La rivista Il Diaconato in Italia dedica il n° 179 al tema della diaconia quale elemento costitutivo della Chiesa (La diaconia edifica la Chiesa).
Nel riportare i vari articoli nel mio sito di testi e documenti, segnalo questi interventi.
Il servo sofferente edifica la Chiesa (Editoriale)
di Giuseppe Bellia
Fin da principio i canti del Servo sofferente si sono prestati a una imponente e fruttuosa lettura cristologica che rischiava di enfatizzare l'aspetto sacrificale e messianico dilatando la sua esemplare esistenza oltre i confini della moralità ordinaria. Ancora oggi la gran parte dei commenti si muovono in questo orizzonte ermeneutico. Ma da ultimo qualche autorevole voce di dissenso ha cominciato a contestare questa linea interpretativa. Certo, il metodo storico-critico, attraverso comparazioni, esclusioni, adattamenti, ampliamenti e glosse redazionali, ha permesso di individuare gli apparentamenti e le probabili tradizioni originarie consentendo così una ricostruzione ipotetica della lezione primaria giudicata idonea per raggiungere il vero messaggio dell'autore/redattore. Una lettura cristologica per quanto coscienziosa deve sempre tener presente il fatto che un testo non è mai contenuto e compreso da una sola interpretazione, lasciando spazio ad altre legittime e forse più sintetiche e coinvolgenti letture (v. l'interpretazione di stampo post-critico di Walter Brueggeman). Si vuole cioè leggere Isaia e il carme del Servo sofferente come profezia per la Chiesa di oggi chiamata non a celebrare e ingessare i suoi martiri ma a lasciarsi provocare dalla insolita martyria profetica di testimoni di Cristo nel nostro tempo, come padre Pino Puglisi.
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I diaconi sono al servizio di Comunità di carità? (Contributo)
di Piero Coda
La Chiesa "comunità di carità" è la figura di Chiesa che scaturisce dal vangelo della carità e viene definita dal documento della CEI "Evangelizzazione e testimonianza della carità" (ETC) in questi termini: «configurata alla croce, la Chiesa è il grande sacramento della carità di Dio nella storia degli uomini» (n. 24). È evidente che questa espressione ricalca quella di LG 1, dove - in modo sintetico e programmatico - si intende indicare, allo stesso tempo, l'identità e la missione della Chiesa, definendola come «sacramento, e cioè segno e strumento, in Cristo, dell'unione con Dio e dell'unita del genere umano». ETC esplicita sia il rapporto con Cristo, che è precisato nei termini paolini della configurazione alla croce, che è mistero di morte e risurrezione; sia il contenuto della vita e dell'operare della Chiesa, che è appunto la carità. Non per nulla, poco più avanti, si richiama che «la carità, prima di definire l'agire della Chiesa, ne definisce l'essere profondo» (n. 26). Vorrei cercare di affrontare questo tema senza la pretesa di dire tutto, ma offrendo solo qualche spunto alla riflessione, in due momenti. Nel primo mi soffermerò, soprattutto alla luce del NT, su cosa significa che la carità è segno distintivo ed efficace della comunità cristiana. Nel secondo cercherò di precisare alcune conseguenze di questa visione per la vita della comunità cristiana, in sé e nel suo rapporto con la società.
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Servi per la Chiesa degli ultimi (Focus)
di Francesco Giglio
Quando il Beato Giovanni XXIII indisse il Concilio Vaticano II, nessuno poteva immaginare a quali novità di ministerialità, di evangelizzazione e sviluppo del laicato si apriva la Chiesa di Cristo. Tra le geniali intuizioni ci fu anche il ripristino del "Diaconato permanente" quale gradino proprio e specifico dell'Ordine Sacro. Oggi molte diocesi ricordano questa istituzione e festeggiano o hanno festeggiato il 30° o il 40° di questa avventura ministeriale ed ecclesiale. Palermo prima e Verona poi, hanno ancora una volta rimarcato il valore unico e speciale di questo "servizio" svolto da uomini sposati che, lungi dall'essere "mezzi preti", sono chiamati ad indossare il grembiule, e sull'esempio del Maestro, ad essere "servi". Tutti i documenti del Magistero chiedono, esortano, invitano i diaconi ad essere e a rispondere coraggiosamente (e in spirito di servizio) alla specifica chiamata del Signore.
Ma è importante capire per quale Chiesa vengono ordinati. Certamente per quella Chiesa che è accanto a chi è povero, malato, carcerato, abbandonato, emarginato. Portatore di gioia e di speranza, prediligendo il ruolo di ministro dell'accoglienza, dell'invito, della disponibilità e del servizio. Propositore di offerte alla comunità ecclesiale in sintonia con i laici, associazioni, movimenti, gruppi, consacrati, consacrate e sacerdoti; contribuisce così a costruire quella Chiesa "comunione e comunità" in cui fiorisce la solidarietà fraterna, la condivisione di ciò che si è e che si possiede, è empatia per le gioie e le sofferenze degli altri.
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La diaconia e la Chiesa (Il Punto)
di Andrea Spinelli
Quando sento pronunciare la parola "diaconia", confesso che non penso immediatamente ai diaconi, anche se la comune etimologia dei due vocaboli potrebbe farli sentire collegati nella loro genesi. In realtà r1are di diaconia mi conduce ad una visione molto ampia, ad un orizzonte quasi illimitato, dove i diaconi costituiscono un piccolo gregge. Parvus grex, sed grex, qualcuno potrebbe affermare, ma il piccolo gregge dei diaconi ordinati è parte integrante del popolo di Dio, come del resto tutti i membri della Chiesa, radicati tramite il Battesimo nel Signore che dice di sé: «Ecco, io sono in mezzo a voi come colui che serve (come il diacono)» (Lc 22,27).
Ecco allora che la diaconia è innanzi tutto una caratteristica fondamentale di ogni battezzato, di ogni figlio di Dio, di ogni discepolo, che come il Maestro, venuto a servire e non a essere servito, cerca di imitarlo e non è tranquillo finché non capisce che la sua diaconia è come la diaconia del Maestro, il diacono per eccellenza. Prevengo una possibile obbiezione: con tale modo di pensare tu sminuisci il senso e la forza della diaconia ordinata. Credo di no: in un contesto di diaconia diffusa, l'anelito alla diaconia ordinata mi sembra acquistare forza e significato. Non è privilegio di pochi servire, bensì dovere gioioso di tutti e, perché tale dovere sia sentito irrinunciabile e qualificante da chi segue Cristo, non è inutile che ci sia qualcuno che lo assume come ministero "a tempo pieno" in semplicità di cuore e umiltà.
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