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venerdì 12 febbraio 2010

Il paradiso, la gioia di vivere

14 febbraio 2010 – 6a domenica del Tempo ordinario (C)

Parola da vivere

La vostra ricompensa è grande nel cielo (Lc 6,23)


Secondo il linguaggio biblico, nessuno è realmente "ateo". Sia il credente che "l'ateo" hanno la fede. La differenza fra credente e non-credente è una scelta esistenziale, l'impostazione fondamentale della propria vita: il credente si appoggia su Dio e pone la sua fiducia in lui, il non-credente crede unicamente in se stesso o nel denaro, o nelle proprie capacità.
Male per costoro: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, il cui cuore si allontana dal Signore" dice Geremia. Bene per i credenti: "Beati voi, perché vostro è il regno di Dio" dice Luca.
Pertanto, o ci si fida di Dio, o ci si attacca agli idoli.
Gesù, dopo aver vissuto per primo l'adesione a Dio Padre compiendo la sua volontà, - fatta l'esperienza di povero, mite, umile, sofferente, - si fa maestro, degno di fede, per tutti noi: "Beati voi, poveri", perché Dio è stanco di vedervi soffrire e ha deciso di mostrarvi che vi ama.
La ricompensa di una vita vissuta così è il paradiso, di cui già fin d'ora, possiamo gustarne un anticipo: la libertà da ogni forma di idolatria, l'armonia dei rapporti, la gioia di vivere.
Allora? Fidiamoci di Gesù Maestro: viviamo già qui in terra, come vivremo là in cielo.

Testimonianza di Parola vissuta


Ho conosciuto Paola sei mesi fa quando è stata ricoverata nel mio reparto per una grave malattia. Era come me, sui 40 anni, infermiera, con tre figli; mi avevano colpito la sua bellezza e il suo sorriso (è sempre attraverso la bellezza che il Signore ci attira, è un fascino cui non si può resistere) e la raffica di domande su quello che le capitava. La mattina dopo non vedevo l'ora di rientrare in quella stanza. Anche lei era contenta e ha ricominciato con le domande. Io e la fisioterapista evitavamo le risposte dirette, pensavamo soltanto a tirarla su. Ma erano domande profonde, radicali, di una persona che vuole vivere intensamente la realtà e io non potevo stare davanti a lei facendo finta di niente o aggirandola. Le ho detto che avrei pregato. Paola mi ha ringraziato, e da lì è cambiato tutto.
Dopo qualche giorno ho conosciuto suo marito e i suoi figli. Ci siamo riviste, io l'ho invitata ad alcuni incontri sull'educazione e lei mi ha voluto a cena: mi ha accolto come un'ospite speciale anche se allora non eravamo in grande confidenza. Quando ci telefonavamo lei andava subito al sodo con le sue drammatiche domande di senso: capiva verso dove stava andando e non si sentiva preparata, ma chi è pronto a morire? Io non sapevo bene che cosa dirle, ma ci facevamo compagnia.
In quei giorni è cominciata l'amicizia con suo marito. Andavo qualche volta a trovarli in ospedale (non era la clinica dove lavoro io); lui le stava accanto tutto il giorno, si è fatto insegnare come assisterla e lo faceva meglio di un infermiere. In questa condivisione ormai quotidiana si è riavvicinato alla fede. Abbiamo cominciato a pregare insieme chiedendo il miracolo. Ha fatto spazio a poco a poco fino ad abbandonarsi. In questa amicizia vedeva qualcosa che gli sfuggiva totalmente, una Presenza misteriosa, e le dava credito ritrovandosi a fare cose mai fatte. Diceva che non capiva cosa gli succedeva. Anch'io ho fatto cose impensabili, ma mio marito, i figli e gli amici sono una compagnia che è un abbraccio per tutti.
Paola è morta serena, e attraverso la sua morte Dio ha fatto il miracolo di chiamare tutti noi a Lui. L'amicizia cristiana è davvero una compagnia verso il destino.

(Maria, VR)


(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola, esperienza in parrocchia)

1 commento:

  1. Il linguaggio biblico riesce sempre a dare risposte ai nostri dubbi. Mi è piaciuto molto ciò che dice dell'ateo. In questo senso, credo che anche ai cristiani capiti qualche volta di sentirsi Dio della propria vita e dimentare il Signore. Per fortuna sono delle brevi cadute di solito. Poi il Signore con immensa pazienza e amore ci riacciuffa e ci rimette in riga. Un abbraccio. :)

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