Riprendo le interviste ai vescovi delle diocesi italiane sul diaconato permanente e i diaconi delle loro diocesi, pubblicate nella rivista L'Amico del Clero della F.A.C.I. (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Le interviste sono curate da Michele Bennardo.
Michele Bennardo, diacono permanente della diocesi di Susa, ha conseguito il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È professore di religione cattolica nella scuola pubblica e docente di Didattica delle competenze e di Didattica dell'Insegnamento della Religione Cattolica e Legislazione scolastica all'ISSR della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale, Sezione parallela di Torino. È autore di numerosi testi e articoli e dal 2005 collabora con L'Amico del Clero.
Ho riportato le varie interviste nel mio sito di testi e documenti.
Nel numero 2 (febbraio 2015) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Adriano Tessarollo , Vescovo di Chioggia.
Alla domanda: "Come giudica per la Chiesa in generale, e per la diocesi di Chioggia in particolare, il ripristino del diaconato permanente?", Mons. Tessarello ha risposto: «È senz'altro una buona opportunità. Vi sono naturalmente problemi particolari, ne indico tre: a) la formazione. Per accedere al diaconato è richiesto un curriculum di studi spesso di difficile completamento per molti di loro, in quanto si tratta di persone sposate con figli in tenera o giovane età, che sono impegnati nel lavoro spesso non vicino a casa.
A Chioggia per esempio non abbiamo uno studio teologico, quindi il riferimento è Padova o Venezia che richiede un'ora di viaggio di auto (Istituto Superiore di Scienze Religiose o Facoltà Teologica, con orari difficilmente compatibili con impegni di lavoro e di famiglia). Il curriculum degli studi teologici spesso non contempla gli ambiti specifici del ministero diaconale; b) il sostegno economico. In genere non è previsto alcun contributo alle spese nel periodo formativo e anche nell'esercizio del ministero. Questo ha anche un peso per la famiglia, che non tutti possono sostenere; c) la qualificazione ministeriale. L'identità si colloca ancora tra quella del catechista, o catechista degli adulti, dell'animatore, del lettore e dell'accolito, del servizio Caritas, dell'aiuto al presbitero nei compiti amministrativi (a seconda delle capacità e inclinazioni), a seconda dei bisogni della parrocchia individuati e richiesti da parroco e compatibili col tempo a disposizione del diacono stesso».
E alla domanda: "Come fare per superare eventuali resistenze da parte degli altri membri del clero nei confronti del diaconato permanente?", ha risposto: «Definire meglio l'identità del diacono, superando l'idea che sia un sostituto di dove non arriva il parroco e affidandogli pubblicamente, davanti alla sua comunità parrocchiale, con mandato preciso da parte del vescovo, un suo incarico specifico e possibilmente un contributo perché possa svolgere il servizio affidatogli e richiedendo la rendicontazione delle spese di rimborso».
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Nel numero 1 (gennaio 2015) de L'Amico del Clero è pubblicata l'intervista a Mons. Roberto Busti, Vescovo di Mantova.
Alla domanda: "Quali requisiti ritiene siano indispensabili per un candidato al diaconato permanente?", Mons. Busti ha risposto: «Sono i requisiti di fondo necessari per chi, seguendo la chiamata del Signore, si fa suo discepolo, ascolta la sua Parola e imita il suo comportamento. Il Diaconato in particolare è chiamato a mettere in luce un aspetto della figura di Gesù, cioè la sua dedicazione come servo; non però come servo occasionale e tuttofare, ma come "ordinato", cioè in forma stabile, con finalità precise e dentro la Chiesa».
E alla domanda: "Quanti sono e quale futuro immagina per i diaconi permanenti della sua diocesi?", ha risposto: «Attualmente i Diaconi ordinati sono dodici e altri dieci sono gli aspiranti. Sarà la loro presenza positiva nelle comunità a dissipare dubbi e perplessità. Il Diaconato ha un ruolo ministeriale di grande valore: è un ministero "ordinato" e nello stesso tempo è vicino alla vita dei laici. Questo ruolo intermedio può essere di grande aiuto ai Presbiteri per esercitare la Presidenza e alle comunità di sentire valorizzata la vita laicale».
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