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domenica 27 aprile 2008

Testimoni della speranza

27 aprile 2008 – 6a domenica di Pasqua (A)

Parola da vivere


Siate sempre pronti a rispondere a chiunque
vi domandi ragione della speranza che è in voi
(1Pt 3,15)


La speranza è il più bel frutto della esperienza pasquale: Gesù ci ha amati immensamente così da essere, risorto, il nostro testimone, il nostro consolatore e difensore, colui che si mette sempre al nostro fianco.
Non siamo orfani: ci ha ridato la dignità di figli, la sua stessa statura di figli del Padre. Ha ricostituito la nostra famiglia originale, dove lo Spirito d'amore mette in fuga ogni paura.
Andando tra gli uomini siamo il vessillo della Pasqua: non c'è bisogno, normalmente, di predicare, basta lasciar esplodere dal nostro cuore la gioia di essere amati, protetti come in una armatura, dall'amore.
Dei primi cristiani si diceva: "Guardate come si amano!". Questa è l'unica rivoluzione che ha trasformato il mondo rovesciando i troni delle sue sicurezze.
Contro i martiri non si combatteva una semplice dottrina, ma la forza poderosa del loro amore divino. Chi li affrontava con la forza delle leggi e del diritto, si trovava contrastato e sconfitto dalla sola Parola: "Chi mi ama, osserva la mia parola e noi verremo a lui e abiteremo con lui".
Dare ragione della nostra speranza pasquale è scatenare la guerra del timore contro l'amore, la misericordia invincibile del Padre contro le fionde ridicole dei potenti di turno.
Non c'è bisogno di gridare per dare ragione della speranza che sta in noi, basta essere la Parola dell'amore in cui crediamo.


Testimonianza di Parola vissuta


Quando scoprii che per me stava iniziando una nuova gravidanza ebbi un attimo di smarrimento, poi subito nell'anima la certezza che quel figlio era un dono di Dio. I medici fin dal primo momento sconsigliavano di portare avanti la gravidanza per le mie condizioni di salute.
Consacrammo la nuova creatura a Maria.
Insieme a mio marito lo abbiamo comunicato subito ai figli e, dal loro atteggiamento, abbiamo capito che ne erano felici.
Dalle prime visite si è saputo che il bambino aveva un problema al cuore e così insieme abbiamo detto il nostro primo sì a Gesù. Dopo altri esami più approfonditi il ginecologo mi comunicò che il bambino sarebbe nato con malformazioni. Ebbi un colpo al cuore. Forse si poteva conoscere meglio lo stato di salute del bambino con un'altra ecografia, ma in tal modo sarebbe stata messa in pericolo la sua vita. Non accettai, a me bastava che fosse vivo.
Da quel momento il dialogo con il medico è diventato più profondo. Ho potuto dirgli che per me la vita è sacra. "Allora, se è così, lasciamo fare a Quello lassù", aggiunse convinto. Capii che anche lui rimetteva tutto nelle mani di Dio. Chiesi all'infermiera se c'era un crocifisso nella stanza, ma mi disse che l'avevano tolto. A questo punto il dottore intervenne dicendole: "Lo faccia rimettere al suo posto". Anche lui in quel momento faceva una scelta.
Parlando con mio marito della situazione cercavo di farmi forza e pregavo Gesù che mi aiutasse a vivere bene ogni momento. Nonostante il dolore abbiamo ripetuto il nostro sì a Lui. Sentivamo già un grande amore per questo figlio diverso dagli altri, perché avevamo la certezza che era Amore di Dio.
Durante la gravidanza i medici mi hanno tenuta costantemente sotto controllo, perché erano preoccupati, ma in noi c'era una grande fede. Alla fine è nato Mario, un bambino bello e sano. Dal punto di vista medico ogni problema si era inspiegabilmente risolto, ma noi sapevamo bene quale fosse la spiegazione.

(X.M., Italia)

(da "Camminare insieme" - vedi Testimoniare la Parola)

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