Parola da vivere
Se vuoi, tu puoi purificarmi! (Mc 1,40)
Il discorso sulla lebbra è facile che ci porti lontano, in un mondo che crediamo finito, sconfitto dalla scienza. Ma non è così, anche oggi ci sono milioni di lebbrosi che vegetano e muoiono nell'abbandono, maledetti perché contagiosi. Il nome della lebbra oggi si chiama: droga, alcoolismo, prostituzione, razzismo del colore, del genere, del potere economico, immigrazione, senza tetto, gente di strada... Questi mondi soffocano e corrodono la nostra vita e le nostre comunità. Per questo Gesù sulla croce si identifica con queste realtà quando, spiegando il suo abbandono da parte di Dio, si definisce un verme, non più un uomo.
"Se tu vuoi, puoi mondarmi!".
Gesù, nel guarire il lebbroso, non usa semplicemente un ordine del suo volere miracoloso, ma prima si muove a compassione. Questi fratelli hanno bisogno di sentire che qualcuno si è accorto di loro e che c'è un posto per loro ancora nel cuore di qualcuno.
Poi lo tocca, violando le leggi di prevenzione e di segregazione. Lo invita a reinserirsi nella società.
Dobbiamo aver fiducia nella potenzialità di chi è riscattato dall'amore. Vedremo, come quel nostro lontano fratello, i lebbrosi di oggi predicare le meraviglie di Dio e mettere a servizio la loro vita perché altri incontrino Gesù che ha detto: farete cose anche più grandi. Anche dom Helder Camara sognava che i poveri, nella loro umiltà, avrebbero evangelizzato i poveri.
Testimonianza di Parola vissuta
Facciamo parte dell'Opera dell'amore sacerdotale e assistiamo i sacerdoti ospiti di Casa Perez a Negrar (VR). Qui troviamo soprattutto preti molto anziani e non più autosufficienti. La loro malattia più grande, però, è la solitudine. Dopo una vita spesa totalmente per gli altri, per le parrocchie o le missioni, una vita nella quale si sono sempre sentiti utili, quasi indispensabili, dove hanno dato e ricevuto affetto, ed erano abituati a dare consigli e a prendere decisioni, ora si trovano in una realtà completamente capovolta. Alle ineluttabili difficoltà legate alla salute e all'età, si aggiungono quelle dovute all'improvviso cambiamento di vita e, nella maggior parte dei casi, senza parenti su cui contare. Avvertiamo la loro difficoltà soprattutto nelle loro domande: "Perché mi vuoi bene? Perché mi vieni a trovare? lo non merito niente, non merito le tue attenzioni... Tu per me sei oro... ". E anche quanti non riescono ad esprimersi per guai fisici o semplicemente perché chiusi nel loro dolore, sono comunque grati per la nostra vicinanza.
Il compito che ci viene assegnato è molto semplice: l'ascolto, qualche passeggiata nel parco, un caffè, assistenza nelle celebrazioni, o più semplicemente la nostra presenza. Quello che riceviamo ha un peso specifico ben più elevato. Non solo ci è preziosa la loro testimonianza di fede, il loro esempio, ma crediamo sia importante il senso di condivisione della loro vita, difficile e non senza sofferenza (molte volte si crede che gli "uomini di Dio" siano immuni dalla caducità della vita): la tua gioia è anche la mia, le tue pene fanno soffrire anche me, la tua croce è pesante e cerco, per quanto mi è possibile, di allegerirne il carico.
Rendersi prematuramente consapevoli delle malattie, delle difficoltà, delle sofferenze legate soprattutto al divenire anziani, ci fa apprezzare la nostra condizione attuale e vivere la vita con estrema gratitudine.
Ringraziamo l'Opera dell'amore sacerdotale che ci ha dato questa opportunità, in particolare Maria che nonostante i suoi 87 anni di età guida il gruppo fornendo testimonianza di estrema solidarietà, pietà cristiana, infinita carità.
(Roberto e Florinda)
(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)
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