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giovedì 7 aprile 2016

Ospitare i pellegrini


Riprendo l'approfondimento delle Opere di Misericordia attraverso le riflessioni di Enzo Bianchi, Priore di Bose, pubblicate su Vita Pastorale, cercando di "recuperare l'elementare grammatica dell'amore misericordioso di Dio".

Le opere di misericordia/5
Ospitare i pellegrini


Capiremo perché con ogni straniero ha voluto identificarsi Gesù.


Nel nostro mondo occidentale si sono fatti più rari i pellegrini e i mendicanti, mentre sono più numerosi gli stranieri, i profughi, quelli che fuggono da regioni dove regnano violenza, guerra, fame. Cosa fare? Accogliere, senza pregiudizi.


[…]
La propria casa, un luogo aperto
Da questa parola del Vangelo nasce la quarta azione di misericordia corporale, un invito ai cristiani a declinare la carità anche facendo della propria casa un luogo di comunione, di condivisione, di compassione verso chi è in viaggio, o povero, o straniero. Certamente questo "fare misericordia" va compreso in senso molto più ampio rispetto al semplice ospitare i pellegrini, perché oggi nel nostro mondo occidentale si sono fatti più rari i pellegrini e i mendicanti, mentre sono più numerosi gli stranieri, i profughi, quelli che fuggono da regioni in cui regnano l'oppressione, la violenza, la guerra, la fame, dunque sono costretti a cercare asilo in terre più sicure. Grazie ai mass media tutti noi ogni giorno abbiamo davanti agli occhi le immagini di uomini, donne e bambini che, dopo aver attraversato il mare con fatica, stenti e spesso al prezzo di tragiche morti, approdano sulle nostre coste; altri percorrono in lunghe file chilometri e chilometri a piedi, attraversando le terre balcaniche per risalire l'Europa verso Paesi più ricchi. È uno "spettacolo" che non conoscevamo, né pensavamo potesse essere una realtà tanto quotidiana e di tali dimensioni.
Questo fenomeno di massa, che certo non cesserà presto, ci ha disorientati, ha suscitato in noi paure, per cui lo sconosciuto è tornato a essere il nemico. Jean Daniélou scriveva che «la civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo, il giorno in cui lo straniero, da nemico (hostis) è divenuto ospite (hospes)», amico: ma quel giorno deve avvenire di nuovo, deve essere più attestato nelle nostre relazioni!
[…]
Che fare per gli stranieri?
Questa azione di misericordia non può però significare soltanto accogliere gli stranieri nella nostra terra: una volta che essi sono giunti da noi, non è sufficiente non ributtarli a mare e non respingerli indietro, ma è necessario dare loro la possibilità di con noi, nelle nostre città. Occorrerà innanzitutto non permettere che l'ospitalità diventi per alcuni un business, che sia appaltata a veri e propri mercanti; Da parte dei cristiani oggi occorre più che mai una resistenza e anche un'insurrezione come bagaglio che gli fornisce un'identità umanizzante.
Da parte dei cristiani oggi occorre più che mai una resistenza e anche un'insurrezione delle coscienze contro la tendenza sempre più presente nel nostro territorio a nutrire pregiudizi, paure sproporzionate, alimentate dagli imprenditori della paura (così vanno chiamati certi politici!), atteggiamenti di chiusura che di fatto sono razzisti. […]
Cosa significa dunque accogliere gli stranieri? La risposta è semplice, alla portata di ogni persona che ascolti la voce della propria coscienza; e il cristiano dovrebbe conoscerla, sapendo che il suo Dio chiede di amare lo straniero come sé stessi (cf Lv 19,34), non solo il prossimo in generale (cf Lv 19,18) ma, appunto, anche lo straniero (cf pure Dt 10,19). E la risposta è questa: fare ciò che possiamo fare
[…]
Dunque, che cosa fare?
1. In primo luogo tenere la porta aperta, in una società in cui le porte sono sempre chiuse, in cui si costruiscono siepi, recinti, muri, barriere, cancelli, fili spinati..., tutti segni della nostra non disponibilità ad accogliere chi è nel bisogno…
2. Per vivere questa azione di misericordia occorre inoltre esercitarsi all'ascolto dell'altro, ovvero dargli tempi, dargli la parola, per accendere con lui una relazione gratuita, semplice e rispettosa. Non c'è vera accoglienza senza ascolto dell'altro, perché occorre consentirgli di dirsi, di condividere la propria storia narrandola. […]
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