
Mi son chiesto se il Vangelo avesse un suggerimento. L'ho trovato proprio nel comportamento di Gesù con la samaritana.
Gesù le chiede da bere, la mette nelle condizioni di amare per prima e da lì inizia il dialogo che porterà la donna a capire con chi stava trattando. Gesù suggerisce, per qualsiasi rapporto vogliamo avere, che ci sia innanzitutto la carità. Soltanto così le parole potranno essere veicolo di verità.
Alla prima occasione che ebbi di passare la dogana, con il carico che avevo nella macchina di regali vari, il controllo sarebbe andato per le lunghe. Per mettere il poliziotto nella condizione di amare per primo gli dissi che avevo un terribile mal di testa. Lui è corso a prendermi una medicina e un bicchiere d'acqua. Mi assicurò che tutto sarebbe andato per il meglio nel giro di qualche minuto perché quella medicina anche lui la usava. Mi salutò cordialmente senza fare nessun controllo.
Grande fu la lezione. Non tanto per il facile controllo ma perché ho sperimentato che con qualsiasi uomo, qualsiasi maschera gli abbiamo dato o si è messa da solo, l'unica via per guardarsi negli occhi è stabilire un rapporto di carità.
Da quella volta è diventato per me piacevole attraversare la dogana.
Ora certe frontiere non esistono più ma, come mi è capitato recentemente, ogni volta che attraverso quelle costruzioni che sono stati simbolo di terrore e paura, il ricordo più forte è che l'arte della "samaritana" è sempre valida».

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