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sabato 11 ottobre 2008

Far vedere la novità del diaconato

Ho letto alcuni interventi sul diaconato (vedi «Li vogliono "chierichettoni" o diaconi davvero?" sul blog del diacono Vincenzo Testa, a proposito di una lettera di don Giovanni Giavini, e l'intervento del diacono Ermanno Ballestracci).
L'argomento verteva sullo specifico del diacono; uno "specifico" che stenta ad esprimersi in maniera adeguata. E questo è sotto gli occhi di tutti. Si possono prospettare varie soluzioni: diretta responsabilità pastorale, mandato vescovile esplicito, ecc. Prassi che è già in atto, ma probabilmente non dappertutto e non con la stessa modalità o intensità. Forse, nella loro maggioranza, i diaconi si sentono "mal inseriti"…
È lecito quindi chiedersi il perché di questo difforme modo di comportarsi delle nostre chiese. Io penso che dipenda molto dal grado di maturità delle nostre comunità (compresi i pastori) riguardo a questo ministero, che è da "riinventare" dopo mille anni di disuso. E la cosa non è di immediata soluzione, con tutte le buone volontà, perché la mentalità consolidata del "vecchio" impedisce lo sviluppo del "nuovo" (vedi a questo proposito un mio intervento del 6 settembre u.s. "Vino nuovo in otri nuovi").
Molta responsabilità ce l'hanno anche i diaconi stessi che non riescono a "presentarsi" o a "farsi accettare" come una "novità dello Spirito", evidentemente con tutta la propria limitatezza ed inadeguatezza, ma coscienti del dono ricevuto a favore della chiesa che si è chiamati a servire.
Il fatto è che non si è, in rapporto ai presbiteri o ai fedeli laici, qualcosa di più o di meno, ma qualcosa di diverso.
Sono convinto che, oltre alla responsabilità specifica ricevuta e agli incarichi particolari di ministero, si debba porre l'accento sulla "grazia del sacramento" ricevuto: è questa che ci abilita al ministero (vedi un mio intervento "Secondo l'amore trinitario").
A noi corrispondere in maniera adeguata.
Può essere che i responsabili di chiesa non capiscano appieno tutto questo (avranno la loro responsabilità): compito del diacono sarà quello di "far vedere" con la propria vita e nella propria persona tutta la novità che il diaconato porta in sé. Dobbiamo essere credibili, infondere fiducia e stima!
Se il diacono, in una parrocchia, dovesse malauguratamente essere ridotto a solo servizio liturgico (cosa fattibilissima!), sarà quello il suo punto di partenza per "vivere" realmente il suo ministero, intessere rapporti costruttivi con tutti, creare uno stile di famiglia nella parrocchia, "far vedere" chi è veramente il diacono, anche senza incarichi particolari… Ci si deve chiedere: è cambiato qualcosa attorno a me? Hanno capito chi sono, guardando alla mia vita? Ho colto ogni occasione per illuminare le persone riguardo a questo ministero, senza cadere nella presunzione di essere superiore a qualcuno, fosse anche il parroco che non mi capisce?
Quando la comunità si accorge che la presenza del diacono è significativa e sa distinguerla da quella del presbitero, allora è in corso una vera trasformazione e i compiti e le responsabilità verranno di conseguenza.
Il diacono è il primo annunciatore di questa "novità" ecclesiale e ne risponde in prima persona.


4 commenti:

  1. caro Luigi,
    la tua riflessione è certamente importante e indica una strada non solo "utile" ma anche e, direi, necessaria. Ritengo, però, che una attenzione "istituzionale" a quarantanni dalla ordinazione dei diaconi sia qualcosa che non si possa più eludere. La realtà del diaconato non può essere affidata solo alla testimonianza e alla buona volontà dei singoli ma, credo, occorra una assunzione di responsanbilità e un riconoscimento che, abusando nel termine, chiamo "istituzionale". La mia, però, è solo una modesta opinione. Un abbraccio. Vincenzo

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  2. Ti do pienamente ragione! La tua non è una modesta opinione... A quarant'anni però questa attenzione istituzionele stenta a farsi sentire, o almeno non siamo in grado di percepirla. Perché? ...e la domanda è seria! Mi chiedo anche (e non è la prima volta che lo dico) perché si stenta ancora a "comprendere" (non con la testa) la "novità" del Vaticano II, della così decantata ecclesiologia di comunione, ecc.
    C'è uno "stallo" nella storia...
    Quando invito i diaconi ad essere se stessi, è perché devono essere loro i primi a "rimboccare le maniche" e non solo a lamentarsi.
    Se l'"istituzione" non si muove, che faccio? aspetto soltanto? io penso che siano in molti che sollecitano questo cambiamento; ma i tempi della storia sono lunghi, e la pazienza di "perseverare" viene chiesta in primis a chi è più sensibile.
    Luigi

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  3. Riprendo alcune considerazioni...
    Esistono in Italia alcune "istituzioni" (come le abbiamo chiamate) che sono all'avanguardia nella sensibilizzazione e nell'attuazione del diaconato; parlo di varie diocesi (soprattutto al nord) ed associazioni varie, non ultima quella del "Diaconato in Italia".
    Quest'ultima, per esempio, perché non è in grado di rendere più attuale questa "attenzione istituzionale" (e non è detto che non lo faccia!)? Si hanno forse idee poco chiare? forse... Non si ha voglia di "compromettersi"?, anche... Si ha un'idea di chiesa ancora legata a concezioni forse superate, molto gerarchica e poco comunionale? Credo di sì...
    La comunione si vive (e quindi crea una mentalità), non viene data a priori...
    Il diaconato troverà una attenzione ed una attuazione consone solamente in una vita di chiesa in cui prima del dato istituzionale viene la vita di comunione, anche all'interno dell'istituzione.
    Io sono convinto che le "novità" evangeliche non cadono mai dall'alto... nascono dalla base, creano un consenso, una stima, una vita... L'autorità poi, secondo il suo carisma, "ordina" questa vita esistente, dà indirizzi specifici... taglia, "pota perché frutti di più"... la fa propria... e diventa di tutti.
    Nel frattempo, ripeto (e non per affidare solo alla buona volontà dei singoli diaconi le varie iniziative), che "riprendo" il vescovo o altri superiori perché non stanno al passo?
    Potrei farlo, ma farei un cattivo servizio al mio ministero...
    Ci sono molti che si danno da fare per sensibilizzare anche a livello "alto" il problema...
    Un dato di fatto (spero di sbagliarmi - diversamente però non so perché non succede niente...): molti diaconi non hanno la "sensibilità" profetica che la grazia del diaconato porta alla chiesa e si accontentano di quello che hanno, "gratificati" di quello che viene loro concesso di fare in diocesi o in parrocchia (salvo a lamentarsi se non sono pienamente capiti).
    Per cui ripeto: diaconi cerchiamo di essere noi stessi! Dalla nostra vita gli "altri" capiranno...
    Luigi

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  4. E' vero ci sono molti diaconi che "si accontentano" e quando le cose non vanno come a loro "piace" si lamentano.
    Tutto questo chiaramente non va bene e non corrisponde alla chiamata che i diaconi hanno ricevuto. Occorre, quindi, creare un dibattito che sappia lanciare il suo "eco" coinvolgendo tutta la Chiesa. Per fare ciò non si può essere soli ma occorre stare insieme (come diaconi) per sollecitare questo dibattito e questo confronto. Se è vero, come è vero, che in alcune diocesi del nord Italia esistono esempi concreti che sanno mostrare una strada da percorrere si può, per esempio fare qualcosa, perchè queste esperienze diventino patrimonio comune della Chiesa (quindi di tutte le diocesi) mostrandole e rendendole più note e più conosciute. Anche la conoscenza di tali realtà può aiutare a riflettere e meditare quella "istituzione" che è chiamata a dare attuazione alla "ecclesiologia di comunione" di cui si avverte la necessità. Possono i diaconi, quindi, darsi una mossa per avviare, ciascuno nel proprio ambito un'azione tesa a raggiungere questo risultato? Possiamo, perciò unire gli sforzi secondo un desiderio comune sottoponendolo alle varie chiese diocesan perchè se ne prenda atto? E' chiaro, ripeto e concordo con te, che la testimonianza e l'esempio del singolo diacono sono prioritarie. Ma occore fare un passo oltre. Questa è una mia personale riflessione che mi piace condividere. Ecco quindi anche il senso del sito www.ildiaconato.it che vorrei condividere con chi ci sta. La mia è un desiderio, una proposta e un invito. Insieme non si è soli e ci si sostiene meglio.
    un abbraccio vincenzo

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