In fila come tutti, confuso tra la folla, per farsi battezzare…
È quel farsi simile in tutto a noi, solidale con noi peccatori pur essendo il Figlio di Dio, che mi attrae e diventa l'icona di ogni ministero, in particolare quello diaconale.
Se il diacono è nella Chiesa segno e sacramento di questo amore "folle" di Dio per la sua creatura, un amore che in Gesù ha preso corpo tanto da diventare Lui "simile a noi tranne che nel peccato", allora ho davanti a me l'esempio, l'unico, su cui conformare la mia vita, come peraltro il vescovo, prima di impormi le mani, mi ha chiesto: "Vuoi conformare tutta la tua vita sull'esempio di Cristo…?".
Sì, il battesimo di Gesù al Giordano mi porta a queste considerazioni!
Ma qual è la differenza fra il rito penitenziale di Giovanni ed il sacramento che abbiamo ricevuto come sigillo d'ingresso nella famiglia dei figli di Dio, nella Chiesa? Perché, pensando a quel battesimo, ci riferiamo al nostro? Non mi addentro nelle varie argomentazioni. Oggi però ho contemplato Gesù, in questo suo "svuotarsi", e mi sono trovato "dentro" a questo "vuoto d'amore" che è l'Incarnazione… e con me tutta l'umanità peccatrice.
In Lui ora io posso "fare penitenza", in Lui ora io mi sento "purificato", in Lui ora io mi sento "il figlio amato"… Quello che Lui fa diventa anche per me, ora, momento di predilezione, sacramento di salvezza. Ed è un "ora" che mi fissa nell'eterno!
Pensando a tutto questo, ho visto la preziosità e bellezza del dono ricevuto: esercitare una "diaconia" che mi fa presenza di Cristo nella comunità che sono chiamato a servire; ed in Lui e con Lui attuare quella promessa che ho fatto al momento della mia ordinazione: "Sì, con l'aiuto di Dio, lo voglio".
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