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martedì 13 agosto 2013

La diaconia edifica la Chiesa [2]


La rivista Il Diaconato in Italia dedica il n° 179 al tema della diaconia quale elemento costitutivo della Chiesa (La diaconia edifica la Chiesa).
Nel riportare i vari articoli nel mio sito di testi e documenti, segnalo questi altri due interventi, che ritengo molto interessanti per un puntuale riferimento sull'identità del diacono e la sua specifica presenza nella comunità cristiana.





La missione di servizio che edifica la Chiesa (Analisi)
di Enzo Petrolino

Se la realtà della Chiesa è ministero, non c'è nessuno dei suoi membri che non sia coinvolto nel ministero che essa, nel suo insieme, esercita. Questa realtà originaria è stata recuperata e riaffermala dal Concilio, che dopo aver sottolineato il carattere di mistero-sacramento, della Chiesa ha voluto introdurre, prima ancora di qualunque diversificazione interna, un concetto che comprendesse tutti i battezzati. Ha scelto perciò, a tal fine, la categoria di «popolo di Dio», recuperando la dimensione biblica di storia, alleanza, elezione, missione e di cammino escatologico.
La felice intuizione ha avuto il pregio di mettere in rilievo il mutuo rapporto tra il «sacerdozio ministeriale» e «quello comune», che si incentrano entrambi nell'unico «sacerdozio di Cristo» (LG 10). Questo «popolo messianico» è inviato al mondo intero, e tutti gli uomini, in qualche modo, sono ad esso chiamati (LG 9; 13).
La concezione del Vaticano II riguardo al «popolo di Dio» è pervasa dall'esigenza di partecipazione e comunione di tutti i battezzati al servizio «profetico, sacerdotale e regale» di Cristo (LG 10; 12), il che si traduce nell'inserimento attivo nei vari servizi ecclesiali dei carismi donati per l'utilità comune (LG 12). Comune dunque, all'intero popolo di Dio è la «ministerialità». La LG sottolinea che «deve essere... riconosciuta e promossa dentro e per il popolo di Dio la responsabilità di tutti e di ciascuno, quindi anche quella dei fedeli laici» (n. 25); ed ancora aggiunge che, nell'arricchente diversificazione, «vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli nell'edificare il corpo di Cristo» (cf. LG 52).
Dunque, il ruolo dei ministeri è quello di consentire (da con-sentire), significare, attualizzare il fatto che Cristo è il fondamento della Chiesa e che tutti i battezzati, nel loro insieme, sono edificati su di lui, struttura portante dell'intera costruzione. Questi dati ecclesiologici sono molto importanti, anche perché pongono in luce che la Chiesa non è fonte autonoma di salvezza; proprio nel suo essere comunità della Parola, essa non appartiene a se stessa ma vive in rapporto all'evento fondante del Cristo, che permane in lei per mezzo dello Spirito come la norma che la convoca e la giudica.
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Per colmare il divario tra liturgia e carità (Approfondimento)
di Giuseppe Bellia

Il Vaticano II espone la sua visione del diaconato soprattutto nella Lumen Gentium. In questa costituzione dogmatica, dopo aver ribadito che la pienezza del sacramento dell'ordine è esercitato dai vescovi, come continuazione dell'ufficio apostolico (LG 20 e 21), si ricorda che questi si avvalgono della collaborazione di presbiteri e diaconi (LG 28). A questi ultimi, collocati in un grado inferiore della gerarchia, sono imposte le mani non per la presidenza dell'eucarestia ma per il servizio1. La distinzione, è necessario ribadirlo, riguarda il grado di partecipazione alla mediazione sacerdotale di Cristo e non l'intensità della natura sacramentale o dell'essenza pneumatologica dell'unico sacramento dell'ordine articolato nelle tre diverse funzioni ministeriali; per essenza, il sacerdozio ministeriale, differisce solo dal sacerdozio comune.
Il testo, in continuità con la tradizione, assegna al ministero diaconale un pieno valore sacramentale; infatti i diaconi sono conformati a Cristo mediante il conferimento del "carattere" e perciò sostenuti dalla "grazia sacramentale" nell'esercizio del loro ministero che si struttura come diaconia della liturgia, della parola e della carità. A questo triplice ministero sono chiamati, in comunione col vescovo e il suo presbiterio, per essere al servizio del popolo di Dio (cf. LG 29 e CD 15).
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1 Si rimanda qui alla nota espressione «per il ministero, non per il sacerdozio», ripresa anche da LG 29, nota 74, dove si fa riferimento alle Constitutiones Ecclesiae aegyptiacae, 3, 2: ed. Funk, Didascalia, 2, p. 103. In realtà questa affermazione non deve essere interpretata in modo improvvido e mutilo, quasi separando da una parte vescovi e presbiteri come segno del sacerdotium, mentre dall'altra i diaconi sarebbero espressione del solo ministerium. Tutti i ministri, partecipando dell'unico Spirito (cf. 1Cor 12,4-7; Rm 12,4-8), che permette loro di operare in persona Christi capitis, possono presiedere, anche se a diverso titolo e grado, alla vita della comunità. Cf. Tradizione Apostolica 3,1,2. Su questa interessante problematica, vedi il documentato articolo di G. Cigarini: Il diaconato nella lex orandi: "non per il sacerdozio ma per il ministero", in Il diaconato in Italia 101/102 (1996) 7-22.

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