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domenica 14 febbraio 2010

Ai poveri appartiene il Regno


L'impatto con la prima beatitudine riportata dall'evangelista Luca (cf Lc 6,20) ci spiazza tutti, dato che è dei poveri il regno di Dio, quasi che chi non è tale debba ritenersi escluso.
Lo dice bene Claudio Arletti nel suo commento, di cui riporto alcune frasi significative:

«Il povero non è beato in virtù della sua condizione di penuria… Il povero è beato perché il regno di Dio gli appartiene, lo include e lo abbraccia. (…) La "compagnia" del povero sono ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi… Il povero, così come il sofferente e l'ammalato sono esclusi da inviti e banchetti perché non hanno nulla da dare… Il povero è colui al quale non possiamo guardare come a una potenziale e futura risorsa, ma come a chi vede in noi una risorsa cui attingere continuamente, senza speranza di restituzione. (…) Il Regno è di coloro che la società tende e tenderà sempre a emarginare. (…) Il Cristo è venuto per chi non può dargli nulla, né può corrispondere in alcun modo. Si tratta di una chiara scelta di campo, non certo di una falsa e sdolcinata mistica della povertà. Dio è schierato. Non è imparziale. (…) Oggi chi ha il potere lo condivide con chi può rafforzare l'idea di grandezza del donatore. Senza riconoscimento che cosa è il potere di questo mondo? È solo il consenso degli uomini che attribuisce peso a un altro uomo. La regalità divina, invece, non nasce così. Allora, il povero che oggi ha fame domani sarà saziato da Dio, senza appello. Il povero che oggi piange, domani riderà perché il Regno è suo. (…)».

L'esperienza di guardare a chi mi sta accanto con gli occhi di Dio, se da un lato mi fa ricordare quanto fragile è il nostro cristianesimo e quanto infruttuosa la nostra testimonianza, dall'altra mi fa scoprire che, se apro il mio cuore al "povero" con quell'amore che sa accogliere senza pretendere e sa "scendere" da ogni piedestallo di presunta sapienza, l'incontro è veramente con quel Dio che si è fatto uno di noi e ci riempie della sua vita.

Mi danno luce quanto leggo nelle Norme per la formazione del diacono, di chi è chiamato in modo speciale ad esprimere la "diaconìa" di Cristo: «Il leitmotiv della sua vita spirituale sarà dunque il servizio; la sua santità consisterà nel farsi servitore generoso e fedele di Dio e degli uomini, specie dei più poveri e sofferenti» (nr.11).
«L'elemento maggiormente caratterizzante la spiritualità diaconale è la scoperta e la condivisione dell'amore di Cristo servo, che venne non per essere servito, ma per servire. Il candidato dovrà acquisire quegli atteggiamenti che, pur non esclusivamente, sono tuttavia specificamente diaconali, quali la semplicità di cuore, il dono totale e disinteressato di sé, l'amore umile e servizievole verso i fratelli, soprattutto i più poveri, sofferenti e bisognosi, la scelta di uno stile di condivisione e di povertà» (nr. 72).
«La fonte di questa nuova capacità di amore è l'Eucaristia, che non a caso caratterizza il ministero del diacono. Il servizio ai poveri infatti è la logica prosecuzione del servizio all'altare…» (nr. 73).

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